Tra pochi giorni, precisamente il 2 giugno, è la Festa della Repubblica, della cui nascita ricorre il 77° anniversario, oggi festa nazionale. Vediamo come ci si è giunti.
Tre date fondamentali, tra loro strettamente connesse, segnano infatti, inequivocabilmente, la nostra storia. Sono quelle del 25 aprile 1945, del 2 giugno 1946, del 1° gennaio 1948. Tutto ha inizio dalla conclusione della guerra di Liberazione con la successiva creazione di Governi democratici, presieduti da Ferruccio Parri prima e poi da Alcide De Gasperi, che si posero il problema del futuro del Paese ed attuarono le risoluzioni necessarie per conseguirlo. Il 2 giugno 1946 gli italiani, da tanti anni privati di un loro preciso diritto dal totalitario regime fascista, si misero disciplinatamente in fila per esercitare il diritto di voto, esteso, per la prima volta, anche alle donne. La partecipazione fu altissima, pari a circa il 90% del corpo elettorale, perché gli italiani compresero l’importanza di aver ritrovata la libertà di scegliere e di sentirsi padroni del proprio futuro. Votarono nel referendum istituzionale per risolvere il dilemma: Monarchia o Repubblica? Qualche giorno dopo, la Corte di Cassazione comunicò ufficialmente i risultati, assegnando alla Repubblica 12.717.923 voti, pari al 54,3% del totale, ed alla Monarchia 10.719.284 voti, pari al 45,7%. La Valtellina si espresse in sintonia con tutto il centro-nord. 40.851 votarono per la Repubblica, 28.969 per la Monarchia. Il risultato nazionale complessivo non era scontato. Fino a quel momento, l’Italia era sempre stata monarchica, pur con qualche riserva nei confronti della casa regnante. Ma il lungo appoggio riservato dai Savoia al fascismo, durato fino al 25 luglio 1943, giorno della sua caduta, con Mussolini imprigionato il giorno dopo, il successivo abbandono di Roma nelle mani degli occupanti tedeschi, infine l’interessato ritardo nella comunicazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943, in realtà già siglato a Cassibile dal giorno 3 dello stesso mese; ebbene, tutti questi eventi avevano logorato i sentimenti dei cittadini nei confronti dei Savoia. Solo nel Sud prevalse la monarchia perché, avendo sostenuto i primi governi dell’Italia libera, presieduti prima da Badoglio e poi da Bonomi, e dichiarato guerra il 13 ottobre 1943 alla Germania, era stata percepita come l’unica guida istituzionale.
Il risultato del referendum costrinse Umberto di Savoia a prendere la via dell’esilio. Lo stesso giorno gli italiani votarono per eleggere i membri dell’Assemblea Costituente, incaricati di redigere la Carta Costituzionale. La DC, col 35,2% di voti ottenne 207 seggi; il Partito socialista, allora PSIUP, col 20,7% dei voti conquistò 115 seggi; il PCI col 18,9% ebbe 104 seggi. Gli altri seggi furono così distribuiti: 41 ai liberali, 30 ai qualunquisti, 23 ai repubblicani, 16 ai monarchici, 19 a liste minori. I lavori della Costituente si protrassero sino al 22 dicembre 1947. La Costituzione democratica, repubblicana ed antifascista entrò in vigore il 1° Gennaio 1948.
È evidente il nesso che lega tre date: 25 aprile ’45, 2 giugno ’46, 1° gennaio ’48. La Liberazione rese possibile il referendum istituzionale con la scelta della Repubblica del 2 giugno ’46, l’Assemblea Costituente rese possibile l’approvazione della Costituzione che entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Questo spiega perché 25 aprile e 2 giugno siano state dichiarate feste nazionali. Il 1° gennaio era già festa nazionale. In estrema sintesi si può affermare che la Liberazione produsse prima la Repubblica e poi la nostra bella Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista.
Sergio Caivano