Negli anni grigi e bui della guerra, della dittatura della Repubblica Sociale Italiana e dell’invasione tedesca, la casa dei Parravicini di Castione rappresenta un centro, un faro per i tanti antifascisti della zona, un luogo d’incontro, di riunione, di progettazione. C’è, anche, un collegamento con la vicina Postalesio.
È proprio a Postalesio che approda il maresciallo dei carabinieri Nazareno Pillitteri, dopo aver chiuso la caserma di Colico ed essersi portato dietro tutti i militari col loro consenso. Vengono accolti dalla signora Zelia, moglie del maresciallo e madre del futuro sindaco di Milano, Paolo Pillitteri, allora bambino.
Cesare Parravicini “Pirro”, di Castione, già dalla primavera del ’44, riesce a costituire una prima squadra di patrioti che confluiscono nella 40ª Brigata Matteotti aderente alla “Divisione Garibaldi” che conduce una lotta senza quartiere al fascismo, sotto la guida di Dionisio Gambaruto “Nicola”.
Tuttavia, dopo qualche tempo, insorgono profondi dissensi col comandante Nicola, riguardanti, in generale, il suo modo di concepire la Resistenza. Cesare Parravicini decide di staccarsi e, assieme ad altri partigiani di Castione e di altre località, costituisce una delle diverse Brigate Sondrio. Diventa comandante della Brigata operante prevalentemente a nord di Sondrio, in particolare nella zona della Valmalenco. Commissario politico è un giovane sondriese molto conosciuto, Andrea Carbonera. Oltre a Zelia, molte donne di Castione e di Postalesio appoggiano apertamente i partigiani, sia rifornendoli di viveri e di vestiti sia raccogliendo somme di denaro in loro favore. Tutti i componenti della famiglia sono sempre in prima fila.
I fascisti tentano di reprimere questo appoggio. Nadia Smachetti viene fermata, picchiata e trasferita a Sondrio, nelle carceri di via Caimi. La stessa sorte subiscono Renata Del Molino ed Olga Montani, tutte di Postalesio. Ma la repressione riguarda anche le donne di Castione. Precisa Paolo Pillitteri, a pag. 109 del suo libro Una valle lunga un anno: “Anche a Castione furono arrestate e fermate per qualche giorno l’Amelia e la Giuseppina Parravicini, la prima nipote e la seconda figlia della signora Maria Parravicini di Castione, nuora di Romolo Parravicini”.
Intanto Cesare Parravicini, dopo diverse azioni di guerriglia coi fascisti e coi tedeschi, in quel fatidico 28 aprile 1945, partecipa con i suoi all’assalto al Castel Masegra, dove si sono asserragliati tutti i fascisti, mentre i tedeschi sono già in fuga. Dopo una breve sparatoria i fascisti si arrendono. Assieme a tutte le formazioni partigiane, partecipa in seguito, il 9 maggio, alla sfilata in città, di fronte ad una folla entusiasta e plaudente. Una foto ormai storica lo immortala a fianco di Andrea Carbonera sulla Piazza Garibaldi di Sondrio. Poi ritorna agli studi, diventa medico, lavora all’ospedale di Sondrio. La sorella Amelia, allora giovanissima, offre il proprio spontaneo e rischioso contributo alla causa quale valida staffetta partigiana.
Il coraggio, la determinazione, gli ideali di tante persone come queste hanno consentito ai valtellinesi di conquistare la libertà e la democrazia. A noi tutti di assaporare il sapore e l’ebbrezza di una vita nuova, finalmente libera. Dopo la guerra Amelia si dedica all’insegnamento nelle scuole elementari di Castione. Attività che svolge con profondo attaccamento al proprio lavoro, fino al raggiungimento dell’età della pensione. È doveroso ricordarla con affetto e gratitudine.
Sergio Caivano