Dopo aver letto questa raccolta di Antonio Spagnuolo, la prima cosa che mi sono sentita di annotare a margine, come sintesi poetica ed emozionale del florilegio, è stata questa: la rilevante consistenza di un linguaggio febbrile, pulsante e appassionato.
Ho attraversato Fratture da ricomporre (90 pagine) d’un fiato, perché la scrittura di Spagnolo, avviluppa e tra-volge in uno spazio conoscitivo vorticoso che lascia senza fiato, che conduce e spinge in avanti. È nella carne la scoperta, infine/ di un tormento che arrovella/ per finzioni sempre più imperfette (p. 79). Dinamica e in movimento, in espansione anche quando appare avvitarsi su se stessa, anche quando si fa tamburata e martellante (come un presagio di morte). È fatta di evocazioni ed esplorazioni condotte con l’occhio del cuore e della mente, associazioni immediate (consapevoli e non) in cui il mondo interiore ed esteriore si mescolano, il momento presente viene sacrificato al passato e dove la vita è in balia di un altro tempo, di un “altrove”.
Per taluni, una scrittura così potrebbe restituire una sensazione di insensatezza e di avversione. E se questo accade è perché non siamo più abituati a spingerci tanto lontano nel nostro rapporto con le cose e con il mondo. L’accoglimento del viaggio (anche estremo) e l’esperienza della scrittura a 360 gradi consentono la ri-conquista, il riscatto, la ri-appropriazione di sé, del tempo presente e di tutto ciò che esso può rivelarci.
La forza della scrittura di Spagnolo sta nell’urgenza del dire, nei sui infiniti strati. Nel fatto che non si risparmia e non si preclude a nulla. Agisce in una dimensione spaziale e temporale (a cui tutti abbiamo diritto) e che costituisce il nostro potenziale di uomini (innanzitutto) e di poeti.
In fondo, lo stile di una scrittura ci racconta quanto riusciamo ad essere nel mondo e quanto riusciamo ad accogliere il mondo e con esso il nostro “io”.
Ecco, Antonio Spagnolo, dalla sua Napoli (in cui attualmente vive e opera) sembra fare tutto questo, con onestà e impegno, combattendo l’oblio e l’indifferenza, accogliendo l’avvicendarsi della vita e dei sentimenti nella loro nudità più terribile, sfavillante e misteriosa.
Maria Pina Ciancio
Vedo l’ombra di mio padre ritornare
dopo lunghi silenzi:
era un istante il suo sguardo severo,
a convocare misure, divergenze,
oltre la tregua come il salto al di là
delle vele,
a pareggiare con gli scatti di lancette
la forza che mi punge.
Quello che non voglio e gli altri chiamano
pensiero
ha forma inestricabile ed amara.
Quante attese furiose, e le paure,
sembrano scomparse nel grande riflesso
del diniego.
Se io potessi riservare una promessa,
nella indecisa emozione,
lascerei la Croce senza più bestemmie.
(da Fratture da comporre, p. 74)
Antonio Spagnuolo, Fratture da comporre
Edizioni Kairós, Napoli 2009, pp. 86, € 10,00