La strada che congiungeva, da via di Fioranello, la statale Appia con l’Anagnina, era prevista nel nuovo Piano Regolatore della bonifica dell’Agro Romano redatto dal Corpo Reale del Genio Civile.
“…quegli orticelli scemi, che davano solo pomodori e carciofi, avevano sufficiente forza per sostenere palazzi e palazzi. E palazzi”
È corrente l’idea, quando si parla di “bonifica”, di pensare all’Agro pontino e ad un ben preciso periodo storico del Novecento, quello del ventennio fascista.
In realtà uno dei più grandi impegni a cui si è subito dedicato la Stato unitario italiano dal 1870 è stato affrontare la situazione di abbandono delle campagne, fenomeno presente in gran parte del territorio nazionale, con la conseguente grave situazione nutrizionale delle popolazioni italiane più povere, considerando anche che quell’abbandono implicava una grave situazione sanitaria con il prolificare di acquitrini e conseguenti infestazioni della zanzara anophela le cui punture, come noto, trasmettono la grave malattia della malaria che allora era endemica in gran parte del territorio costiero. Una situazione non compatibile con alcun tipo di sviluppo.
Trent’anni di dibattito parlamentare portarono a strumenti sempre più affinati arrivando ad approvare nel 1905 il testo unico per la Bonifica. Sostanzialmente il dispositivo di legge prevedeva finanziamenti a privati che presentavano un adeguato progetto di bonifica del proprio fondo, ma anche l’istituzione di un apparato tecnico-amministrativo (il Genio Bonifica) in grado di predisporre dei veri e propri piani regolatori di bonifica e di intervenire con opere pubbliche, quali strade, ponti, deviazione di corsi d’acqua e quant’altro potesse esser di supporto ad interventi a servizio dei vari fondi del territorio investito.
La strada che congiungeva, da via di Fioranello, la statale Appia con l’Anagnina, era prevista nel nuovo Piano Regolatore della bonifica dell’Agro Romano redatto dal Corpo Reale del Genio Civile. Fu da questi appaltata nel febbraio del 1915 e completata nel 1920: una testimonianza ci è rimasta nella targa “AGRO ROMANO 1920” posta sulla facciata della Casa cantoniera a destra, uscendo da Via della Stazione di Ciampino, sull’incrocio con l’Anagnina.
Abbiamo già evidenziato che la zona del territorio ciampinese più lontana dalle pendici castellane era terra di malaria per l’accumulo stagionale di acque che dai Castelli scendevano incontrollate nei periodi storici in cui la manutenzione di opere di irreggimentazione è abbandonata o non sufficiente. Una testimonianza della situazione ce la segnala l’editrice Anni Nuovi, nelle molte edizioni della sua storia di Ciampino, riportando una relazione del 1916 dell’Arma dei Carabinieri che descrive la zona, paludosa, malsana, priva di abitazioni, solo nodo ferroviario (AA.VV., Anni Nuovi 1985, pag. 40).
L’intervento del Genio Bonifica del 1915 evidentemente conferma questa situazione, ma annulla ogni dubbio la relazione dell’imprenditore che ha costruito la medesima strada, presentata il 3 gennaio 1922 a consuntivo della realizzazione, per chiedere integrazioni economiche per le spese affrontate nei cinque anni di costruzione dell’opera dove evidenzia, oltre alle problematiche inerenti il periodo di guerra, «…le difficoltà di approvvigionamento di mano d’opera… data la località deserta e malarica… gli operai ciò sapendo non vollero assolutamente alloggiare sul posto, nonostante che l’impresa avesse preso in affitto dei locali nell’unico casale nei dintorni ed avesse preparato apposite baracche…gli operai pretesero di continuare ad abitare a Roma e di andare e tornare mattina e sera col tram», ACS, fondo bonifica - M.A.F., Dir. Gen. bonifica e colonizzazione, Lazio, Maremma, Umbria, 1915-1956.
Infine, qualche foto d’epoca dell’Istituto Superiore di Sanità relativa alla distribuzione di chinino nelle scuole rurali del luogo dà testimonianza di come la situazione endemica della malaria continua ancora durante la terza decade del ‘900.
Ovviamente gli interventi del Genio Bonifica non si sono limitati alla strada qui sopra citata, ma furono promossi una serie di piccoli e grandi interventi di irreggimentazione, deviazione di corsi d’acqua anche coordinati con il Consorzio Barbuta, che aveva preso in carico la captazione e distribuzione d’acqua potabile dalle numerosissime fonti naturali sorgenti dalle falde del complesso vulcanico. Interventi preziosi propedeutici ed indispensabili alla vera e propria urbanizzazione.
E i palazzi da quattro, cinque, sette piani sulle strade che dovevano ospitare villini, come ci sono cresciuti a Ciampino?
Il Sindaco ragazzino
[…] dopo aver gettato i calzoni corti alle ortiche, dall’alto di Palazzo Colonna drizzò la testa per guardarsi intorno:[…] quegli orticelli scemi, che davano solo pomodori e carciofi, avevano sufficiente forza per sostenere palazzi e palazzi. E palazzi. (Vincenzo Cerami, Messaggero, novembre 1988)
Vincenzo Cerami (1940-2013) scrittore, sceneggiatore, paroliere, visse in prima persona proprio quel periodo di trasformazione. Genitori siciliani, trascorse a Ciampino gran parte della sua adolescenza ed i primissimi anni della giovinezza. Ebbe alle medie come insegnante Pier Paolo Pasolini; debuttò con lui nel cinema come aiuto regista, ma con lui ebbe un rapporto conflittuale. Ricordo come non nascondeva il suo fastidio quando lo presentavano come alunno di Pasolini.
Il Sindaco ragazzino, il marinese Giulio Santarelli, (successivamente Presidente della Regione Lazio, deputato al Parlamento, sottosegretario nel primo governo Craxi, ma anche nei successivi governi di pentapartito) è il primo Sindaco di centrosinistra di Marino. Un’alleanza nata sull’onda del primo centrosinistra nazionale (4 dicembre 1963).
A Marino la Democrazia Cristiana (grande consenso nell’ambito dei maggiori proprietari terrieri marinesi dell’epoca) ed il Partito Socialista (grande consenso tra l’imprenditoria edile sia marinese che ciampinese) attraverso la mediazione del senatore DC Zaccaria Negroni, una delle famiglie di agrari più potenti del marinese, strinsero un patto politico-economico che permise loro di governare insieme senza inciampi fino agli ultimi anni sessanta, uno dei maggiori comuni, per territorio e popolazione, della provincia romana.
Il censimento del 1951 registra per la frazione del Comune di Marino denominata Ciampino 5.510 abitanti, che nel censimento del 1961 sono 12.277 ed in quello del 1971 arrivano a 28.684 superando di gran lunga tutta la popolazione del rimanente territorio di Marino (tre volte più grande) che registrava 24.825 abitanti.
Il modo con cui nei primi anni sessanta i villini della Città Giardino hanno lasciato il posto ai palazzi e palazzi citati da Cerami, lo ricordano i vecchi di Ciampino. I costruttori o i loro impiegati chiedevano ai proprietari l’acquisto del “vecchio” villino per demolirlo e sostituirlo con un bellissimo e modernissimo palazzo, in cambio di un paio di appartamenti e/o un paio di negozi… e l’affare era ben presto concluso.
Le riflessioni amare di Cerami e le cifre censuali su riportate, credo che possano rispondere in modo esauriente alla domanda che ci siamo posti: ecco come ci sono cresciuti i palazzoni sulle macerie dei villini.
(5ª parte - Fine)