Perché io scrivo tanto?
Non sono mosso dall’esigenza di esprimere la mia opinione, che vale esattamente come quella di un qualsiasi altro, ma cerco di scavare nelle parole ciò che contengono da sempre. Il tempo vi sovrappone significati mutevoli, ma la radice non cambia. In questa dimensione io sono un radicale: vado alla radice della parola.
Se io traduco ciò che leggo a mio uso e lo esprimo sono un indemoniato. Quando distinguo la mia opinione dallo scritto, mio o di un altro, la metto tra parentesi e conservo il suo messaggio eterno, ritengo di leggere il senso corretto della lingua.
Questo è possibile solo se sono riuscito, con l’aiuto di Dio, ad andare alla radice iniziale della parola. Ho fatto questo con Antares, nome di una stella e nome del dio del Capodanno, dato in zumero, al tempo della levata eliaca di questo astro, 4282 anni fa, tra i zumeri.
Lo scrissi nel libercolo ANTARES dagli dèi di Babele alle lingue d’Europa, pubblicato in 500 copie dalla tipografia TIPSE di Vittorio Veneto, nel febbraio 2005, che aggiorno nel conteggio dei tempi.
In 18 anni sono riuscito a scavare e riconoscere la sillabazione corretta ed il senso preciso de: AN TA RESH: dal centro dell’espressione: “natura del profumo del Cielo”.
Perché leggo dal centro (TA) passo alla terza sillaba (RESH) e finisco nella prima?
Perché il zumero, espresso in caratteri cuneiformi, è una lingua circolare, così espressa per motivi sacrali.
Questa lingua venne tradotta nel secolo positivista 1800-1900, quando non si credeva in Dio e negli dèi. I Zumeri credevano di essere stati modellati dagli dèi come pupi di creta impastata ed essicata. L’effetto estraniante della traduzione atea del messaggio religioso è paradossale, in quanto i primi traduttori si sono sentiti in obbligo di correggere il punto di vista dei tradotti con l’eliminazione dei nomi degli dèi ed il riconoscimento del senso delle cose (nig) descritte. I loro seguaci hanno dovuto adattarsi alla volontà dei conduttori, a pena di eliminazione (come gli insetti della Processionaria del pino). La traduzione ne esce ribaltata, per così dire.
32 anni sono costati a chi porge a voi l’archeologia del linguaggio di Acanto-fide.
Carlo Forin