Aldemaro Toni
Calma d’amore
Racconti. II
Edizioni Dell’Erba, 2022, pp. 116, € 15,00
Torna con una seconda raccolta di racconti Aldemaro Toni, già comparsi nella rivista Erba D’Arno di cui è il direttore. Appartengono ad un arco temporale che va dagli anni ’70 agli anni ’90 del secolo scorso. Un narrare essenziale, fotografico, che fissa colori, figure, momenti.
Realistico e sognatore al tempo stesso Toni, creativo e immaginifico, capace di passare dal flash veloce a una panoramica più ampia. Autoironico quando serve, ricercatore della bellezza nell’ambiente, amante del silenzio, incline comunque ad una struggente malinconia che nasce dalla percezione stessa della bellezza e dalla consapevolezza della sua fugacità. Niente è per sempre.
La figura femminile attraversa tutta la raccolta, molti sono i nomi di donna, molte le situazioni create da chi ha sempre sognato di scrivere storie. Così compaiono le coppie più strane, talora surreali, ma le differenze e le assurdità non hanno importanza: “che m’importa, dico, e penso alle maniere tanto diverse in cui si può vivere”.
È come se di un’unica donna Toni declinasse con ironia affettuosa tutti i suoi possibili aspetti, come se in una donna fossero disperse e assommate tutte le tipologie reali o sognate. La donna rimane un mistero sempre da scoprire, e “l’amore è qualcosa che costantemente ci regaliamo l’uno con l’altro, e lei è il segno delle possibilità anche belle che ci riserva la vita”.
Questo non gli impedisce un sorriso: “Sonia è pesante anche quando stira, batte il ferro sulla griglia come i tacchi un caporale”; né nega l’interesse della ragazza più giovane di vent’anni: “so bene l’importanza per lei del mio conto”; e riconosce speciali abilità organizzative: “mia moglie se avesse fatto la suora, l’avrebbero fatta badessa”. Non è esente dal chiedersi se sia salutare per una relazione stare un po’ insieme e un po’ no: “forse è così che noi due dobbiamo vivere; insieme e un po’ separati, senza sovraccarichi e fastidi per stare ognuno nel proprio luogo, ma anche convivere nel calore delle stanze, ne abbiamo bisogno, quando è più arida e insopportabile la vita”.
In uno stile diaristico volutamente semiserio, o potremmo dire simil tragico, leggiamo la fuga dello scrittore dalla banalità e dall’ovvio, ed allo stesso tempo la necessità di non affondare in una “palude morta”, constatato il crollo delle illusioni, quando ci si rende conto che verità, bellezza assoluta e illusioni appartengono solo all’infanzia, e che la noia rimane in agguato. Doloroso riconoscere che gli errori si ripetono perché “gli uomini non cambiano”.
Allo stesso tempo Toni apre una finestra sulla propria vita, su interni di famiglia pieni di calore, su complicità intellettuali, in una volontà costante di osservare, capire e mantenere quella posizione critica oggettiva di fronte agli eventi, che serve per non adeguarsi al gregge.
La Natura viene in aiuto, le lunghe passeggiate nel silenzio e nel verde portano ristoro. La montagna lo attende: “Sono qui nel rifugio intorno al fuoco. Degli amici cantano. Si sorseggia roba calda e tu ti penso costaggiù al mare, col sole che scotta e una voglia di tuffarti a tutte le ore. Bella, la montagna dà le sue soddisfazioni e io, lo sai, ne ho bisogno, come tu hai bisogno del tuo mare”. La “favella toscana” risuona carica di echi musicali, nel narrare di Aldemaro Toni.
Marisa Cecchetti