Dopo l’aperitivo a Chiavenna con il gruppo di percussionisti di Upcycling Music Band, la prima ufficiale di Ambria Jazz, complice il maltempo che ha impedito l’utilizzo del chiostro, è nella cornice meravigliosa dell’Auditorium S.Antonio di Morbegno, protagonista il sassofonista e clarinettista Nico Gori con il suo trio di Young Lions, Sergio Aloisio Rizzo alla chitarra, Francesco Tino al basso e Simone Brilli alla batteria.
Questo rimane per me l’unico appuntamento per questa edizione con il festival valtellinese, presto invierò cartoline da un altra importante rassegna, ma mi spiace molto non poter seguire e raccontare quello che succede alle porte di casa, dando supporto agli amici che da quindici anni si impegnano nella costruzione di un festival itinerante lungo più di un mese.
Venendo alla musica, la serata è improntata allo swing degli anni ‘40 e ‘50, con qualche puntata sia più indietro che poco più avanti, ed è sensazione nuova e stimolante vedere tre giovani più un leone stagionato swingare con intelligenza e gusto su musiche che anagraficamente potrebbero appartenere ai loro nonni.
Ascoltare “Sweet Georgia Brown”, un brano del 1925 di Django Reinhard o “Tea for two” del 1925 di Vincent Youmans, o anche “In a mellow tone” di Duke Ellington del 1939 e “Jitterbug Waltz” del 1942 di Fats Waller può sembrare archeologia sonora se raccontato, ma invece ascoltati dal vivo i brani sciorinano freschezza e luccicano come nuovi nelle mani talentuose del quartetto.
Gori, impegnato più al clarinetto che al tenore, è musicista affermato con collaborazioni importanti. A parte quella nota con Bollani, a me piace ricordare in particolare i tre anni passati con la Vienna Art Orchestra di Mathias Ruegg, una delle migliori formazioni europee a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90. Al sax tenore esibisce un suono caldo e potente ma è al clarinetto che impressiona per duttilità e colore.
Descrivendo i suoi musicisti Gori paragona con termini calcistici il chitarrista Sergio Aloisio Rizzo ad una ala destra, il batterista Simone Brilli ad una ala sinistra e il bassista Francesco Tino ad un libero. Al termine del concerto, dopo aver swingato per un’ora e mezza abbondante, mi permetto di suggerire un cambio dei ruoli: Rizzo è un rifinitore e all’occorrenza fa la seconda punta prendendo assoli di notevole caratura. Tino è il motore del centrocampo, canta e porta la croce, alternando un sostegno ritmico perpetuo ad assoli di godibile liricità. Brilli è un arcigno stopper che ribatte colpo su colpo. Ovviamente Gori è il bomber, ed il gruppo gioca un calcio (suona una mistura swing) spettacolare e divertente.
Negli ultimi anni Gori ha inciso e portato in tour un tentetto sempre improntato allo swing e alle musiche degli anni di metà novecento. Questo nuovo quartetto riprende la stessa formula su scala ridotta e mette in luce tre giovani e promettenti musicisti. Alla fine giusta ovazione di un pubblico caldo e abbastanza numeroso. In apertura di serata breve inciso per tromba di Massimo Manzi che poi ha intrattenuto il pubblico con racconti e aneddoti sulle origini della musica afro americana.
Roberto Dell’Ava