Catena
E penso a te, Maria,
nei giorni d’attesa
del bimbo che in te si culla,
si ciba della bontà materna
per estenderla a un’umanità
che non sempre vorrà accettare
il dono divino dell’amore.
E alla donna, già al quinto figlio,
vive nel terrore di un’altra violenza
perché i soldi non bastano più.
Ma lui li reclama per la sostanza bianca
che gli dà quel che la famiglia non può.
A quella ragazzina, coi sogni in frantumi.
Tra un po’ nasce una figlia indesiderata
perché a quindici anni non è pronta
a essere madre e dovrà rinunciarne
dopo il parto, per non pensarci più.
Alla madre di un bimbo, abortito da tempo
per la paura di metter su pancia
e perdere l’uomo che perfetta la vuole.
Ma la cicatrice invisibile da otto anni
non rallenta la presa sul suo cuore colpevole.
Alla giovane donna chiusa nel bagno
perché ogni mese alla prima traccia rossa
capisce d’aver fallito di nuovo.
Sente che come donna non vale gran ché.
Il ventre è arido, per tutti è donna a metà.
A quella madre nel deserto africano
che partorisce da sola senza assistenza,
e piange perché non sa che dare
alla sua creatura se non la miseria
laddove gli avvoltoi radono al suolo le risorse.
E colei che guarda con occhi velati
i figli adorati che tremano
di paura e di freddo, sotto una pioggia
infinita di bombe che cadono senza pietà,
perché un tiranno ha diviso la terra a metà.
E a quella donna, un po’ tutti noi
che, sola, piange in bagno sfinita.
Non c’è tregua tra impegni in ufficio,
la casa sporca, le esigenze dei figli.
Mentre il marito guarda passivo la partita in tv.
È a te che alziamo gli occhi
Maria, a te che sei donna e madre.
Il figlio tuo Gesù faccia del cuor nostro
la sua grotta, perché nasca in ciascuna
e ci doni la forza che manca
nel travaglio quotidiano.
Perché la donna torni a sorridere
abbracciando il frutto del ventre tuo sacro.
Mai più sola: con te e nel figlio dentro di te.
Christine Borg Farrugia (Malta)
20 dicembre 2022