Mentre si sono sprecate accese polemiche sulla festa della Liberazione, in vista della quale una delle massime cariche dello stato ha osato mettere in dubbio il contenuto antifascista della nostra Costituzione, si avvicina una data che dovrebbe essere altrettanto significativa per tutti i sinceri democratici convintamente europeisti. È il 9 maggio, giornata dell’Europa istituita nel 1985 per ricordare la dichiarazione che l’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman fece in quel giorno nel 1950, e considerata come l’atto di nascita del processo d’integrazione europea. Purtroppo, in verità, questa ricorrenza è ancora sconosciuta a gran parte delle persone, anche perché non sufficientemente propagandata e sostenuta da troppi soggetti legati alla sopravvivenza di stati che, come dicevano profeticamente ottant’anni fa Luigi Einaudi e Altiero Spinelli, due tra i padri dell’Europa, sono ormai polvere senza sostanza e destinati all’estinzione.
Si avverte dunque la necessità di un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di un’attività formativa nelle scuole per fare in modo che il 9 maggio divenga patrimonio comune e trovi dignità distintiva al pari delle altre ricorrenze abitualmente celebrate. Peraltro c’è un filo diretto e un forte legame che unisce la festa della Liberazione e quella dell’Europa: il concetto di Unione europea e di superamento degli stati nazionali si è infatti avviato nel corso del secondo conflitto mondiale proprio sulla base della lotta al nazifascismo combattuta con la Resistenza, un fenomeno europeo e non solo italiano come si è indotti a pensare riduttivamente. Resistenti ci furono, oltre che in Germania, in Francia, in Belgio, in Olanda, in Scandinavia, in Polonia, in Cecoslovacchia, nei Balcani e in Grecia, ovvero in tutti i Paesi invasi dalle truppe tedesche o dai nostri soldati. E un riferimento non può che andare al presente, quando in Ucraina si ripropongono le stesse drammatiche situazioni che ci si augurava potessero appartenere a un passato invece ostinatamente rivangato da un anacronistico nazionalismo duro a morire.
Certo, anche il 9 maggio non può che essere divisivo, come del resto a quanto pare lo è tuttora il 25 aprile, il che la dice lunga sulla sincerità verso i valori democratici dei nostri attuali governanti. Deve esserlo perché la vera linea di demarcazione, come con lungimiranza avevano predetto i padri fondatori dell’Europa, non passa più tra conservatori e progressisti, rivoluzionari e reazionari, in altre parole fra destra e sinistra, bensì tra europeisti e nazionalisti o, per usare termini aggiornati, fra federalisti europei e sovranisti. Questo sarà il reale banco di prova cui sono attese le varie forze politiche alle elezioni europee in calendario l’anno venturo. Perciò in vista di quella fondamentale scadenza è opportuno ribadire con forza ed orgoglio, per parafrasare la segretaria del Pd Elly Schlein, la quale ha detto che la nostra costituzione è antifascista, che il 9 maggio è federalista, ovviamente in senso europeo e non nella versione nostrana proposta dagli ormai sorpassati sostenitori della devolution padana.
L’invito a partecipare alla celebrazione della Festa dell’Europa è indirizzato a tutti quelli che credono sinceramente nella possibilità di trovare appaganti soluzioni alle tante questioni epocali che agitano la nostra società in una dimensione sovranazionale e non chiudendosi negli stretti recinti nazionali, inadeguati ai tempi attuali. La giornata europea deve vedere protagonisti gli autentici europeisti e non gli euroscettici e eurotiepidi o, ancor peggio, i difensori degli stati-nazione in crisi profonda e senza futuro.
Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione “Ezio Vedovelli” Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo
Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio