PREFAZIONE
La mia identità è come la pioggerella/ che solletica ritmica la terra:/ alterna prigioni psichiche/ a spettri di libertà,/ timori a orizzonti,/ tradimenti a speranze,/ mentre una lieve brezza scava/ nelle vene depositando/ semi di non senso. Così Alberto Figliolia parla di se stesso nella poesia Imbelli armate... in questa splendida raccolta di “cronache poetiche” dove si alternano momenti di stupore, brani lirici, originali metafore e similitudini, visioni oniriche a momenti di pessimismo cosmico, all’erompere di una tristezza senza sponde, a riflessioni filosofiche, a domande struggenti.
Poesie composte nei giorni più duri del confinamento in casa per il Covid, dove solo il balcone – nome che compare otto volte nella raccolta – è luogo dello stupore e della vita che continua nonostante tutto, luogo che compare anche nella prima parte del titolo “Il balcone e l'orizzonte”. Ecco come l’autore nomina il suo balcone e lo definisce nella poesia Ascolto i Notturni di Chopin: ammiro la delicata forza/ della pianta di pomodoro/sul balcone (un mondo/ rettangolare d’aria balenante).
E ancora nella poesia Indifferenza fatta scienza il balcone è la certezza di un domani: Ma domani potrò ancora guardare/ le piante sul balcone:/ teneri germogli e frutti acerbi,/ foglie lucide protese al sole;/ e sarà anche delle mie vene/ il gioco della fotosintesi;/ e ascolterò il miracolo/ del loro silenzio/ fra cielo e terra. Le lodi più forti di questo piccolo balcone sono nella poesia 3,50 x 1,70: dove il balcone è chiamato paradiso: Questo è il mio paradiso:/ 3,50 × 1,70. Metri./ Bianco e rosso mattone./ Due pareti rugose,/ una porta-finestra/ e una vista verso il mondo restante…/ 3,50 x 1,70. Metri./ Questo è il mio paradiso,/ la mia fuga dal recinto/ della prigionia mentale,/ dall'inganno, dalle bugie, dalla paura dell'invisibile. Sì, il balcone è la sicurezza che il mondo esiste ancora fuori di casa, e possiamo sederci anche noi, insieme ad Alberto Figliolia, in questo piccolo balcone ad ammirare la vista su tramonti porpora,/ su piccole margherite,/ su alberi che, nonostante noi,/ si rivestono di un abito verde,/ sulla corona eterna delle Alpi/ e la maestà del loro silenzio/ a generare speranza, come prosegue la stessa poesia. E qui abbiamo incontrato uno dei preziosi elenchi che compaiono nelle poesie di questa raccolta. Elenchi come impossibilità di esaurire in un solo elemento ciò che urge nella mente, negli occhi e nel cuore di Alberto Figliolia. Elenchi originali di cose, di tempi, di luoghi. Il suo dire puntualizza e nello stesso tempo straripa di visioni e di sentimenti che non si possono dire in una sola visione.
Come nella poesia Non c'è silenzio dove compare un elenco di elementi che si susseguono a guisa di perle di una collana: Cantano uccelli sparsi./ Abbaia un cane/ e un altro di rimando./ Una sirena lontana./ Una voce di bambina/ da una terrazza./ Stormisce piano un albero dai due volti:/ fiori bianchi, fiori rosa… E nella poesia Alle cinque e mezza si rincorrono definizioni di tempi per parlare del momento prima dell’aurora in un magnifico elenco: prima dell'aurora/ quando le tenebre sono ancora spessa colla,/ quando metà del mondo dorme/ e i sogni prendono l'ultima deriva/ (la misteriosa corrente dei suoni muti)/ o quando nell'insonnia il ricordo/ ti trancia l'anima,/ quando nel brivido del silenzio/ sai che il nuovo sole sorgerà presto.
Compare un elenco di luoghi ed elenchi di cause, di sentimenti e di ambizioni nella poesia Nella prossima vita: Nella prossima vita/ vorrei essere una pianta, un albero.../ fra terra e aria,/ fra radici e cielo,/ fra ctonio e brezza,/ fra piccoli insetti e nembi./ Non mi ammalerei mai/ di paura,/ di depressione,/ di invidia,/ di rabbia,/ di gelosia;/ non soffrirei/ dolori inutili e vacui;/ non nutrirei ambizioni/ di potere,/ di gloria,/ di ricchezza/ né farei guerra ad alcuno. Qui i versi brevi, l’andare a capo dopo poche parole segnano e danno ritmo proprio all’elencare poetico.
E nella poesia Viaggiare nel tempo – dove il nostro vivere il tempo si compie saltando da un’oscurità all’altra/ (di rado da uno strato di luce all’altro) – subito si innesta uno splendido e drammatico elenco di metafore: … noi saremo il velo della Vergine/ la barca arenata di una rotta fallita/ nel silenzio del vento australe/ una croce di cocci e gusci di conchiglie.
Un’altra caratteristica di questo libro di poesie è il frequente domandarsi che fa il poeta, le riflessioni, spesso amare, sulla condizione umana, su noi stessi.
Mi sembra che possa introdurre a queste riflessioni proprio un elenco nella poesia Non siamo indispensabili... non siamo indispensabili;/ non più di uno scoiattolo,/ non più di un pangolino,/ non più di un corvo,/ non più di una formica,/ non più di un pipistrello,/ non più di un geco,/ non più di una murena. Domande e riflessioni come in Ascolto i Notturni di Chopin: E mi domando perché…/ perché bello e brutto s’intreccino/ in un indecifrabile enigma. E ancora domande quali: Quanto valeva la mia anima?/ Due soldi? Trentadue denari? in Misi la pistola e il Salvatore sarà già lungo la strada/ verso l’orizzonte? in Colano le ombre sul Golgotha.
Oppure, nella contemplazione della luna che buca la nuvolaglia, l’autore si sente trasportato sul mare – chissà forse in questo nostro Mar Mediterraneo così travagliato e dolorosamente solcato in questo duro periodo – così in Una luna di latta scrive, chiudendo il periodo tra parentesi: (Il mare oscilla orizzontale/ liquido atarassico pendolo./ Fiori morti galleggiano/ sulla superficie screziata/ e lanterne che si perdono/ al largo, nell'ignoto./ Ciò che fu gioia è ora dolore?/ L'equivoco è eterno.). Non mancano domande tra il surrealismo, il pessimismo e l’amore per l’esotico come la breve poesia Può un dragone...: Può un dragone a cinque artigli amare una fagiana?/ Quanti sono gli immortali?/ Il legame fra Xochipilli, il principe dei fiori, e il Kamasutra?/ E quello fra Tupinamambá e sumeri?/ Ma ciò che rimane è il cannibalismo quotidiano.
Nella poesia Perché risuona la volta celeste? il piglio è decisamente cosmico e Alberto scrive: Perché risuona la volta celeste/ di bang metallici?/ O è la musica del cosmo/ che non sappiamo ancora riconoscere?/ O il respiro sofferente della Terra,/ pur rivestito di matematica e armonia?/ Che cosa ci vuol dire oggi il pianeta/ che noi vogliamo ignorare? Chissà se riusciremo a capire questa ultima, decisiva comunicazione della nostra Terra! Perché se non sapremo rispondere potremmo essere cancellati da questo pianeta in rivolta.
Figliolia si inoltra anche nel mistero più grande: si rivolge all’Entità suprema di tutto l’universo, chiedendo e accusando con i versi di Scrivere della Tua essenza: Scrivere della Tua essenza/ mi è impossibile:/ Tu sei inconoscibile/ per definizione./ O dovrei scrivere/ della Tua assenza/ o indifferenza/ o apatia/ o atarassia,/ […] Quale sia lo scopo/ della Tua creazione/ lo ignoriamo, da sempre;/ perché forse non vi è scopo./ Quanti volti Ti son stati dati?
Con queste grandi domande lasciamo al lettore – e al suo eventuale desiderio di rispondere – la ricerca dei tanti altri stimolanti interrogativi.
Avviandomi alla fine di questa prefazione vorrei mettere in evidenza le belle metafore che costellano la scrittura di Alberto Figliolia. Ne evidenzierò solo alcune, per non togliere al lettore la soddisfazione della scoperta. Ecco, parlando dei suoi stati d’animo, alcune metafore sorprendenti. In Il tramonto accarezza: L’ansia – un sottile filo/ di perle malate – spacca/ i pensieri e in La mia stanchezza...: La mia stanchezza è un rumore/ di carta vetrata. Ancora in Un axolotl: L'inquietudine è un ragno dormiente. Mentre in Il pensiero spaccato scrive: L’angoscia è una foglia/ che crocchia. E poi in L’orizzonte è una pagina bianca la metafora compare già nel titolo e nel primo verso: L'orizzonte è una pagina bianca/ che non so più scrivere:/ mi si sposta, mi si spunta. Ma in questo complesso libro di Alberto le metafore segnano anche lo stupore davanti allo spettacolo della natura, come di fronte al cielo del tramonto in Fiori di sangue: Fiori di sangue è il cielo/ è scheggiato come l’incisivo di un uomo preistorico. E in una poesia onirica, Esce dai flutti, una gigantessa calva si rotola sul ventre e sui seni dove brillano i granelli di sabbia/ (mille e mille frammenti/ di sole). O parlando dei fiori del sambuco che gli ricordano l’infanzia usa in L’odore del sambuco una similitudine quotidiana e suggestiva: I suoi fiori come uno strano ombrello/ di speranze e di possibilità. Si fa fatica a staccarsi dalle pagine di questo libro e molto ci sarebbe ancora da dire. Segnalo solo il frequente gioco delle allitterazioni. Cito alcuni versi da Un frullo d’ali: Volano i pappi dei pioppi/ nell'aria lenta, inno/ alla vita che non s'arrende, dove il susseguirsi delle p, delle n e delle l dà l’idea della lentezza e della sofficità del volo. Non mancano citazioni dotte e l’amore per le parole insolite. Ad esempio riporto alcuni versi di Nubiloso aprile dove il poeta parla di Nubiloso aprile,/ ancora iemale; qui per dire invernale usa appunto la poco consueta parola iemale. Parola desueta, che richiama però la vitrea serenità iemale di D’Annunzio. Pochi versi oltre, Alberto esce con due citazioni bibliche: Socios habere penantes… e riecheggia nella mente… Crescite et multiplicamini.
Ma penso sia giunto il momento di tornare sul balcone di Alberto Figliolia e rileggere la poesia Imbelli armate, con la quale inizia questa prefazione, per vivere con l’autore lo stupore di fronte a il piano beccheggio delle nubi/ – una flotta di sovrapposti velieri,/ strati e strati di navi/ dai comandanti muti –/ in moto perenne. E poi continuare con lui a giocare con la fantasia: E il gioco dell'immaginazione riprende,/ oltre l'ansia di un nuovo mattino/ del mondo.
Silvana Ceruti
Alberto Figliolia, Il Balcone e l’Orizzonte
Cronache poetiche ai tempi del confinamento
EIF, 2021, pp. 100, € 10,00