Una profusione di oro senza pari. Un valore economico, ma, soprattutto, simbolico. Una civiltà perduta o, meglio, annientata da una conquista spietata. E sorprendenti ceramiche, preziosi manufatti, simbolo di elevazione intellettiva, se non spirituale, e di concretezza quotidiana (come entrare in contatto con gli individui di quelle generazioni lontane nel tempo e nello spazio...). Una mitologia affascinante. La città sacra posta ad altezze impossibili: Machu Picchu... E “Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù” è il titolo della mostra splendidamente, come sempre, allestita negli ambienti del Mudec di Milano.
Si spalanca agli occhi degli spettatori uno scrigno di meraviglie di quegli antichi popoli: non solo Inca, ma anche Chavin, Paracas, Cupisnique, Moche, Nasca, Wari e altri ancora. In sovrapposizione, in successione, civiltà che, nonostante le dissennate distruzioni, hanno lasciato all’ammirazione dei posteri frutti di un artigianato sapiente e una produzione artistica d’ineguagliabile bellezza.
Il copricapo frontale con felini e condor in foglia d’oro, 18 carati, della Cultura Moche (100-800 d.C.) lascia stupefatti per la raffinatezza (pare vibrare...). Ti avvolge il gioco delle spirali nelle brocche e bottiglie di ceramica, ti intimorisce e rapisce la stele in pietra rappresentante una Dea con la vagina dentata della Cultura Chavin (1250 a.C.-100 d.C., altipiani settentrionali). Si scorre fra corredi, ori e argenti, tessuti e monili, l’Animale lunare rampante o Drago delle Ande, un tamburo di sciamano (Cultura Nazca, 100-600 d.C.), una straordinaria (terrifica) maschera funeraria (rame e conchiglia di strombo) che riproduce il volto dell’eroe Ai Apaec, protagonista di un’incredibile complessissima saga epica. Un’avventura, quest’ultima, che consente di esplorare “i misteri della cosmologia andina muovendosi trasversalmente attraverso i tre piani dell’universo: il sopra, il qui e il sotto”.
Una curiosità... “La più vasta rete stradale esistita prima della rivoluzione industriale è Inca. L’infrastruttura più impressionante dell’impero inca è probabilmente il suo tessuto stradale. In meno di un secolo gli Inca avevano creato più di 30.000 km di strade, incorporando nelle loro nuove vie gli antichi percorsi esistenti. Questa rete stradale straordinaria, che attraversava uno dei territori geografici più complessi al mondo, unisce le cime innevate delle Ande (a più di 6000 m di altitudine) alla costa, passando per le foreste tropicali umide, le valli fertili e coltivate e i deserti”.
L’itinerario dell’esposizione, potremmo ben dire un viaggio di scoperta, si conclude con la visione di Machu Picchu, sito Unesco, ciclopiche pietre di stupore infinito, pura armonia, testimonianza di sublime maestria per l’ingegno idraulico e agricolo palesati, fra imponenti montagne e foreste, un volo dell’immaginazione, un sogno incarnatosi su scoscese rupi, figlio di Madre Terra – Pachamama, che partorisce l’albero della vita il quale con i suoi germogli e frutti garantisce la continuità della vita – e della resistenza di quelle orgogliose e remote genti.
Alberto Figliolia
Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù. World Heritage Exhibitions France e 24 Ore Cultura, con il patrocinio del Ministero della Cultura. A cura di Ulla Holmquist e Carole Fraresso. Fino al 19 febbraio 2023. Mudec-Museo delle Culture, via Tortona 56, Milano.
Infoline: tel. 0254917 (lun-ven 9-18); sito Internet www.mudec.it.
Orari: lunedì 14:30-19:30, mar, mer, ven e dom 9:30-19:30, gio e sab 9:30-22:30. Ultimo ingresso un’ora prima.