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Giannino di Lieto. Processione impiegatizia dei concetti*
29 Agosto 2023
 

Poesie (1969), Indecifrabile perché (1970), Punto di inquieto arancione (1972), Nascita della serra (1975), Racconto delle figurine & Croce di Cambio (1980), L’abbonato impassibile. Racconto della Costa di Amalfi (1983), Le cose che sono (2000).

 

Sette titoli per

 

Una storia della Poesia italiana, altera. Questa Poesia non ha Padri, non ha Modelli (i luoghi di poesia nascono e fioriscono dalla metonimia e insolitamente, non dalla metafora) non ha Maestri, ripudia gli imitatori, non cerca adepti.

Non è codificata nell’Antologia maggiore, (non di rado elevata a cifra in terza pagina compiaciuta nei titoli). Autonoma ha sempre seguito un Discorso proprio fuori e sopra le Mode, libera.

Ma se “irregolare” è pregiudizialmente Antagonista la Società di Poesia ha defenestrato l’Antagonista, dalla metafora giù, se possibile.

(Una sottile indifferenza, di Nobili codini al Circolo parlano della prossima partita di caccia mentre a Parigi assaltano la Bastiglia).

Non ci consola il fatto – notizia di revisione della scala di potere di qualche “sopravalutato” (si tratta sempre della resa di una Poesia di sala, senza orizzonti). È irrilevante. Ma accidentalmente, come non argomenti antiche querelles, compare campanello d’allarme, o un cartello di pericolo generico incombente, sposta l’attenzione sulla Società di Discorso. Sorpresa dall’immigrazione, ancorata ai dialetti (il dialetto cade a pezzi) tendenzialmente poco incline alla lettura, “medi”, “proletari”; o spenta e silenziosa nei labirinti di un Secondo Feudalesimo, effigie di Karolus un qualsiasi «Jerry» a Quiz.

Il rischio che si sgretoli è un rischio serio e imminente. La Poesia si riappropri del suo ruolo di Protagonista uscendo dalla “Voce fuori scena”, succederà alla renovatio. Intimamente collegato è il futuro della Lingua.

Il Breve* stilistico (sullo sfondo l’accidente parnassiano).

 

Della Comunicazione

 

Il tratto distintivo di un popolo, grande o minimo, è la Lingua.

La Lingua non è eterna. Nasce e muore. Muore perché soccombente nel rapporto di forze con una Cultura egemonizzatrice che, imponendo la “sua” Lingua, la fagocita, o per cause misteriose e inspiegabili che accompagnano ugualmente la storia di alcune Civiltà estinte.

(La Lingua vincente è unificante, ben lo sa la Chiesa che ha ordinato il Latino a sua Lingua ufficiale, a prima vista anacronistico.)

La Lingua si espande in Scrittura e in Voce. Non sempre c’è coincidenza fra Lingua scritta e Lingua orale. Da questo dualismo esce sconfitta l’Oralità, i suoi paradigmi sottomessi ai paradigmi della scrittura. Emblematico il “caso” toscano, variante affabile e improvvisatrice di “paesaggi” assolutamente inconsueti per uno di fuori.

Una Società di parlanti è attraversata da una ragnatela o intersezioni, le Società di Discorso. La configurazione di una Società di Discorso è circolare, quindi fondamentalmente chiusa.

Dagli scienziati ai mercanti d’Arte, ai promiscui d’Angiporto. L’équipe (Scienziati), rinchiusa in una specie di bozzolo o costruzione tabernacolare “comunica” con mille cautele a livello di Congressi o tramite le Riviste specialistiche. (Per quello che servono i Divulgatori scientifici.)

L’universo Poesia è una società di Discorso chiusa. Il linguaggio della Poesia, pur fondata sulla Parola, anche se si sviluppa per “icone” è quello di una Società di Discorso chiusa.

(La comunicazione intersoggettiva, brandelli di Lingua comune, è possibile ma su argomenti quotidiani, lo “scambio”, o su argomenti banali, il tempo, le tasse).

Il “comunicare” della Poesia è il dialogo silenzioso instaurato col Lettore. (Di una Poesia declamata dalla bifora del campanile, col megafono dell’istrione, è solo teatro.)

La Poesia è l’anima di una Lingua. (Grazie alla Poesia la Lingua si rinnova, e proprio nel rinnovarsi è la sua vitalità).

Una Lingua non è immutabile. Si trasforma perché la Poesia si trasforma.

Se ogni poesia ha il suo “idioletto” io vedo una Grammatica della Poesia in (e con) la Grammatica della Lingua. Rinunciare a una “parte” del Discorso è nel Linguaggio del Teatro (esempi ad abundantiam di Stile nominale), strutturale nel Linguaggio Poetico dove il “Senso” è predicato di ànemos il “soffio”.

Il punto doveva essere il Significato (affrontato dal Simbolista Mallarmé).

È dentro il Significato che l’Opera ha un “senso”, una finalità.

Davanti a una Poesia così stilizzata (e così) esposta ai rischi di una coppia connotativo-denotativo in disarmo può avere imboccato un vicolo cieco, come su una tela nera descrivere il concetto Spinoza.

Obiezione:

a) A ogni testo di Poesia bisogna accostarsi con curiosità ingenua, senza pregiudizio. L’Emozione sorge come davanti a un’Opera d’Arte, ma se è vero che varia da soggetto a soggetto non c’è emozione senza Cultura (sono scettico sulla “maturità” definita a Liceo).

Solo la Cultura può incardinare l’Emozione davanti a un Cimabue, a un Giotto, istruire un confronto fra un Cristo (scultura lignea) del Quattrocento con un Cristo del Periodo neoclassico. (Ne scaturisce che l’Arte è un libro aperto per Critici, Mercanti d’Arte, Antiquari e Collezionisti. Non entro nel merito).

b) Porsi davanti a un “quadro” è ri-appropriarsi, processo di identificazione, non calcolato. Quasi sempre lo scatto come un colpo di fulmine, si leva dal Particolare, le mani, il Giallo il “primitivo”, il Segno. Frammenti.

Sostituiamo al Particolare la Parola, verso, nome di cui il lettore si compiace per un imprevisto impresagito godimento interiore. (L’Autore non deve chiedere altro. Perché se Poesia è un concetto di libertà, le è consanguineo il sentimento della non violenza).

c) L’Inconscio, spesso citato, a partire dal Surrealismo, (v. la scrittura automatica a (s)proposito del momento creativo, igitur l’Autore, riconduce l’altro, cioè il Lettore alla sua ineliminabile “parte” del fenomeno Comunicazione).

 

Structura


La disposizione degli Elementi segue genericamente lo schema

A –> B –> C –> D

dove A “nucleo” (nome, Significato), B “nucleo”, C “nucleo” (abhinc) A si muove (scansione di tendere per) entra nell’orbita di B, nello stesso istante B si muove entra nell’orbita di C, (così di seguito).

Inscenata una reazione “a catena”, forse più una specie di “moto perpetuo”. Al “nucleo” è intrinseca l’Energia. Ogni nucleo si genera da sé come partenogenesi.

Poesia pura.

Se A “nucleo” inferisce in B, non lo “occupa”, analogamente B in C e via di seguito, si argomenta per detta propensione (o scambio “ionico”) l’oltranza mimetica interna al processo poetico. In una ridondanza, se vogliamo, sta la forza del nuovo Linguaggio poetico.

Un verso compatto si snoda (teoricamente all’infinito) senza “cadute” (prosa), di ritmo, di “senso”, non respingendo la “cesura”, di un dettato ad alta caratura, se non “suprema”.

Una costruzione mentale, certo, la docile chiave per lo “smontaggio”.

Il Discorso poetico si svolge senza bisogno di auto-spiegarsi (verbo), senza bisogno di “illustrazioni” (aggettivo, qualificativo).

E si situa più che in una sfera estetica in una sfera ontologica.

L’élan è la marca di questa poesia, Basileus la Velocità.

Ispezionarne il percorso creativo, per natura imprevedibile, infine illuminato a posteriori, è come mettere i panni in piazza. Svelare un segreto. Leonardo, si parva licet [...] non svelò mai la composizione dei colori negli Affreschi.

Mi soperchia del Predicatore prima di Pasqua nella Chiesa Madre, gremita.

Le giovinette oscillanti, mamme, gli Anziani. Una folla sottomessa, silenziosa, approssimata (nel colore) al viola delle bende che coprono i Santi nelle nicchie, il Cristo in Croce dell’Altar Maggiore, le mussole delle vetrine dorate. Coreografia con sapienza orchestrata.

Ora venendo dalla navata di destra, per averli di fronte, qui uno, là uno, in fondo, in mezzo, falsa-mente di ergo appena accennato, senza una precisa direzione, “Laico”, “Profano”, quel Senso nell’aria dolciastra dei ceri, un istante ri-compone, stando seduti, la pietate o raggio degli occhi. Era l’ora nona.

 

Nota

 

L’Assunzione di Mondrian «L’artista non ha il diritto di influenzare emotivamente né sentimentalmente il prossimo», G.C. Argan, La pittura moderna 1770/1970, mostra una stupita affinità col mio Pensiero semplificato nel Principio della non violenza. Ma ciò che è “facile” in Pittura, rapporti luce-colore-linea, pieni-vuoti, diventa proibitivo nella Poesia Parola. (Diversità dei mezzi espressivi.)

Una “lettura” dei Quadri di Mondrian in teoria è probabile. In Poesia, Parola, “materiale” viscido pregiudizialmente imbrigliato da Regole e Eccezioni, si può agire sul Significato, non riduce la convulsione dei rapporti: ho manipolato questi rapporti come in un gioco di Percezione.

Da Punto di inquieto arancione all’ultimo uscito Le cose che sono, con coerenza, calcolo, quasi ossessivo, ho perseguito questa “linea”. Una folla muta di spettatori ha seguito l’impresa (almeno questo).

Si può parlare quanto si vuole di non violenza o “noumeno” da cui discende una Poesia “fredda”. La non violenza è possibile. Di una Poesia che, ri-producendo l’uomo non lo modifichi, da sommerse altalene la “sua” storia, si pone nel Sentimento della Storia.

E il suo destino, come da una Leggenda dell’Ippocampo, tradotta dal Sanscrito in Persiano è la cupola di un verso, Poesia.

 

 

* da Giannino di Lieto, Opere, Interlinea 2010.

 

 

*****

Giannino di Lieto (1930 – 2006) «è stato una figura esemplare della poesia italiana del secondo Novecento, sempre incline allo smarcamento rispetto alle mode o alle tendenze imperanti: il suo distanziarsi dalla neovanguardia e dal Gruppo 63 […] è un esempio che illumina bene quella sua propensione a non accodarsi al pifferaio di turno, quella sua talvolta scontrosa volontà di mantenersi in una zona di salvaguardia, almeno per quanto attiene alle letture, che sottolineasse l’originalità dei percorsi e degli esiti. Gli esiti gli hanno dato ragione: sempre carichi di echi e implicazioni multiple, non sono immediati alla comprensione, non sono mai banali, sempre denotano una ponderatezza che potrebbe sembrare posa, ma non lo è. Semmai è ricerca, raffinata ed estrema, tesa fino ai limiti delle possibilità del segno, fino ai limiti della significazione condivisa» (così MASSIMO MIGLIORATI in Poesia, novembre 2011).


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