“L’Europa va realizzata con l’unità nella diversità”: queste le testuali parole pronunciate alla Camera dei deputati da Giorgia Meloni nel suo discorso programmatico che ha preceduto il voto di fiducia al nuovo governo.
Ai federalisti europei, che hanno quel principio nel loro dna, non è parso vero di udire questa affermazione da parte della leader di Fdi, un partito notoriamente poco propenso all’Unione europea e molto più vocato al sovranismo neonazionalista. Peccato che il nuovo premier (l’articolo maschile è d’obbligo nel rispetto della sua volontà, anche se non assicuro di riuscire a mantenerlo per il seguito) abbia sottolineato come “quello che sfugge ad alcuni è che per credere nell’integrazione europea non è necessario essere federalisti”, citando Charles De Gaulle quale esempio cui fare riferimento. Il generale francese in realtà fu sostenitore di quella ‘Europa delle patrie’ ben accetta da parte di chi guarda al modello confederale come sistema ideale per le istituzioni europee.
Tutti per uno e uno per tutti? Macché, ognuno per conto proprio a rivendicare i propri interessi, anteposti a quelli comunitari. A scanso di equivoci, Meloni ha aggiunto che lei agirà sempre e solo per difendere l’interesse nazionale italiano. Una scelta sbagliata, inutile e dannosa per far fronte a questioni epocali come il rincaro del prezzo dell’energia e delle materie prime, quando il precedente della condivisione del debito in occasione dell’emergenza sanitaria ha dimostrato la validità di risposte solidali e comuni.
I nuovi governanti dovrebbero capire che spesso e volentieri gli interessi nazionali coincidono con quelli europei, come aveva ben compreso il loro predecessore Draghi. Quello che sfugge invece a Meloni è che per rafforzare l’Ue in materie quali l’energia e la difesa, dove è prevista la possibilità di veto degli stati nazionali, occorre attribuire il potere decisionale a un’entità istituzionale europea, quindi alla Commissione e/o al Parlamento europeo. Del resto le distinzioni esistenti anche all’interno alla coalizione governativa stanno già venendo a galla, basta citare il sostegno annunciato dalla neo premier alla riattivazione della ‘operazione Sophia’, la missione Ue volta al contrasto della tratta degli esseri umani, già bocciata da Salvini nel timore di ulteriori invasioni di migranti in Italia. E come la mettiamo col neo ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che decisamente non ha avuto un gran debutto europeo? Arrivato a Lussemburgo per dibattere con gli omologhi Ue delle strategie per far fronte al rincaro delle bollette, ha confuso il Consiglio europeo, l’organismo che riunisce i capi di stato e di governo europei, col Consiglio d’Europa, che si occupa invece della difesa della democrazia e dei diritti umani, ma non ha nulla a che vedere con l’Unione europea. Può darsi che sia stato un errore dovuto all’inesperienza, ma c’è da augurarsi che l’intrepida Meloni si presenti il 3 novembre all’appuntamento coi presidenti europei (Von der Leyen della Commissione, Michel del Consiglio e Metsola del Parlamento) con ben altra preparazione per poter partire col piede giusto e farsi valere.
Guido Monti