È il Sud
che si muove
dentro
(William Stabile)
Leggere queste poesie di William Stabile, tratte dalla raccolta La forza degli schiavi (prefazione di Stefano Guglielmin) è come avere la percezione di immettersi dentro un flusso dinamico, incessante, ininterrotto, che richiede solo di essere seguito. Le bellissime immagini a colori di Sergio Vecchio, accompagnano questo andare, così come la dedica in ex exergo “questo libro è dedicato a mia figlia G. che mi ha indicato la rotta giusta”. La scrittura di WS è totalmente innocente, spontanea, priva di paura, ricca di spiritualità ed energia creativa. Ci suggerisce vibrazioni che sanno di universale e di cosmico. Si muovono in un flusso intriso di realtà, di contemporaneo, ma anche di mitologico, di letterario, oltre che di reinvenzione immaginifica, fantastica della realtà. Il risultato è una luminosa catena di immagini che ci svelano in ogni caso la complessità dei vari livelli di lettura del testo. Il grande tema della raccolta è quello del viaggio come scoperta di sé e di recupero della propria interiorità e intimità ho attraversato il mondo / & spesso in questo mondo/ mi sono perso – Signore / cercando cercando (p. 17); & lui continuo / attratto / dal mare / (…) sognava di andare / sempre / più in là / (più in là) (p. 49). C’è da un lato il richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell’istante, dall’altro la necessità e il bisogno di (ri)trovarsi e cercare, in solitudine, nuove regole e stili di vita, da cui nasce l’avvicinamento alla spiritualità, ai valori di giustizia, di umanità e di solidarietà. Si ha come la sensazione di ascoltare la voce potente di Gary Snyder «Come poeta coltivo i valori più arcaici che ci siano. Risalgono al tardo Paleolitico: la fertilità della terra, la magia degli animali, la visione di potere nella solitudine, l’iniziazione terrificante e la rinascita, l’amore e l’estasi della danza, il lavoro comune della tribù». E in William Stabile sento palpitare tutto questo, l’ancoraggio a sant’Agostino, l’identificazione con Ulisse, con gli archetipi della storia, con il popolo marginale dei nuovi schiavi, la loro forza e la loro resistenza (la schiavitù moderna è fenomeno presente in quasi tutti i paesi del mondo e non conosce frontiere etniche, culturali o religiose).
C’è ancora il dibattersi incessante tra l’attaccamento alla terra, al suo Sud, a tutti i Sud del mondo: è il Sud / che si muove / dentro e l’impulso irrefrenabile di partire di seguire metaforicamente, alla Conrad, la rotta di mari ignoti e sconosciuti salpare partire / all’arrembaggio / sbarcare / alla prossima spiaggia / & continuare a nutrirsi / di felicità & disperazione (p. 26).
Ma cosa in WS riesce riunire l’io e il Tutto? Credo il senso di appartenenza alla sua terra e alle radici, alla piana del Sele, alla vecchia Paestum, agli antichi templi della Magna Grecia che ritroviamo nell’ultima poesia “Il tuffatore di Pesto”. Di fronte all’immortalità della storia trova compimento la parabola dell’uomo che cerca, come una scintilla, un lampo improvviso, un’illuminazione del cuore e della mente. E l’uomo si riconosce nel poeta, il poeta nell’affresco del tuffatore di Paestum: in fondo / il poeta/ è il tuffatore / che si lancia / a decifrare il linguaggio / sull’onda (p. 50). Come il pescatore è attratto dal mare, il poeta è attratto delle parole. Due realtà complementari, entrambe oscure, entrambe ignote: (Il poeta) non sa cosa / sull’onda / leggerà / e non sa cosa / dal profondo / emergerà (p. 51). Ed è la parola poetica, in ultimo, con il suo potere evocativo e di rappresentazione personale e comunitaria che conferisce e dà nome e senso a tutte le cose. Ecco, quella di WS è una poesia che trascende il proprio tempo per farsi universale: intima e universale al tempo stesso il più delle volte / ci si nutre di piccole cose / che poi si sommano a fiumi / parole affluenti / ed arriva il suo verso / -oh Signore / ad estuario o a delta / preciso o confuso / in tempesta sull’acqua/parola.
L’inusuale semplicità dello stile, il verso breve e rapsodico, donano complessità dell’effetto e plasticità poetica alla raccolta. Vi si percepisce dentro, oltre che forza vitale, per un ritmo che richiama al jazz. I suoi testi colpiscono anche per il multilinguismo, già poeti come Ezra Pound o Thomas Stearns Eliot avevano adottato questa tecnica, per indicare la vicinanza tra culture e persone che appartengono a periodi e luoghi diversi, manifestando un comune spirito “universale” nel tempo e nello spazio. Il linguistic blending, indipendentemente dalle conoscenze linguistiche di chi legge, ci suggerisce sensi e vibrazioni nuove, universali, svelandoci in ogni caso la complessità dei vari livelli di lettura del testo. Concludo ribadendo la positività di questa lettura poetica di WS, in cui ho sentito emergere ed affiorare il potere magico della parola come meraviglia, stupore e azione, nelle sue molteplici sfumature evocative e salvifiche.
Maria Pina Ciancio
William Stabile, La forza degli schiavi
Prefazione di Stefano Guglielmin
Immagini interne di Sergio Vecchio
Dot.com Press, 2016