Non sempre vincono i più forti.
E nemmeno i più ricchi.
È questo che affascina, della Storia: qualche volta, può capitare che i Greci sconfiggano l’impero persiano. Ed è per questa ragione che la gente ci si butta, nella Storia, anche a rischio di perdere la vita: perché, convinta dei suoi ideali, sogna di ribaltarla.
Permettetemi il blasfemo confronto: lo stesso accade nel Calcio e nello Sport. Per quale motivo un tifoso dello Spezia dovrebbe andare allo stadio per vedere una partita contro la Juventus? Perché sa di avere una sola possibilità su cento di vincere, ma proprio in essa confida. Questa, è la ragione per cui molti seguono il football: la ricerca dell’Utopia è la Favola del Calcio. Che raramente si può raccontare ma che, quando si fa, è una meraviglia.
Come quest’anno. Il Milan rappresenta solo la quinta spesa sportiva tra le squadre della Serie A: Juventus, Inter, Napoli e Roma lo superano nettamente. Eppure, alla fine, si aggiudica lo Scudetto, perché anche nel calcio il miracolo è dietro l’angolo. Nel 2016 è toccato al Leicester, in Inghilterra, di trionfare superando squadre molto più danarose e titolate come Liverpool e Chelsea, Manchester United e City; nel 2021, il Lille, in Francia, ha preceduto i nababbi del Paris Saint Germain, quelli che ogni anno comprano tutti i migliori giocatori al mondo (pure Messi) ma la Champions non la vedono mai.
Stavolta, il miracolo è accaduto a un Milan “proletario”, con una delle rose più giovani della Serie A, che nessuno giudicava favorito per la vittoria finale. Perché i suoi giocatori, a caccia di una Favola da narrare, hanno messo qualcosa in più dei loro colleghi, quello che retoricamente si chiama “cuore” ma che in pratica significa umiltà, coraggio, capacità di soffrire e nervi saldi: proprio come gli Ateniesi a Maratona. Dei valori che non vanno molto di moda, oggigiorno, ma che restano alla base del successo per chi non può permettersi di arrivare in alto con i soldi.
Prendete la partita decisiva, il derby del 5 febbraio: l’Inter domina per 60’, va in vantaggio e si permette di sprecare il colpo del ko. È superiore, l’Inter, e lo sa. Il Milan barcolla ma resiste stringendo i denti. Quindi, quando meno te lo aspetti, reagisce e sorpassa i neroazzurri con una doppietta di Giroud, un attaccante 35enne che il meglio sembrava averlo già dato, nella sua carriera. Invece è lui a essere decisivo, così come quello sbruffone antipatico (a molti, non a me) di Ibrahimovic. Un campione 40enne che, in allenamento, ha costretto i suoi compagni a stare sul campo fino all’ultimo e anche oltre, consigliandoli, sgridandoli, stimolandoli. Prima di lui, quello del Milan era uno spogliatoio che aveva provocato l’esaurimento nervoso a uno tosto come Ringhio Gattuso, ora è lo spogliatoio dei campioni d’Italia.
E poi, tante altre favole. Quella di Pioli, l’allenatore “normale” che non fa mai proclami, che non corre dietro agli arbitri come tanti suoi colleghi, che a 56 anni non aveva mai vinto nulla di nulla. Quella di Messias, il fattorino brasiliano che ha calcato per la prima volta un campo di Serie B a 28 anni e a 31 si trova con lo Scudetto sul petto. Quella di Calabria, cresciuto nelle giovanili del Milan sognando il Tricolore o di Tonali, che pur di restare nella squadra per cui tifava da bambino si è ridotto lo stipendio, perché non tutti i giocatori sono come Donnarumma o Çalhanoğlu, non per tutti i danee sono l’unica cosa che conta.
Tante piccole storie di persone comuni, che per loro fortuna si trovano a fare un lavoro ben remunerato dalle leggi di un mercato folle. Ma che restano, comunque, persone.
Grazie a loro, la Favola del Calcio si è ripetuta ancora una volta.
Restiamo in anelante attesa della prossima.
Mauro Raimondi