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Laboratorio di Lettura e Scrittura Poetica di Vicenza: Poesie di Gianluigi Cannella. A cura di Ivana Cenci (1)
Gianluigi Cannella
Gianluigi Cannella 
01 Marzo 2007
 

Tellusfolio apre le sue pagine elettroniche al Laboratorio vicentino e, a cura di Ivana Cenci, compariranno, con scadenza mensile, prove di poeti accompagnate da osservazioni e commenti, e proposte di traduzione. La Redazione di Tellusfolio è lieta di questo scambio essendo fondamentale, nel progetto editoriale del giornale-rivista on line e quello su carta Tellus, lo sviluppo e l’intersecarsi di una fitta rete di incroci fra lettura, produzione letteraria, traduzione, inediti, proposte di pubblicazione alle case editrici.

Il “Laboratorio di lettura e scrittura poetica” è nato a Vicenza nel settembre 2002: coordinato da Ivana Cenci, si avvale del sostegno e la guida del poeta e docente Stefano Guglielmin. L’obbiettivo è quello di approfondire la conoscenza della scrittura poetica italiana del ’900, con particolare attenzione a quella contemporanea, permettendo ai frequentanti occasioni di dialogo, confronto ed evoluzione della propria capacità espressiva.

È una delle iniziative dell’Associazione Culturale Artemis. (Claudio Di Scalzo)

 
 
 

Gianluigi Cannella (Inediti)

 

 

1169 - FRA IL TUO ABBRACCIO

 

Non farei l’amore, mi raccoglierei fra il tuo abbraccio

come un vento forte che deve arrivare

sui grandi muraglioni dell’Atlantico.

 

venerdì 29 luglio 1988

 

 

1273 -PRESENZA

 

Presente come una fede, sicura e inattaccabile.

Vorrei averti quando non ci sei

ma ti perdo, solo quando non ci sono.

 

Mercoledì 30 marzo1994

 

 

1285 - LA TUA ROSA ROSSA

 

Quando la tua rosa rossa si apre al chiaro della notte

anche la luna si accende forte come il sole.

 

Mercoledì 19 Ottobre 1994

 

 

1600            CELLULE

 

Gocce di cellule sciolte sulle labbra

passaggi di ombre legate con tutti i miei, i tuoi nervi

allacciati da consonanti gridate a voce alta

poi sillabare sottovoce, lentamente, un amore ancora, ancora.

 

Lunedì 5 Aprile 2004

 

 

1672 RESPIRO

 

Respiro il soffiare sulle onde della terra

respiro, con quella differenza minima di quando non ci sei

e inspiro e ingoio la luna come una ricerca indiana nelle invisibili tracce di un albero

fermo, pieno di acqua e vento e mi metto sottovento

per sfuggire a impacciati equilibri di follie.

Se credo di non esserci mai stato, vorrei essere un violento amore,

soffiare il nero della luce: rivedermi donna, femminile e persa che strappa l’invisibile.

 

Venerdì 17 Febbraio 2006

 

 

1683 IL RESTO DEI COLORI

 

Prestavo attenzione a morsicare una parola alla volta

guardando la curiosità volare sul tuo corpo

per fermarla in un colore bianco.

Finisco di parlare con calma

girando gli occhi alla prossima curva

creando attenzione per non perdere il resto dei colori.

 

Giovedì 1 giugno 2006

 

 

NOTA BIOGRAFICA

 

Gianluigi Cannella, nato il 30 dicembre 1949, residente a Castelgomberto (Vi).

Scrive poesie dal 1968 e dedica una breve parentesi alla pittura tra il 1966 e il ’72.

Fotoamatore, ha sempre associato la poesia alla fotografia, ritenendoli due «luoghi di ricerca dove posso star bene, ritrovarmi e ritrovare le cose di ieri, vedere meglio le cose di oggi». Frequenta il Laboratorio di poesia condotto dal poeta Stefano Guglielmin da ormai cinque anni, ciò che gli ha «permesso di entrare dentro la poesia e capirla, capire non tanto cosa si vuole dire, ma come dirlo, farla diventare una comunicazione emozionabile». La personale fotografica BiancoColore imperniata sul viaggio fatto in Perù nel 2006, inaugurata sabato 24 Febbraio presso Palazzo Pisani a Lonigo, è ancora motivo di “ricerca poetica”.

 

 

OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLE POESIA DI GIANLUIGI CANNELLA

 

Di Gian Luigi oltre il viso e qualche piccolo particolare conosco queste sei poesie. È nell’azzardo, allora e nel tempo di un’intuizione che provo a fare qualche parola.

I versi di Gian Luigi a una prima lettura evocano l’amore. Un amore che contenga che scaldi che rassicuri «mi raccoglierei fra il tuo abbraccio» (“Fra il tuo abbraccio”). Un amore invocato cantato forte come una fede assoluta, presente nell’oblio di se stessi «ma ti perdo, solo quando non ci sono» (“Presenza”).

Nelle poesie risaltano subito i contrasti nell’accostamento dei termini (abbraccio/vento forte/muraglioni) che siano i muraglioni, le torri i torrioni di Gualtieriana ispirazione? Che siano le forme? I nomi che ci dividono e ci solcano dall’assoluto?

Mi chiedo: Gian Luigi Cannella dopo aver scritto «la tua rosa rossa si apre al chiaro di luna» (“La tua rosa rossa”) era più o meno lui? E mi rispondo: Era più o meno lui!

Ancora contrasto nell’accostamento dei termini in “Cellule” la mia preferita. Questa volta sono i piani semantici dei significanti a stridere «gocce di cellule». Mi piace il ritmo della poesia, prima incalzante, detto, ritmo che si allarga e fa spazio nella terza strofa senza punteggiatura «allacciati…», bello; bello il «poi», bella la lentezza del «lentamente» per finire nella mancanza ricorrente: l’amore che più si canta e meno ce n’è ma che, se lasciato essere nella sua semplicità, è.

Marina Pigato

 

 

Le parole di Gianluigi Cannella hanno un percorso, un destino sincero, che corre lungo i muri dell’oggi. Sono scritte trascinate fuori dall’urbano per sottoporsi alla giustizia della natura: «mi raccoglierei fra il tuo abbraccio come un vento forte che deve arrivare»; «respiro il soffiare sulle onde della terra». In esse, trovo la ricerca interiore, il perpetuo moto dell’indugio, del sapere poco a poco ciò che siamo dentro: distanze impercettibilmente strette che sottopongono quesiti al buio dell’ordinaria coscienza. Pensieri nativi dalle foci, di quell’essenza capace di sentire, ridere, piangere, godere dell’inusuale consumo di tutti i giorni.

L’attenzione si eleva sommessa, ascoltando il rumore delle «parole morsicate», una per una come in un canto ancestrale che non lascia respiro ai dormienti, a coloro che scacciano l’udire, che si dibattono nel circostante staticismo dell’accettare le cose così come sono.

All’alba di ogni parola, di ogni insieme di versi, s’apre o meglio si traccia, un sentiero tra i boschi del sentimento. Esso percorre obliquo sull’asse ipotetico delle regole, puntualmente infrante dal vero amore: quell’amore che inesorabile svicola e non sosta tra macerie di corpi freddi. La curiosità si ferma per un attimo in un colore bianco, ma si apre in attesa della curva, dove l’attenzione scorge e non perde i restanti colori del mondo e della vita.

I versi di Cannella formano una sorta di «casolare delle lettere» dove vive ogni scritto respiro, che non ha prime file o distingui di classe, ma muove semplicemente libero da ogni configurazione ideologica o di premio.

Giordano Montanaro

 

 

Cari amici e amiche, ricevo da Gianluigi Cannella un percorso poetico che parla d'amore attraverso la presenza e l'assenza dell'altro. Questo slancio interminabile diventa pulsazione interiore, respiro e soffio che forse svela una mancanza dalla quale sorge la poesia. Nell'ultimo verso di “Respiro” leggiamo: «soffiare il nero della luce: rivedermi donna, femminile e persa che strappa l'invisibile». L'invisibile è presente anche nel terzo verso ed è associato alla «ricerca indiana nelle invisibili tracce di un albero». Mi colpisce questa immagine che apre al visibile e all'esperienza personale della natura così vicina alla fragilità dell'esistenza umana.

Stefania Bortoli

 

 

In Gianluigi vi è una scrittura fluida, trabordante, continua e dolce. È la dolcezza che a me traspare gioviale e ricca nei suoi poemi. Ma al contempo, è sferzante la sua continuità, della quale noi abbiamo bisogno, forse quanto la bellezza. La continuità ci rasserena, semplicemente, en plein air.

Alessandro Bedin

 

 

Gianluigi Cannella nelle sue brevi liriche dipinge, con colori intensi e caldi, una sensualità delicata, talvolta mescolanza di amore eterno e passione travolgente, toccando le corde più profonde della nostra sensibilità. Si viene avvolti nelle atmosfere intimistiche più appaganti, circondati da immagini che riecheggiano di continuo nella mente prima di essere completamente assimilate. Le poesie incarnano perfettamente il principio di universalità, adattandosi alle umane vicende amorose. Appare, come per incanto, la natura più vera e profonda dell'uomo, quella che lo attrae inspiegabilmente all'opposta polarità, che lo completa. L'urgenza di amare (più che essere amati) s'impone, prende corpo mano a mano che ci si addentra nel bosco delle pulsioni, talora anche permeate da atteggiamenti istintivi quasi animaleschi, peraltro pura essenza vitale imprescindibile, «...un amore ancora, ancora»: questo in fondo è il motore che spinge l'umane vicende, il fulcro di ogni cosa terrena. Le sfumature del sentimento amoroso ci sono tutte: la delicatezza del «...mi raccoglierei fra il tuo abbraccio»; la certezza dell'essere «Presente come una fede, sicura e inattaccabile» / la completezza delle «...ombre legate con tutti i miei, i tuoi nervi»; la meraviglia «...guardando la curiosità volare sul tuo corpo». Ogni singolo componimento ci svela una verità troppo spesso celata negli angoli più nascosti del nostro “io”, lasciando finalmente affiorare quelle percezioni prorompenti coltivate nella propria intimità. Si intravede anche un dilemma esistenziale, quell'interrogarsi sul «respiro» soffio di vita, forza creatrice che «strappa l'invisibile» che soffia «il nero della luce», in cui l'amore diventa «violento», trasmigrazione dell'essere in una forza che renda tangibile la propria realtà esistenziale.

L'autore è per lo più presente, soggetto che vive quelle sue emozioni, ma discretamente si sposta lasciando spazio all'identificazione del lettore che diventa il vero protagonista, il personaggio che interpreta quei ruoli in una chiave di lettura assolutamente originale, lasciando libero spazio all'intuizione dei significati.

EloZ (poeta)

 

 

È la prima volta che ho l’opportunità di esprimere per iscritto qualche considerazione e sensazione, prendendo a pretesto uno scritto poetico: le poesie di Gianluigi, che ringrazio vivamente. Ho voluto seguire il filo di un unico pensiero, scelto sia per tener conto della necessaria brevità che per mio diletto, avvolto quasi intorno ad un unico verso.

Leggo la poesia di Luigi come canto d’amore… e alcune di esse mi richiamano alla mente versi di Neruda. Amore è mancanza e dunque desiderio; in poesia il desiderio si fa parola, parola scritta. Il desiderio, che quanto più viene alla luce più ci fa brancolare nel buio, sempre si articola intorno ad un vuoto, “al vuoto”. Nulla pesa e schiaccia più di questo vuoto. Non c’è modo di sfuggire, se non ricorrendo alla magia… e non c’è magia che possa realizzarsi senza la parola. Il verso a cui mi è piaciuto riferirmi (poesia 1285) sembra indicare una possibile via d’uscita: pensare quel vuoto racchiuso tra i petali di una rosa rossa, che aprendosi lo svela e lo dissolve. La magia è compiuta. Bravo Luigi!

Carlo Romano

 

 

I versi di Gianluigi Cannella non insinuano un rapporto di eccessiva conflittualità dell’autore con la realtà – in genere la conflittualità ha il suo risvolto formale nella violenza lessicale e figurativa, nei ritmi spezzati e azzoppati. Le sue composizioni suggeriscono piuttosto un intimo, pacato bisogno di rivisitare la propria esperienza personale –soprattutto amorosa– ritoccandola e svaporandola attraverso la parola poetica.

Le scelte lessicali si distanziano da punte espressionistiche e cercano, frugando nel linguaggio del quotidiano, i termini più delicati da cui distillare una carica di poeticità; significativi, in questo senso, i sostantivi che compaiono nei titoli delle poesie: abbraccio (poesia 1169), presenza (poesia 1273), rosa (poesia 1285), cellule (poesia 1600), respiro (poesia 1672), colori (poesia 1683).

Il suo discorso poetico si svolge lungo immagini tenui, seguendo un ritmo dolce e naturale, come testimoniano i seguenti versi d’incipit:

Non farei l’amore, mi raccoglierei tra il tuo abbraccio (“Fra il tuo abbraccio”, v. 1),

Gocce di cellule sciolte sulle labbra (“Cellule”, v. 1),

Respiro il soffiare sulle onde della terra (“Respiro”, v. 1).

Pure, a tratti, l’immaginario poetico di Cannella restituisce figurazioni più dense e violente, di frequente, direttamente o di scorcio, afferenti al campo semantico della luce: l’accensione della luna a sole (“La tua rosa rossa”, v. 2), ancora la luna, inspirata e ingoiata (“Respiro”, v. 3), la presenza del nero nella luce (“Respiro”, v. 7) dove luce-ombra smettono di distinguersi in graduali passaggi chiaroscurali per identificarsi in un’unica, identica entità. E tuttavia l’impatto violento di queste immagini viene alleggerito e riassorbito dall’andamento ritmico mite e fluido in cui sono inserite, quasi galleggiando; cito il v. 7 di “Respiro”:

soffiare il nero della luce: rivedermi donna, femminile e persa che strappa l’invisibile.

Cifra stilistica peculiare dell’autore si profila essere proprio il suo sillabare sottovoce (“Cellule”, v. 4), il suo morsicare una parola per volta e parlare con calma (“Il resto dei colori”, vv. 1, 4): ovvero la pacatezza e la morbida pausazione con cui procede il suo discorso poetico, creando soffuse atmosfere.

Romina Elia


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