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Alberto Figliolia. Piet Mondrian, Dalla figurazione all’astrazione 
Al MUDEC di Milano fino al 27 marzo
Piet Mondrian (1872-1944),
Piet Mondrian (1872-1944), 'Autoritratto', 1918 - Olio su tela (Kunstmuseum Den Haag) 
20 Febbraio 2022
 

Ho cominciato a dipingere molto presto. I miei primi maestri sono stati mio padre, un dilettante, e mio zio, un pittore professionista. Preferivo dipingere paesaggi e case col cielo coperto oppure con una forte luce del sole, quando la densità dell’atmosfera oscura i dettagli e accentua i profili degli oggetti. Ho spesso disegnato al chiaro di luna mucche che riposavano o stavano immobili nei piatti prati olandesi. (Piet Mondrian)

Mi piaceva dipingere fiori: non mazzi di fiori, bensì un solo fiore ala volta, in modo da poterne esprimere meglio la struttura plastica. (Piet Mondrian)

 

Affascinante l’itinerario di Piet Mondrian (1872-1944), pervenuto a un’astrazione pura, geometrica e pur estremamente lirica dalla figurazione e dal paesaggismo che tanti gloriosi e splendidi frutti la sua terra ha prodotto nel tempo. All’artista olandese dedica un’importante mostra, che durerà sino al 27 marzo, il MUDEC di Milano. È la prima volta che nella metropoli meneghina viene dedicato un intero percorso espositivo a Mondrian e al viaggio nell’arte che lo ha condotto da formule di rappresentazione più tradizionali all’astrazione che l’ha reso celebre e, sostanzialmente, unico nell’arte mondiale.

Ben sessanta opere in mostra provengono dal Kunstmuseum Den Haag, che può vantare per quel che concerne Mondrian la più ampia collezione esistente. Mondrian e non solo in quanto risultano presenti anche opere degli artisti della Scuola dell’Aja e dei designer De Stijl (Lo Stile). Da non dimenticare che due opere sono giunte dal Museo del Novecento di Milano.

Lunga la ricerca di Mondrian per arrivare a quell’astrazione, che non potrà mai essere definita fredda, bensì carica di significati reconditi e suggestioni, nel segno dell’equilibrio e dell’armonia, come la geografia fisica (e sentimentale) della sua patria dall’orizzonte infinito, fra cielo e acqua e campi ordinati e lineari, compresi i polder strappati all’acqua marina, figli dunque della fatica e dell’ingegno umano, emblema di sforzi titanici, ma anche di un rapporto comunque privilegiato con la Natura, non addomesticata, non domata, ma oltremodo rispettata nella necessità della convivenza. Oltre a un’esigenza di ordine, che è sia psicologica che estetica.

I primi paesaggi del giovane Piet, nel segno del figurativo, nei quali tuttavia in nuce si scorge lo sviluppo che sarà, sono messi a confronto con quelli di altri autori, sostanzialmente i membri della Scuola dell’Aja, attivi in tale città nel periodo 1860-1890, a loro volta influenzati dal realismo della Scuola di Barbizon. Per quel che concerne la pittura di paesaggio di Mondrian tale soggetto viene man mano declinato con una gran varietà di stili e tecniche. Esemplari sono il Mulino Oostzijdse con cielo, blu, giallo e viola (circa 1907-1908, olio su tela, dalle chiare influenze fauves e simboliste), o il Fosso vicino alla fattoria Landzicht (circa 1900, olio su tela), cosi come Alberi in fiore (1902-1905 o 1916-1918, olio su tela cartoncino), Piccola casa al sole (1909, olio su tela) o Fienile a Nistelrode (1904, olio su tela). Già lo “scarto” si fa evidente con Mare dopo il tramonto (1909, olio su cartoncino), Studio pointilliste di una duna con crinale a destra (1909, olio su tela) e Paysage (1912, olio su tela). Invero non vi sono strappi brutali, ma è palese la continuità del discorso che Mondrian stava affrontando sintetizzando ogni esperienza con un incessante, e mai nevrotico, lavorio intellettuale. Del resto lui stesso non riconosceva cesure nello svolgersi della propria arte.

Ancora il suo magnifico Autoritratto (1918, olio su tela) pare orientarsi nei modi del figurativo, in questo lento divagare fra formule e modi (vedi la stilizzata splendida Figura femminile (1912, olio su tela), dai toni grigi, che volutamente si confonde con lo sfondo, nei ritagli dello spazio (una rielaborazione della lezione cubista).

Verrà infine il momento delle Composizioni, dagli anni Venti in poi, sempre più nette e razionali – Mondrian si è sempre definito un realista – ma con una carica coinvolgente senza pari, griglie esplorative di mondi interiori (o naturali, contrariamente alle convinzioni di taluni), ristrutturazioni del Caos in cui nulla è lasciato al caso nel tentativo eroico di ricostruire un senso. E la perfezione formale è inarrivabile.

Il piatto paesaggio olandese si presta bene alla ricerca dei contrasti. Con elementi enfaticamente verticali, come gli alberi e i mulini a vento, questi primi paesaggi mostrano come Mondrian giocasse con ritmo e ordine sulla tela già molti anni prima delle sue opere astratte. A partire dal 1900 Mondrian abbandonò progressivamente la rappresentazione fedele della natura, per sperimentare forme e colori. Utilizzando gli elementi verticali e orizzontali del paesaggio, Mondrian esplorò la possibilità di ridurre il mondo che lo circondava alla sua essenza assoluta: un ritmo di piani, colori e linee. Dal 1908 il lavoro di Mondrian divenne sempre più radicale e il suo bisogno di innovare si fece più evidente. Voltò le spalle ai paesaggi naturalistici e trovò ispirazione nella teosofia e nelle novità artistiche provenienti dall’estero. Sotto questi influssi, il suo lavoro attraversò diverse fasi. Mondrian dipinse molteplici variazioni di diversi temi, come il faro, il mulino a vento, i paesaggi marini e le dune. Di tela in tela, si avvicinava sempre più all’“essenza” dell’immagine”. È nato il Neoplasticismo.

Ineguagliabili gli influssi che la pittura di Mondrian ha esercitato sul design, che si trattasse di arredo o grafica, interior design o moda (vedi la collezione-tributo di Yves Saint Laurent 1965). Una sezione, estremamente accattivante, della mostra è, per l’appunto, dedicata a De Stijl, il movimento sorto in Olanda nel 1917 per l’impulso fornito da Piet Mondrian e da Theo van Doesburg.

Interessante anche sondare il legame fra la pittura di Mondrian e la musica che si faceva nel frattempo largo. “Mondrian tornò a Parigi nel giugno 1919. L’arte fu la ragione principale di questo ritorno, ma l’artista apprezzava anche quello che la vita notturna della città poteva offrire. Mondrian si appassionò in maniera particolare al jazz. Trovò molte analogie tra i suoi quadri e le jazz band: gli uni e le altre fortemente organizzati, lasciavano spazio anche alla rottura e all’improvvisazione. L’intuizione era fondamentale sia per l’artista sia per i musicisti jazz. […] la musica jazz era solo ritmo in libertà, senza alcuna allusione a una trama. In poche parole, Mondrian aveva trovato nel jazz l’equivalente musicale del Neoplasticismo. Inoltre, quelli erano gli anni in cui si affacciarono sulla scena europea i cosiddetti “rumoristi”, che proponevano suoni artificiali, rumori prodotti dalle macchine, e che sono da considerare gli antesignani della moderna musica elettronica. La video installazione presente in mostra – a cura di Storyville – illustra in maniera suggestiva il rapporto tra le opere neoplastiche di Mondrian e la musica; amplifica infatti nel visitatore le possibili chiavi di lettura della poetica di Mondrian declinate non solo nella dimensione spaziale, sicuramente più vicina e immediata all’espressione pittorica, ma anche nella dimensione musicale”.

Decisamente una mostra appagante, i cui stimoli agiscono potentemente sul visitatore suggerendo nuove viste e visioni, in una originale interpretazione intellettuale e dei sensi.

 

Alberto Figliolia

 

 

Piet Mondrian. Dalla figurazione all’astrazione, a cura di Domitilla Dardi. Fino al 27 marzo. MUDEC, via Tortona 56, Milano.

Info: tel. 02 54917 (lun-ven 9-18), sito Internet mudec.it, e-mail info@mudec.it.

Orari: lun 14:30-19:30; mar, mer, ven e dom 10-19:30; gio e sab 10-22:30. Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura.

Biglietti: intero 14 euro, ridotto 12 euro.


Foto allegate

Piet Mondrian (1872-1944),
Piet Mondrian (1872-1944),
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