Oltre il 60% della popolazione, 12,4 milioni di persone, soffrono la fame. I prezzi del cibo sono raddoppiati nell’ultimo anno. Con la crisi ucraina si sono interrotte le importazioni dalla Russia in Siria. Il Governo ha già iniziato il razionamento di grano, zucchero, riso e carburante. Tantissime famiglie costrette a ore e ore di fila per un po’ di pane.
A 11 anni esatti dallo scoppio della guerra in Siria, il 60% della popolazione soffre la fame, con i prezzi dei beni alimentari che sono raddoppiati nell’ultimo anno. Il paese fino ad oggi ha fatto affidamento sulle importazioni di cibo dalla Russia, ma ora, con la crisi ucraina, i prezzi alimentari potranno diventare ancor più proibitivi.
È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, che ha realizzato un’indagine tra 300 siriani nelle zone del Paese controllate dal Governo: il 90% degli intervistati ha dichiarato di potersi permettere al momento solo un po’ di pane e riso, solo occasionalmente verdura.
L’impatto della crisi ucraina e della pandemia
sul crollo dell’economia siriana
In un sistema economico già ridotto ai minimi termini da oltre un decennio di guerra, due anni di pandemia e dalla crisi bancaria libanese, in questo momento le sanzioni sulla Russia hanno un effetto dirompente, provocando l’interruzione delle importazioni di cibo e carburante, con la sterlina siriana che si sta svalutando ad una velocità vertiginosa.
«6 siriani su 10 non sanno letteralmente come procurarsi il cibo», ha detto Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. «Nell’area intorno a Damasco le persone fanno ore e ore di fila per il pane, mentre i bambini cercano qualcosa da mangiare tra i rifiuti. Per sopravvivere molte famiglie si stanno indebitando, o decidono di mandare i figli a lavorare, razionano il numero di pasti. Per avere una bocca in meno da sfamare, fanno sposare le figlie, anche minorenni. Sono questi gli indicibili effetti di un conflitto dimenticato, in un Paese dove il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il tasso di disoccupazione è arrivato al 60% e il salario minimo mensile nel settore pubblico è di 26 dollari».
In questo momento 12,4 milioni di persone in Siria vivono in una condizione di insicurezza alimentare, il lavoro minorile è diffuso nell’84% delle comunità, mentre i matrimoni precoci nel 71%. Il Paese inoltre fino ad oggi ha fatto affidamento sulle importazioni di grano dalla Russia.
Con lo scoppio della crisi in Ucraina, il Governo ha deciso perciò il razionamento delle riserve alimentari e non solo: oltre al grano, zucchero, riso e carburante.
«Vivere sotto le bombe in Siria era meno terrificante di non poter nutrire i nostri figli». Oxfam ha raccolto diverse testimonianze che raccontano il dramma che in questo momento sta vivendo il popolo siriano.
«Per noi non ha senso pensare al domani, se non sappiamo cosa mettere in tavola oggi per sfamare i nostri figli», racconta Hala, che vive a Deir-ez-Zor una delle zone più devastate dalla guerra dove Oxfam è al lavoro per soccorrere la popolazione.
«Lavoro 13 ore al giorno per sfamare i miei figli, ma non sembra bastare» continua Majed che vive nel governatorato di Rural Damascus. «A volte vorrei che la giornata durasse più di 24 ore per lavorare di più. Sono stanchissimo e non so se riusciremo a sopravvivere».
«Uno stipendio medio basta appena per le spese essenziali», aggiunge Moutaz Adam.
L’appello alla comunità internazionale
«Per quanto scioccante sia, i Siriani dicono che vivere sotto le bombe era terribile, ma non aver da mangiare per i figli lo è ancor di più», conclude Pezzati. «A 11 anni dall’inizio della crisi siriana, il dolore e la sofferenza sembrano non avere fine. Per questo lanciamo un appello urgente alla comunità internazionale e ai paesi donatori perché concentrino gli aiuti sul finanziamento di programmi urgenti di risposta alla fame e di protezione sociale per salvare vite e ridare speranza ad un intero popolo».
Asmae Dachan
(da Diario di Siria, 22 marzo 2022)