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Marisa Cecchetti. “Questo amore” di Yann Andréa
30 Maggio 2023
 

Yann Andréa

Questo amore

Traduzione di Lamberto Santuccio

FVE Editori, 2023, pp. 184, € 18,00

 

Sono qui per questo, per questa cura, questa cura di tutti i giorni, di tutte le notti, fare questo: mantenere una sola persona in vita. Amare di più anche se lei non ne vuole sapere, anche se lei non vuole nulla da questo amore”. Così Yann Andréa in Questo amore, scritto nel 1999, tre anni dopo la morte di Marguerite Duras.

Lui, Yann Lemée - Guingamp 1952, Parigi 2014 -; lei, Marguerite Germaine Marie Donnadieu - Saigon 1914, Parigi 1996 -, si incontrano nel 1980 e non si separeranno mai più.

Lei, che ha cambiato il suo cognome in Duras dal nome del villaggio non lontano dalla casa del padre nel Lot-et Garonne, cambia il cognome di lui in Andréa, dal nome della madre.

Lui ne ha scoperto un libro a Caen, dove studia filosofia, e dopo ha letto tutto di lei. Ne è rimasto così affascinato che ha cominciato a scriverle centinaia di lettere dopo che ha avuto un libro autografato, con indirizzo. Lettere che non hanno risposta, finché trova il coraggio di telefonarle e la Duras lo invita a raggiungerla.

Rimangono legati da un rapporto complesso ma indissolubile. “Voi non siete nulla, io non vi conosco, che ci fate qui?” Dice la Duras. E gli getta la valigia fuori dalla finestra. Ma lui il giorno dopo suona il campanello, così riprendono ad attraversare “questa vita, a Trouville, insieme a fare scenate, farsi del male il più possibile, come fosse necessario”.

E lui le grida “Duras no ho abbastanza, Duras non ne posso più”, ma è una storia che non può finire: sono incatenati, perché “sono il preferito. Lei è la preferita”, in un legame che “si fa e si disfa a ogni istante”, loro due e la scrittura come terzo elemento insieme a loro.

Cantano Blue Moon nell’auto che corre veloce tra le bellezze della Normandia; escono alle ore più insolite anche di notte. Lui batte a macchina le sue parole, entrambi catturati dalla emozione della verità che prende forma sulle pagine: “non vedo più la differenza tra i libri che vengono scritti e questa storia tra me e lei”.

Ogni volta il libro che scrive è l’ultimo, secondo lei, ma scriverà fino a tre giorni prima di morire, la scrittura è la ragione di vita, “scrivere per non morire”, quasi una sfida alla morte: “la morte si rimanda fino alla fine del libro”. Quello che lei vive è come un eterno presente.

Quando non c’è più niente da sperare e lei ne è consapevole, Yann le sta accanto: “Sì, siamo qua, ad aspettare che il tempo passi. Ogni giorno è un giorno guadagnato, un giorno in più e ogni settimana vi faccio fare il bagno. Vi porto in vasca. Urlate: voi mi volete uccidere, siete proprio il tipico assassino delle vecchie”.

Ormai c’è solo da aspettare: “si vive, ci si ritrova sul punto di morire e tuttavia si vive, siamo insieme, i corpi sono qua, si toccano, a volte si accarezzano”.

La scomparsa di lei lo lascia senza scopo, la vita svuotata di ogni senso: trascorre tre anni nella trascuratezza e nel silenzio, ci sono solo l’alcool e le visite al cimitero di Montparnasse. Poi, nel gennaio 1999, finalmente parla, registra, scrive: “Batto a macchina come un pazzo una lunga lettera. Ogni mattina, una lettera a colei che porta questo nome M.D. […] vi scrivo come se fosse possibile scrivervi. E in effetti lo faccio. Voilà. Questo amore esiste. Lascio il groviglio, le ripetizioni ossessive, lascio tutto […] parto per Patmos il 2 luglio”.

Yann Andrèa non è riuscito a dare del tu alla Duras nei sedici anni vissuti insieme.

Questo libro è attraversato dallo stupore, dalla bellezza, dalla passione, dal dolore, in un intrecciarsi e sovrapporsi di tempi, con un bisogno di confermare il già detto, con frasi brevi, paratattiche, quasi pronunciate dentro un singhiozzo.

 

Marisa Cecchetti


 
 
 
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