Maria Lanciotti
Come andarono i fatti
Scritture verticali
Ibiskos Editrice Risolo, 2006, pp. 80
Riduzione e adattamento del romanzo La sacca del pastore della stessa autrice
Consulenza creativa e teatrale di Piero Avallone
Mi affascina molto la cura nei particolari, le frasi a volte arricchite da efficaci metafore e a volte asciutte, essenziali (“Mi ero scordato come si prende una donna e non sapevo come si prende una sposa”)
È forte la sensazione di aver già incontrato i personaggi di questa storia camminando per i vicoli, i “quartieri”, della città che mi ospita, perché le anime che si muovono all’interno di questo testo sono appunto anime di “quartiere” ossia appartenenti a quei sobborghi dell’esistenza che schiacciano e assopiscono ogni tentativo di emersione, persone per cui volere ed avere è solo questione d’istinto, senza il mediato correttivo del pensiero.
Mi affascina molto la cura nei particolari, le frasi a volte arricchite da efficaci metafore e a volte asciutte, essenziali (“Mi ero scordato come si prende una donna e non sapevo come si prende una sposa”).
La presenza costante di una religiosità bigotta e deformata nella parola e nella sostanza e la figura del Cristo, che sembra infastidito più dalle infamie che dai chiodi (“… Un amico che mi schiodi dal palo, che mi lavi le ferite, che non mi abbandoni…”), immette nel testo un odore d’incenso e sagrestia creando così lo spazio ideale dove far agire i quattro personaggi femminili che, ognuna con le sue modalità, raccontano la loro versione di “come andarono i fatti”. Rispettano in sostanza la figura del coro nella tragedia greca, anche qui infatti ricoprono il ruolo di collettività in funzione dell’eroe tragico, Italo, personaggio straordinario di fronte al quale il lettore non può che porsi al di qua di qualunque logica del bene e del male.
È un testo che, a mio avviso, non necessita della scena per essere fruito in tutte le sue sfaccettature. La scelta di affidare a lunghi monologhi lo svolgersi del racconto, permette al lettore di godere delle tinte opache e cupe e a volte chiare e lunari che racchiudono il senso più profondo di questa storia che trova, nel suo carattere malinconico e torbido, la chiave di volta per raccontare la violenza e l’abuso, il riscatto e il pentimento.
Per deformazione professionale o per semplice abitudine, la mia attenzione è stata comunque proiettata a valutare una possibilità di messinscena che vada oltre le indicazioni di regia piuttosto frequentemente inserite nel testo.
Partendo dal presupposto che la forma monologata non lasci altra scelta se non quella di un teatro di narrazione dove la parola “detta” ha senz’altro la meglio sulla parola “agita”, trovo che il testo possa essere supportato da una regia che miri a far sentire il non detto e far muovere l’immobilità solo apparente che nel testo sembra prevalere. Alla luce di questo, una regia che tolga voce al personaggio di Sarina che troverebbe ancora più forza nell’assenza piuttosto che in una presenza diluita in poche battute. È proprio nell’assenza e nel silenzio che Sarina sopporta e combatte, trama e agisce nella vita e oltre la vita.
Luca Pizzurro*
* Luca Pizzurro. Autore, attore, regista, Direttore Teatro del Torrino a Roma.
Scarica e leggi testo teatrale Come andarono i fatti:
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Illustrazioni in allegato:
Maria Lanciotti, La sacca del pastore (Sovera Edizioni, 2003). In prima e in quarta di copertina: Carla Nico, Busto rosso e Mani.