Quando, il 27 gennaio 1945, i soldati dell’Armata Rossa giungono ad Auschwitz in anticipo rispetto ai tempi previsti dai nazisti, che non hanno avuto la materiale possibilità di far sparir le tracce dell’ignominia perpetrata, si ritrovano davanti ad uno spettacolo raccapricciante. Ci sono 7 mila larve umane, denutrite, gli occhi infossati, dallo sguardo assente, veri e propri scheletri ancora in vita, incapaci di comprendere quanto stia accadendo. Rappresentano gli esigui resti di oltre 1.000.000 di ebrei, sinti, rom, testimoni di Geova, omosessuali, handicappati, perseguitati politici, persino semplici prigionieri. Una scena impressionante. Il comandante del reparto dell’Armata Rossa, che per primo entra nel campo, un uomo ormai rotto alle più crudeli esperienze, combattente di una guerra spietata, com’è divenuta quella tra nazisti e sovietici, nella quale ormai non si fanno più prigionieri; ebbene, quest’uomo indurito dalle cruente battaglie a cui ha preso parte, dai prigionieri uccisi, di fronte a questo indescrivibile spettacolo si copre il volto con le mani e si mette a piangere come un bambino.
Auschwitz va ben oltre gli altri 400 lager e campi di sterminio. Rappresenta il massimo di efficienza operativa, costituisce il fiore all’occhiello per un paranoico antisemita quale Hitler, è il risultato più eclatante della “soluzione finale del problema ebraico”, che ha arrugginito i cervelli di Hitler e dei più stretti collaboratori Goebbels, Himmler, Heydrich, Borman. Ad Auschwitz operano lo stratega dello sterminio Eichmann, il comandante del campo Hoss, il Dr. Mengele, autore di aberranti esperimenti “scientifici” sulla carne viva dei bambini.
Dopo Auschwitz realizzano un prolungamento con Birkenau, dove i treni giungono direttamente sulla banchina ferroviaria appositamente costruita all’interno dei due campi e dove quanti non possono lavorare (vecchi, molti bambini e alcune donne) vengono avviati subito alle camere a gas. Tra gli altri vengono internati ad Auschwitz, con sorti diverse, alcune persone note in tutto il mondo. Intendo citare Primo Levi, che scrive un libro autografico memorabile, Se questo è un uomo. Anna Frank, autrice di un “diario” che fa storia, è invece deceduta nel campo di concentramento di Beergen Belsen.
Il regime fascista vanta, al riguardo, precise responsabilità. Dal famigerato binario 21 della stazione centrale di Milano, i fascisti ammassano sui treni diretti verso Auschwitz o verso Mathausen ebrei, antifascisti e quanti sgraditi al regime. Tra i tanti, anche Liliana Segre ed i suoi familiari che non scampano allo sterminio. Miracolosamente Liliana sopravvive, rientra nella sua Milano, ma per anni non può, non riesce a parlare della tragedia. Lo fa solo dopo decenni. Oggi siede nel Parlamento italiano, nominata dal Presidente Sergio Mattarella senatrice a vita, e si reca nelle scuole a ricordare l’orrore vissuto. Ricorda a tutti noi il pericolo dell’oblio, quando non ci saranno più testimoni. Possiamo rassicurarla che non sarà così.
Quanto rimasto del campo di concentramento fa parte del patrimonio dell’umanità, a memoria di quanto accaduto e come monito per tutti. È divenuto un “Memorial Museum”.
L’Italia, con una apposita legge del 2000, ha deliberato: “La Repubblica italiana riconosce il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, Giorno della Memoria al fine di ricordare la Shoah”. A sua volta l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nella seduta del 1° novembre 2005, ha istituito la Giornata Commemorativa del 27 gennaio.
Sergio Caivano