Un architetto. Fabbricante di bel gioco. Celeberrimi i suoi lanci di 30 metri, se non 40, che in un lampo e con millimetrica precisione coprivano le distanze collocando la palla sul piede del compagno lanciato in contropiede o alla porta avversaria. Luis Suárez Miramontes, per tutti Luisito, nato a La Coruña il 2 maggio 1935 e morto a Milano il 9 luglio del corrente anno, colonna della Grande Inter, numero 10 per antonomasia. Classe, eleganza stile, visione di gioco superba, un piede meraviglioso e anche una discreta propensione al gol. Fantastico quello realizzato in un derby dell’aprile 1967, 4-0 per i nerazzurri, con una serie di finte a sbilanciare i poveri difensori rossoneri per poi concludere con un delizioso semi-pallonetto.
Artefice di grandi successi per le squadre con cui aveva evoluito – Barcellona: due titoli nazionali, due Coppe di Spagna, due Coppe delle Fiere; Inter: tre scudetti, due Coppe dei Campioni e due Intercontinentali; Spagna: un Campionato d’Europa. E anche la squadra della sua città d’origine e la Sampdoria, ultima équipe vissuta come giocatore.
Una carriera lunga e di successo, iniziata nel 1953 e terminata ben vent’anni dopo, a ben 38 anni. In tutto questo anche un Pallone d’oro nel 1960, miglior calciatore d’Europa.
Luisito aveva scelto l’Inter. E Milano, al punto tale che nella città ambrosiana si era fermato a vivere, dopo le varie parentesi come allenatore, fra cui ovviamente quelle con la Beneamata della quale infine era divenuto un eccellente osservatore. Lo sguardo era finissimo al pari dei piedi. Tanto milanese da azzardare, dalla base di un italiano perfetto con quel pizzico di esotismo dato da un residuo di accento iberico, battute anche nel dialetto meneghino.
Calciatore sublime, personalità forte, Luisito era un uomo oltremodo interessante: simpatico, ironico, di piacevolissima compagnia, una miniera di storie e aneddoti. Ben più di una figurina.
Luisito era un patrimonio non solo interista, ma del calcio mondiale, un’icona, uno dei massimi interpreti nel ruolo di regista. Ci mancherà. Ma di lui rimarranno il ricordo delle grandi gesta calcistiche e della incredibile carica umana.
Alberto Figliolia