La Germania nazista, dopo la spartizione della Polonia con l’’Urss, ha già conquistato la Francia, i Paesi Bassi, la Norvegia, la Danimarca e la Finlandia. Adesso si trova impegnata in un’aspra contesa con la Russia di Stalin e, in Italia, con le forze alleate coadiuvate dalle prime formazioni partigiane. Il primo ministro inglese Winston Churchill è fermamente convinto della necessità di creare un altro fronte. La zona più adatta, per la vicinanza alle coste inglesi, è senza dubbio costituita dalla Normandia, nella Francia del nord. Ai primissimi giorni di giugno la decisione definitiva è presa. Ma le condizioni atmosferiche sfavorevoli consigliano un rinvio. Tuttavia, nonostante le previsioni meteorologiche ancora sfavorevoli, Churchill decide l’attacco per il 6 giugno 1944.
Il giorno della grande decisione per mettere in ginocchio la Germania con la creazione di un altro fronte, inizia ancor prima dell’alba. Le cronache del tempo riferiscono dell’invio notturno degli incursori incaricati d’indicare le zone di atterraggio agli alianti che trasporteranno 24.000 paracadutisti, prosegue al primo mattino con un’operazione che vede impiegati 3.500 navi da guerra e mercantili e 2.500 mezzi da sbarco, supportati da 2.000 aerei inglesi ed americani, si conclude con lo sbarco in Normandia di ben 133.000 soldati: sono militari americani, inglesi, francesi, canadesi e neozelandesi. Inizia, a questo punto, una delle battaglie più aspre della seconda guerra mondiale, quella che, dopo la sconfitta tedesca a Stalingrado, segna le sorti del conflitto a favore degli alleati. Gli americani, nel solo primo giorno, perdono oltre 10.000 uomini. Altri cadranno nei giorni successivi, ma la vittoria finale sembra profilarsi. Bisogna dar atto che, per la seconda volta nel secolo, un esercito americano si presenta all’appuntamento con l’Europa. Se il nazifascismo verrà annientato, lo dobbiamo anche a loro.
L’Italia, in realtà, deve ringraziare molti: gli inglesi, che sopportano i bombardamenti tedeschi; i francesi, per quel poco che sono in grado di fare; i belgi, gli olandesi, i polacchi, i danesi, i norvegesi; i sovietici, che lasciano sul campo 27 milioni di morti; ed altri ancora. Naturalmente i nostri partigiani che, in tutto il centro-nord del Paese, liberano le nostre città con l’appoggio delle popolazioni. Ricordando per l’occasione il D-Day, mi sembra corretto affermare che la nostra libertà è anche il frutto del sacrificio delle forze alleate e, in particolare, di quelle americane che lasciano sul terreno diverse migliaia di giovani vite per la difesa generosa ed altruistica non della loro Patria, ma dell’Europa. Se l’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, torna ad essere un Paese libero e democratico ed inizia la sua ascesa sociale ed economica che la porta, in pochi anni, ad essere una delle maggiori potenze industriali del mondo, lo deve certamente anche al sacrificio di tanti soldati immolatisi sulle spiagge della Normandia. Tutto questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.
Sergio Caivano