In occasione dei cento anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini – avvenuta a Bologna il 5 marzo, appunto, del 1922 – sono tornati in alcune sale cinematografiche i suoi film, nelle versioni restaurate a cura della Cineteca di Bologna e della Cineteca Nazionale. Voglio celebrare anch’io questa ricorrenza, rievocando uno dei suoi film più belli e più noti, uscito nel 1966, dal titolo Uccellacci e uccellini.
Si è ritenuto a lungo – almeno da parte di alcuni – che Pasolini, per la sua sprovvedutezza tecnica, non fosse un vero o un grande regista di cinema. Eppure i suoi film sono intessuti di invenzioni di regia originali e potenti. In Uccellacci e uccellini la prima invenzione che balza all’occhio è la stessa coppia dei protagonisti della storia, interpretati l’uno da un attore “preso dalla strada”; l’altro da un attore già celebre, di consumato mestiere, come Totò. Nel film interpretano un padre e suo figlio, senza che i loro differenti stili di recitazione – più naturalistico e grezzo quello di Davoli, più stilizzato e caricaturale quello di Totò – diano mai un senso di stridore.
In effetti tutti e due incarnano a perfezione – più che due personaggi realistici, complessi e sfumati – due tipi, intenzionalmente semplificati, i cui tratti caratteristici sono dichiarati nei titoli di testa del film, eccezionalmente scritti in versi e cantati su musiche di Ennio Morricone. Se Ninetto è innocente e furbo, Totò è assurdo, umano, matto e dolce.
Se i personaggi sono due tipi è anche perché nel film ricade su di loro il compito di rappresentare nientemeno che l’umanità contemporanea: un’umanità smarrita, che ignora se stia procedendo in direzione del progresso o se magari vada incontro a una catastrofe, e nemmeno se ne preoccupa, concentrata soltanto sui piccoli piaceri che qui e ora la vita le offre.
E infatti – ecco un’altra poetica invenzione, visiva e narrativa – i due camminano quasi per tutto il tempo per una campagna alla periferia di una città, tra segnali stradali surrealistici che indicano a quanti chilometri distano Cuba o Istambul, senza che sappiamo mai da dove sono partiti e qual è la loro meta.
Il mondo per cui viaggiano è tutt’altro che idilliaco, è anzi costellato di ingiustizie, e i due si ritrovano ora a ricoprire ingenuamente il ruolo di vittime, ora, con altrettanta ingenuità, il ruolo di carnefici. Ingenuamente, perché di tali ingiustizie non sembrano darsi nessuna pena, e il loro vero interesse è ora per una dormita al sole su un prato, ora per una bella mangiata, ora per una prostituta che incontrano per strada e con la quale si intrattengono entrambi.
E quando, come in una favola, incontrano un animale parlante, un corvo, che fa loro la morale, e vorrebbe risvegliare la loro coscienza, risulta loro così petulante che finiscono appunto per mangiarselo.
Pasolini osserva con sguardo innamorato la grazie e la spensieratezza dei due personaggi. E tuttavia il suo film contiene un monito morale, un richiamo al dovere dell’impegno, attraverso un lungo episodio che è come un film nel film.
Qui Totò e Ninetto sono due frati francescani che ricevono da San Francesco in persona l’incarico di evangelizzare gli uccelli. Ma di uccelli ne esistono due categorie: i falchi, prepotenti e violenti; e i passerotti, miti e succubi. Dopo una strenua ascesi, il frate interpretato da Totò riceve l’illuminazione sui mezzi con cui comunicare la parola di Dio a entrambi i tipi di uccelli, per convertirli all’amore tra tutte le creature del Signore. Ritiene di aver compiuto con successo la sua missione, quando vede un falco precipitarsi su un passerotto e ucciderlo. Il Male, insomma, sembra più potente di tutti i suoi sforzi. È giusto allora disperarsi e rinunciare? Nient’affatto. Perché, come gli spiega San Francesco in un solenne discorso, la coscienza dell’umanità va risvegliandosi, le disuguaglianze fra classi sociali e fra nazione e nazione appaiono sempre più intollerabili, e se si vuole davvero cooperare per la pace non bisogna mai stancarsi di tentare di risanarle.
Di fronte a un film geniale come Uccellacci e uccellini le parole rischiano di essere più riduttive del solito. Valgano solo come invito a vedere o a rivedere il film.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 5 marzo 2022
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