Come fotografo di guerra, spero di restare disoccupato fino alla fine della mia vita.
Se le tue foto non sono abbastanza buone, vuol dire che non eri abbastanza vicino.
Iconico è certamente un aggettivo non sprecato quando si racconta la parabola di un artista dell’immagine quale Robert Capa fu. Raffinato fotoreporter e testimone del tempo, Endre Ernő Friedmann – Robert Capa sarebbe divenuto più tardi – era nato a Budapest nel 1913 e sin da giovane aveva manifestato non solo il proprio talento, ma anche la propria coraggiosa indole. Difatti nel 1931 era stato arrestato per avere partecipato alle manifestazioni contro il regime instaurato in Ungheria dall’Ammiraglio Horthy. Questa prima disavventura lo costrinse a lasciare il Paese natale per approdare a Berlino dove inizialmente si era dedicato a studi per divenire giornalista. Ma la macchina fotografica era già nel suo destino. Il primo successo fu costituito da una serie di immagini scattate, nella circostanza, a Copenaghen a Lev Trockij in conferenza e vendute alla rivista Der Welt-Spiegel. In ogni caso presto dovette lasciare anche la Germania, in quanto inviso al nascente nazionalsocialismo.
Il successivo spostamento avvenne verso Parigi, dove conobbe Henri Cartier-Bresson, David Seymour e Gerda Taro, che divenne la sua fedele compagna d’arte e di vita. In tale frangente Capa racconta scioperi e manifestazioni, la vittoria alle elezioni del Front populaire una coalizione delle sinistre guidata da Léon Blum.
Chi non ricorda la celeberrima immagine del miliziano, ripreso mentre cade colpito a morte durante la guerra civile che insanguinò la Spagna? A dire il vero, quella foto fu anche contestata da alcuni in quanto ritenuta una ricostruzione. Sta di fatto che essa rappresenta alla perfezione tutta la terribilità della guerra. E in quel conflitto da macello, in cui il fascismo finì per trionfare, Robert Capa perse la compagna, Gerda Taro, che con lui aveva affrontato quell’avventura. Una ferita, un trauma che tuttavia non lo distolse dal suo mestiere di fotogiornalista nel cuore degli eventi.
Dalla Spagna all’Estremo Oriente... Capa documentò la seconda guerra sino-giapponese, raccontando anche la vita quotidiana: magnifica per effetto coreografico e costruzione la fotografia che ritrae i bambini che giocano sulla neve e con la neve. Rifulge tutta la capacità di cogliere l’attimo giusto nell’occasione giusta. Pare un dipinto in bianco e nero e, nonostante lo studio che di certo lo precede, ne apprezziamo tutta la spontaneità. Similmente si può dire della corsa affannata della folla dietro un risciò. Efficacissimo il ritratto di Chiang Kai-sheck.
L’allestimento proposto dal MUDEC per questa mostra delle foto di Robert Capa è, come sempre, prezioso e razionale, ottimizzando lo spazio che viene dedicato alla fotografia. Sono oltre ottanta opere, alcune esposte per la prima volta in Italia, che si pongono all’attenzione del pubblico coprendo tutto l’arco della carriera di Robert.
Dopo la penisola iberica e il lontano Est del pianeta fu la volta della seconda guerra mondiale, altra immane tragedia.... Dagli effetti dei bombardamenti su Londra, al Nord Africa e alla Sicilia – indimenticabile il Contadino siciliano indica a un ufficiale americano la direzione presa dai tedeschi – da cui risalirà pian piano: Paestum, Napoli, Montecassino. Son spesso foto di gruppo, non solo di devastazione. L’idea della rinascita è insita, per quanto le macerie sembrino testimoniare il contrario. E il viaggio prosegue: Omaha Beach, Parigi, le Ardenne, Bastogne, la Germania (paracadutandosi oltre il Reno con le truppe USA), Lipsia, la devastazione di Berlino. Profughi; una probabile collaborazionista, il capo rasato a zero, che cammina nella gogna, fra la gente che la dileggia e disprezza; feriti. Un quadro drammatico, impressionante.
La guerra finisce, ma inizia quella fredda... Anche se Robert Capa riuscirà, con l’amico John Steinbeck, a visitare l’Unione Sovietica. Nel frattempo il fotografo ha fondato l’Agenzia Magnum. I due pubblicheranno nel 1948 A Russian Journal: Mosca e Stalingrado, Kyiv e Tbilisi, i kolchoz. Meraviglioso e incredibilmente evocativo lo scatto intitolato Donne che camminano in un panorama deserto. I 4.000 negativi di Capa furono comunque tutti visionati dalla censura sovietica prima che egli potesse lasciare la nazione. È tuttavia una fantastica immersione nelle modalità quotidiane dei popoli visitati in quel viaggio nello sterminato Paese: le danze, la mietitura, la speranza, le bellezze architettoniche... ma anche le rovine.
Nel 1950 esce Report on Israel, con testi di Irwin Shaw, un reportage sulla proclamazione dell’indipendenza della nazione della stella di David, sulla successiva guerra arabo-israeliana, fra Tel Aviv, Gerusalemme e la Galilea. Ritratti bellissimi, sempre in quello splendido b/n, capace di restituire, nel gioco di luce e ombre, nel contrasto, ogni sfumatura emotiva e sentimentale.
1954, Guerra d’Indocina: altra devastazione... E qui il grande geniale fotografo troverà la morte calpestando una mina antiuomo. Aveva solo quarant’anni. Ma il suo lascito artistico, storico e culturale ha il crisma dell’immortalità.
Alberto Figliolia
Robert Capa. Nella Storia. MUDEC Photo, via Tortona 56, Milano. Mostra prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura, curata da Sara Rizzo e in collaborazione con l’agenzia Magnum Photos. Fino al 19 marzo 2023.
Orari: lun 14:30-19:30; mar, mer, ven e dom 9:30-19:30; gio 9:30-22:30.
Info: tel. 0254917 (lun-ven 10-17): www.mudec.it.
Biglietti: intero 12 euro, ridotto 10 euro. Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura.
Illustrazione. Robert Capa, Un contadino siciliano indica a un ufficiale americano la strada presa dai tedeschi - Presso Troina, Sicilia, 4-5 agosto 1943
© Robert Capa © International Center of Photography/Magnum Photos