Un universo/caos. Un flusso di pensieri profondi e acuminati. Nuclei che Pietro Tanzola, vent’anni appena, sospinge in un luogo-non luogo che, stranamente, considerati i presupposti, si fa limpidamente percepibile. Una metamorfosi possibile ma solo ad una condizione. E la condizione è questa: il contatto diretto con il caos. Perché è questo che occorre innanzitutto, il saper riconoscere il caos, e una volta riconosciuto farlo diventare un centro poetico coerente.
Il contatto diretto con il caos, si è detto, come conditio sine qua non. Ma perché si realizzi cosa occorre? Occorre, certamente, una piena appercezione di sé stessi ma anche il saper guardare alle proprie radici, a ciò che le informa e costituisce, ossia quel passato che non è solo insieme di esperienze ma anche epica e mito. È soltanto così che il caos si fa “totalità di un’esperienza/ vitale”. Ed è soltanto in questo modo che Pietro Tanzola può diventare “protagonista dell’ennesima Odissea” e capire “che in quel caos/ c’è l’ordine per cui sto lavorando”.
“Totalità di un’esperienza/ vitale”. Ovvero: mettersi totalmente in gioco (“scrivo nuove formule/ scrivo nuovi teoremi”) perché nel nord della bussola l’epica e il mito coincidano con ciò che noi siamo qui ed ora e si possa arrivare a dire in una piena assunzione di responsabilità: “sono l’unico eroe di quest’attimo”.
Un attimo e una totalità che Pietro Tanzola compone e ricompone con un linguaggio chiaro ed equilibrato e che saprà farsi nei suoi prossimi lavori ancora più consapevole e definito. (Silvia Comoglio)
Κόσμος
Cerco di riordinare il mio Universo,
un’entropia irrisolvibile.
Provo a controllare le leggi che lo governano
togliendo più pesi possibile,
che galleggiano nell’assenza di gravità.
Ho paura di non poter più vedere
quei colori,
siderei,
che le galassie diffondono
e che risaltano nell’oscurità del vuoto.
Scrivo nuove formule,
scrivo nuovi teoremi,
scrivo qualche poesia.
Più scrivo
e più mi rendo conto che
la penna
ferisce più della spada,
e che questo vale anche per chi la utilizza.
Forse,
quando sarò sovrano del mio Universo,
sarò una parte
ordinata
del tutto.
Ma
togliendo, togliendo, togliendo,
scopro angoli remoti del vuoto,
pieni di quei colori
siderei.
Lì, protagonista dell’ennesima Odissea,
capisco che in quel caos
c’è l’ordine per cui sto lavorando.
Contraddizione,
pace,
in cui non aver paura.
Galleggio nel vuoto,
pieno in questa immensa piccolezza.
Ulisse
Nei viaggi
ci sono sempre storie, umane, che collidono.
Fili intrecciati che si toccano
come si può toccare l'idea di bene,
un attimo.
Collidono come fanno gocce di colore diverso:
si contaminano, si arricchiscono,
ed è il punto di incontro quello di cui si ha più
nostalgia.
Mi chiedo
se alla fine del viaggio,
uno dei tanti,
quando i colori forse saranno sbiaditi
e anche l’inchiostro,
proverai
nostalgia.
Nei suoi occhi
Nei suoi occhi
vaga l’impronta del
caos
La totalità di un’esperienza
vitale
che in me si dirama
Spazio bianco tra
una parola e un’altra
Sono l’unico eroe di quest’attimo
Dolci lampi di rugiada
Pietro Tanzola