In una classe elementare di Serone la maestra assegna all’alunno il compito di raccogliere notizie sulla bomba che si narra sia caduta sul Palazzo del Podestà di Caspano. La ricerca appare subito difficile, ma certamente non impossibile. La mamma del bambino si preoccupa di aiutare il figlio e così passa la voce di vicino in vicina per far luce sulla vicenda. La domanda arriva infine alla destinazione giusta.
Le notizie disponibili sono al momento quelle familiari e risalgono al nonno Felice che era nato nell’Ottocento del secolo scorso ed era già anziano quando la Seconda guerra mondiale chiamò i suoi figli più giovani al fronte. Quelli più grandi erano negli Stati Uniti e la guerra l’avrebbero fatta i nipoti arrivando sul suolo dei Padri da liberatori. Il nonno viveva a Caspano e abitava nel Palazzo del Podestà. Egli raccontava che un giorno, non si sa bene in quale stagione dell’anno, cadde una bomba nel cortile del Palazzo terrorizzando tutti. Chi stava nei paraggi e chi stava più lontano scappò gambe in spalla. Pare non ci fossero state persone colpite e questo indurrebbe a pensare molto, fino a far supporre che forse si era trattato di una granata lanciata chissà come.
La conseguenza fu comunque la distruzione di gran parte della muraglia che difende il Palazzo dal lato Sud. L’ordigno aveva creato un fosso enorme. Una buca profondissima che era paurosa solo a vedersi e, soprattutto, si temeva che qualche scheggia potesse far male a qualcuno. Nessuno si fidava di andare a dormire in casa e di portare gli animali nelle stalle. Si poteva anche scivolare in quell’abisso che avrebbe ben potuto ospitare una invitante piscina. Per cautela era meglio stare a grande distanza. Spesso mi chiedo se l’albero che mezzo secolo fa era piantato nel bel mezzo del cortile fosse un residuo del riempimento del vuoto scavato dalla bomba. Con il tempo sono spariti l’abisso e l’albero di cui conservo un bel quadretto disegnato a mano da mia sorella Giovanna.
Anche il famoso Draghetto di Caspano, se per caso ancora stesse aggirandosi nei paraggi, pensò bene di mettersi al riparo. E poi, con la caduta della grande muraglia, le correnti nel Palazzo erano diventate insopportabili. Spifferi da tutte le parti. Il vento fischiava nelle orecchie ed ancora oggi che la struttura è stata riparata si può sentire il turbinio dei venti che avvolge le colonne fino quasi a volerle far cadere. Possiamo immaginare il freddo che il nonno dovesse soffrire senza più la maestosa protezione! Anche i grandi baffi attorcigliati si rizzavano dal gelo. Il contrasto nel Palazzo è proverbiale. Contrasto significa correnti da tutte le parti. Sarà pure una caratteristica del grande edificio, ma ciò non toglie che renda necessario coprirsi sempre, mesi estivi inclusi.
Tornando alla guerra, nei giorni successivi alla caduta della bomba nel cortile, gli artificieri, presto all’opera in quelle giornate di conflitto, vestiti di tutto punto, furono celeri a rimuovere l’esplosivo lasciando il compito di riparare il danno ai superstiti testimoni oculari del grave ed inatteso evento.
Andando dietro il Palazzo del Podestà si vede chiaramente come la muraglia sia di colore diverso. In basso è più chiara ed in alto è più scura; segno che, nel corso di tanti anni, la corrosione del tempo ha lavorato diversamente sui minerali.
A noi restano i racconti dei progenitori e il documento vivente che, se potesse parlare, ci racconterebbe che cosa sia avvenuto veramente tanto tempo fa.
L’imponente opera muraria sembra sia alta circa un terzo del Palazzo. Ci vorrebbero gli strumenti adatti per misurarla con precisione. Comunque, anche noi potremmo prenderne le dimensioni con un rotolone di fettuccia come quello usato dai bambini della Scuola dell’Infanzia di Talamona per circoscrivere tutto intorno il grande monumento. La muraglia è fatta di terra, pietre, sassi, ferro, forse legno; alla lontana, fa pensare ad un pezzetto della grande muraglia cinese, siamo in presenza di una piccola grande muraglia. I materiali sono sovrapposti con maestria, posizionati in modo diverso dal basso verso l’alto, da destra a sinistra, e viceversa. L’arte dell’artigiano montanaro è ben visibile. Sembra un ponte creato per mantenere vicine le due braccia del Palazzo del Podestà che avvolgono calorosamente la valle silente e addormentata. La grande muraglia del Palazzo del Podestà di Caspano, ricostruita a dovizia, rende compatta la fortezza dominante il paesaggio montano. Se si guarda a tutto il complesso dalla strada sottostante si ha proprio la sensazione di essere davanti ad un Castello con torri, labirinti, passaggi segreti visitati da pipistrelli, rondini, cervi, draghetti, streghe e fantasmi.
Quando piove, l’acqua schizza fuori dalle venature della muraglia permettendo la respirazione. Quelle enormi fessure sono il sistema respiratorio del Palazzo del Podestà. Sembra un grosso signore, proprio un Podestà pietrificato, intento a controllare dalla cima i paesi grandi e piccini, i boschi e i prati, abitati da paesani, turisti, folletti, gnomi e fate.
Stiamo attenti a non disturbare il suo sonno profondo e tranquillo, perché se improvvisamente lo svegliassimo, senza preavviso, sarebbe capace di farne delle belle. Potrebbe addirittura riprendersi quell’autorità che più di quattro secoli fa seminava gioia e dolori tra i nobili e la plebe. Questo accadeva presumibilmente prima dell’invenzione del diritto alpezzandi, pasculandi et buschezzandi. Un diritto talvolta riaffiorante nelle mentalità, nelle esperienze e nelle registrazioni catastali di Caspano, con dizioni, a dir poco, originali.
Sandra Chistolini