Continuano i commenti sul disegno di leggo sui Dico: tra annunci di non partecipazione al voto parlamentare e proclami disperati sulla necessità di salvaguardare la famiglia tradizionale, un gruppo di 24 giuristi ha sottoscritto un appello promosso dalla Fondazione Critica liberale in cui si afferma che: «Il riconoscimento giuridico di altre tipologie di famiglia non comporterebbe alcun disconoscimento dei diritti delle famiglie fondate sul matrimonio e non potrebbe quindi violare il disposto dell'articolo 29, primo comma, della Costituzione». Il discorso è molto semplice: se è vero che la nostra Carta Costituzionale riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, è altrettanto vero che da nessuna parte è scritto che non possa esserci il riconoscimento dei diritti di altre forme familiari.
Non c'è alcuna imposizione costituzionale sulle tipologie di famiglia da riconoscere, l'articolo 29, maneggiato in questi ultimi mesi secondo le più svariate convenienze, non è così rigido come ci vogliono far credere. Alcune dichiarazioni in sede di Assemblea Costituente (si parla quindi del 1946, 47!!) tra cui spicca quella di Aldo Moro, ce lo ricordano: «Non è una definizione, è una determinazione di Limiti».
Purtroppo non tutti hanno la possibilità o il tempo di rendersi conto di come questo tema sia stato manipolato e la confusione verbale e non regna sovrana: pacs, coppie di fatto, unioni civili e ora "dico". In questi ultimi giorni ci siamo lasciati seppellire dalle dichiarazioni, più spesso simili a slogan e a spot pubblicitari, dei molti politici, cardinali e giornalisti, perdendo di vista il punto centrale della questione.
Colgo con piacere quindi l'iniziativa presa da un gruppo di studenti fiorentini che insieme ai loro professori hanno chiamato alcuni esperti per illustrare in una lezione, il disegno di legge Bindi-Pollastrini. «Solo per parlare di argomenti che a scuola non vengono trattai», hanno spiegato i ragazzi, dimostrando molta più maturità di coloro che siedono in Parlamento. A riguardo, ricordo solamente l'indignazione, sfociata nella mancata partecipazione, degli esponenti del centro destra e di parte del centro sinistra in commissione Affari sociali, quando i rappresentanti delle associazioni delle famiglie di fatto furono chiamati per le audizioni sulle condizioni sociali delle famiglie in Italia.
Forse sarebbe il caso che anche in Parlamento fosse fatta qualche lezione a partecipazione obbligatoria: solo per parlare di argomenti che nelle sedi istituzionali non si vogliono affrontare!
Donatella Poretti