Roy Jacobsen
Gli invisibili
Saga dei Barroy
Traduzione dal norvegese di Maria Valeria D’Avino
Iperborea, 2022, pp. 347, € 18,00
“A febbraio a volte il mare è uno specchio turchino. Coperta di neve, Barroy somiglia a una nuvola in cielo […] L’isola ha un bordo di ghiaccio che racchiude anche gli isolotti più vicini, è diventata più grande”.
Roy Jacobsen, con Gli invisibili, ci porta su questa isoletta con quattro edifici soltanto, a sud delle isole Lofoten, dove vive un’unica famiglia che ha lo stesso nome dell’isola. Ci sono tre salici, quattro betulle, cinque sorbi, poi cespugli bassi e lo spazio diviso da muretti in nove prati dai nomi più evocativi e poetici
Siamo all’inizio del secolo scorso e Martin, il nonno, Hans e Maria con la loro figlioletta Ingrid, Barbro, sorella di Hans, strappano al mare ed alla poca terra dell’isolotto ciò che serve per vivere. Si impara fin da piccoli a governare gli animali, a tessere e rammendare le reti, a pescare, a raccogliere e pulire le piume di ededrone per le imbottiture, a raccogliere uova di gabbiano, a tagliare la torba e farne castelli perfetti.
Si impara presto anche ad attraversare a remi gli spazi che dividono l’isola da quelle vicine, sempre in preda agli elementi che si scatenano imprevisti e possono distruggere barca e vita. Il mare porta sulle rive relitti di ogni genere, anche tronchi giganteschi, persino lettere in bottiglia.
La prima tempesta d’inverno può far volare in mare una pecora, se non c’è stata la possibilità di chiudere il gregge in tempo. E quando il gelo si fa aspro anche le pecore gelano: “Appena uscite, però, gli si formarono intorno alle zampe fasci di ghiaccio tintinnante, e così cominciarono a scalciare e a rotolarsi qua e là, finché furono coperte da una vera e propria armatura di ghiaccio”.
Allo stesso modo la prima tempesta d’inverno sparge a terra le opere iniziate - una rimessa per le barche, un essiccatoio per il pesce - così da dover recuperare i pezzi dispersi e ricominciare, senza mai perdersi di coraggio.
Del resto, mentre tutto il mondo è in fiamme, Barroy è al sicuro, e “un’isola non affonda, trattiene tutto quello che ha con tutte le sue forze”. E “nessuno può lasciare un’isola, un’isola è un cosmo in miniatura, dove le stelle dormono nell’erba sotto la neve”.
Ed ha qualcosa che nessuno mai potrà distruggere: “Forse l’orizzonte è la cosa più importante che hanno quassù, la vibrazione del nervo ottico durante un sogno, anche se lo notano appena e ancor meno tentano di definirlo”. Se capita che qualcuno ci provi, a lasciarla, torna sempre indietro, alla sua culla.
Per stare su un’isola simile bisogna vincere la paura. Questo vuole Hans per la piccola Ingrid, bambina dalla risata contagiosa, a cui insegna ogni cosa. “Ti fa ridere tutto” dice Hans, e pensa che Ingrid sa distinguere il gioco dalle cose serie, che “non piange quasi mai, non fa capricci e nemmeno s’impunta, non si ammala mai e impara quello che deve imparare”.
Barroy non vive in uno splendido isolamento, da lì si parte in barca per andare a scuola, per i funerali, per le spese, lì arrivano muratori svedesi a costruire il molo di pietra, arriva in visita il pastore Johannes Malmberger; di lì passa il peschereccio a caricare ogni anno Hans per la pesca alle Lofoten, col tempo arriverà a giorni stabiliti la barca a raccogliere il latte per lo Stabilimento.
Se la famiglia perde due componenti fondamentali, e Maria, rimasta vedova, ormai non collabora ai lavori, cresce comunque il gruppo, con Lars, il figlio che Barbro ha concepito con un muratore di passaggio, e due piccoli, Felix e Suzanne, rimasti soli, di cui Ingrid si prende cura.
Cresciuti come bestioline senza l’attenzione dei genitori - sia pure di buona classe sociale - trovano il modello da seguire nella vita semplice, concreta, nella naturalezza con cui vengono accolti ed inseriti.
Sull’isola sono tutti giovanissimi, alcuni addirittura bambini, ma lavorano come adulti, progettano, mettono in pratica nuove idee per guadagnare maggiore autonomia e sicurezza. Ingrid è la loro mente.
È un romanzo che segue le opere dei giorni, carico di poesia, che a passo pacato porta per mano il lettore, apre su orizzonti sconfinati, su un mare costellato da migliaia di isolotti; che fa sentire l’urlo della tempesta, il gelo che scende nelle ossa, la fatica sovrumana e la paura. Ma soprattutto il coraggio di una scelta così estrema, quello che viene dalla consapevolezza del privilegio prezioso di vivere quasi come un elemento della Natura, con l’orgoglio di saper sopravvivere anche ai suoi assalti.
Marisa Cecchetti