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Giuseppina Rando. Nota a margine di “Tasmania” di Paolo Giordano
04 Dicembre 2022
 

Paolo Giordano

Tasmania

Einaudi, 2022, pp. 272, € 19,50

 

Scrivo di ogni cosa che mi fa piangere.

 

Lo scrittore Paolo Giordano in questa sua ultima pubblicazione sembra decisamente staccarsi dai suoi precedenti libri.

Tasmania pare aprire una nuova stagione segnata da una scrittura intersecata da storie ed ordigni, un’infinità di ordigni, dalla atomica alle raffiche nel Bataclan, dagli attentati kamikaze in Europa fino ai botti di Capodanno a Roma nel 2021 che fecero strage di storni nel centro. L’autore scrivendo si pone delle domande, prendendo atto però che la Scienza e lo scibile umano non danno mai risposte né alle personali angosce né riescono a risolvere le crisi del mondo in cui viviamo.

Ogni pagina di Tasmania è la rifrazione tra ciò che accade dentro e fuori di noi. In un flusso di coscienza si dipanano le varie fasi della crisi emotiva che il protagonista vive, inestricabilmente legato al pianeta martoriato dagli effetti del cambiamento climatico, delle guerre, del terrorismo e della povertà.

Il titolo Tasmania riguarda pochissimo l’isola dell’Australia che viene ricordata soltanto come luogo ideale per rifugiarsi e difendersi in caso di catastrofe. Non è facile definire il genere del libro.

È romanzo, saggio, reportage giornalistico e divulgativo ed è anche viaggio del protagonista alla ricerca di se stesso nel labirinto della propria interiorità.

È la voce narrante di uno scrittore che ha studiato fisica, ma che lavora per il Corriere della sera, un io vero e fittizio insieme. Si chiama Paolo, ha quarant’anni, sposato ed è mite di carattere. Qualcuno ha scritto che il libro è un’autofiction; in verità c’è da chiedersi se in Tasmania, dietro la voce narrante, non si nasconda l’autore.

Senza dubbio temi come la crisi climatica e la disparità di genere (qui con chiaro riferimento all’ambito accademico) sono argomenti cari allo scrittore Paolo Giordano. In Tasmania essi s’intrecciano al racconto della crisi del protagonista che, quarantenne, mette in dubbio tutto: il proprio matrimonio per una paternità biologicamente mai realizzata, la propria vocazione di scrittore, le amicizie consolidate. Inquieto, non trova pace né sul piano personale né su quello intellettuale e allora si apre all’ascolto di amici ed esperti che possano far chiarezza: è così che si confronta con Novelli, accademico disordinato, esperto di cambiamento climatico, poi con Curzia, giornalista impegnata nelle indagini sul terrorismo, col sacerdote Karol e col suo amico Giulio. Ognuno di questi personaggi va a toccare corde sensibili del suo vissuto, ognuno lo aiuta a comprendere meglio come affrontare la crisi matrimoniale e come trovare equilibrio nella marea dei problemi intellettuali contemporanei. Aiuti, però, che non risolvono le incognite alla radice. Così Tasmania si rivela specchio dei nostri tempi con tutti i lati oscuri della fragilità umana e le diffuse paure. Passato e futuro si intersecano e le radiazioni delle bombe atomiche di Nagasaki e Hiroshima dell’agosto del 1945 continuano a generare reazioni a catena in cui l’ambiente è la prima vittima …perché i morti stessi sono radiazioni. Il corpo umano è formato da miliardi e miliardi di atomi, per lo più di idrogeno,ossigeno e carbonio, ma in concentrazioni minori ci si trova di tutto: potassio, litio, cesio, perfino uranio. Una volta polverizzati i corpi, gli atomi continuano ad esistere e quelli instabili a emettere radiazioni: raggi alfa, beta e gamma, neutrini che attraversano indisturbati la materia, verso lo spazio aperto, per migliaia e migliaia di anni. Perciò i morti sono radiazioni…

Un libro complesso dove i fatti si possono leggere anche come metafore: si disintegrano coppie, relazioni sociali, amicizie. Ciò che esisteva non esiste più esattamente come l’ambiente che ci circonda e rimettere insieme le tessere del puzzle è impossibile.

Scrive Giordano: Non eravamo solo una storia d’amore in crisi, eravamo anche un’infinità di altri aspetti inestricabili, un sistema di abitudini consolidiate, una rete di relazioni sociali, un apparato burocratico. Dovevamo continuare a funzionare. E funzionare ci costava pochissimo.

E non credo che l’autore si riferisse soltanto alla coppia Paolo-Lorenza perché in questo libro non c’è solo l’autoanalisi del singolo, c’è tanto della nostra collettiva esistenza fragile e deragliata a ridosso della pandemia, della guerra e della siccità. Giordano non dà, ovviamente, lezioni, forse soltanto suggerimenti come quello di imparare a nuotare nel buio… rimandando, per certi aspetti alla “resistenza passiva” di Mahatma Gandhi cui si attribuisce la famosa frase: “La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia”.

 

Giuseppina Rando


 
 
 
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