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Marisa Cecchetti. “La fuga di Anna” di Mattia Corrente
05 Agosto 2022
 

Mattia Corrente

La fuga di Anna

Sellerio, 2022, pp. 260, € 16,00

 

Un anziano si chiude la porta alle spalle portandosi dietro una grossa valigia e sale sull’aliscafo che da Stromboli va a Messina. È Severino, che è stato impiegato postale in varie località della Sicilia, e ora va in cerca di Anna a più di un anno dalla sua scomparsa, perché è sicuro che la moglie non è morta.

Ho messo i jeans sbiaditi che tanto odiavi. Quante volte mi hai rattoppato le tasche, ricucito la cerniera, i passanti della cinta. Mentre li abbottonavo ti ho immaginata in cucina a braccia conserte, schiarirti la voce fingendo un colpo di tosse. Ma quant’era bello, quel tuo tossire sempre puntuale, la tua voce che mi chiamava per nome e mi sorprendeva di spalle in soggiorno”.

Lui l’ha amata tanto. Il giorno delle nozze -siamo negli anni ’60 in un paese della Sicilia- lei si era rifugiata nel casotto di caccia del padre, già vestita da sposa, e diceva che non voleva più sposarsi, e non apriva la porta a nessuno. Lui l’aveva raggiunta, tornando indietro dalla chiesa e correndo sotto il sole, ed era riuscito a convincerla e a portarla con sé.

Ma “il primo amori di una figlia è so patri”: un legame profondo tiene legata Anna al padre che l’ha cresciuta nel rispetto della libertà: “Tu sei Anna. Anna è libera”.

Ma Beppe un giorno aveva abbandonato la moglie e le due figlie, Anna a Nina, e aveva fatto perdere le proprie tracce. Eppure amava Serafina che da quel giorno si è vestita a lutto e non ha smesso mai di aspettare il suo ritorno.

Perché un padre abbia fatto una scelta così dolorosa, Mattia Corrente non ce lo può dire, anche se lascia dei segni che suscitano domande, come quella Torah di cui Beppe legge qualche pagina ogni sera. Ma dov’è?

Anna conosce il segreto del padre, glielo ha confessato prima di partire quando lei aveva solo otto anni, ed ha taciuto per tutta la vita.

Per Serafina, rimasta sola a crescere due figlie, senza la sicurezza che le proveniva dal marito, diventa fondamentale che entrambe le figlie si sposino e che un uomo si prenda cura di loro. Nonostante la propria sorte lei è convinta che niente lega di più un uomo alla famiglia, di quanto lo possa legare un figlio. E se in principio non c’è amore, “l’amuri veni chi figghi”.

Anna vorrebbe un’altra vita, non quella che le offre un matrimonio, ma non può far soffrire la madre; non desidera nemmeno un figlio, lo cerca tuttavia con disperazione perché lei sia tranquilla, e perché crede che questo sia il più grande desiderio di Severino.

Nessuno dei due coniugi ha mai conosciuto bene i desideri dell’altro, anche se hanno vissuto insieme fino alla vecchiaia.

Severino trascina dunque la sua valigia e va alla ricerca di lei, ripercorrendo tutte le tappe della loro vita, a Ortigia, Tindari, Patti, a rivedere le case dove hanno abitato, a ritrovare o disseppellire qualcosa che è rimasto, a incontrare persone ormai vecchie che hanno fatto parte del loro passato e che potrebbero dare qualche informazione importante.

Nostalgia, dolore, rimpianto, accompagnano il tenace percorso di Severino: lui trova finalmente i segni che gli rivelano Anna, quella vera, ciò che amava e ciò che aveva accettato per dovere.

Se è vero che da ogni viaggio ciascuno torna diverso, anche Severino subisce una progressiva trasformazione di tappa in tappa e, mentre scopre Anna, -che comunque gli ha dedicato tutta la vita- ritrova anche se stesso, si reinventa, più libero.

Dei fuggitivi, Beppe nel 1959 e Anna cinquanta anni dopo, conosceremo le scelte e la sorte lentamente, con perfetto dosaggio di informazioni.

È un romanzo che nasconde misteri e tiene agganciato il lettore, dove il dialetto, sposandosi all’italiano, accresce la musicalità e la poesia. La poesia sta nella bellezza di quel mare e di quelle terre, nei profumi, nelle voci: “Ortigia conserva sempre la sua luce, un bagliore rosso in mezzo al mare blu cobalto. Le case color sabbia coi portoni incastonati nella pietra, le strade terrose, i gatti sdraiati nelle fioriere di piante grasse, le vecchie con i capelli intrecciati in impeccabili chignon sedute sull’uscio a fissare i turisti di passaggio. I corridoi di cielo sopra le vie, i palazzi abbandonati alla bellezza dell’incuria, raffiche di odori che il vento ruba scavalcando le grate delle finestre, dei ristoranti, le botteghe, le case”. Ma sono poesia la generosa umanità di Severino, le scelte coraggiose di Beppe e di Anna, le creature che emergono dal passato, i nuovi incontri.

Ci sono figure che sembrano appartenere alla tragedia greca, basta pensare a Serafina vestita di nero, capace di scambiare la propria vita col bene supremo di Anna e di Nina. C’è un coraggio che nasce da convinzioni profonde, da scelte etiche e d’amore, in una storia dove il rispetto per gli altri e la ricerca personale di libertà sono in lotta tra loro, in un’epoca e un contesto in cui le tradizioni sono fisse, statiche, ed il pensiero con loro. Vince comunque la libertà.

 

Marisa Cecchetti


 
 
 
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