Tarjei Vesaas
Il castello di ghiaccio
Iperborea, 2022, pp. 192, € 16,50
Siss e Nun sono le protagoniste de Il castello di ghiaccio, romanzo di Tarjes Vesaas, (Telemark, Norvegia, 1897-1970), una lettura per i giovani tuttavia capace di coinvolgere lettori di ogni età.
L’ambiente è un paesino isolato della Norvegia, con un fiume, un lago, una cascata, e tutto intorno i boschi. Il ghiaccio ricopre il lago, intrappola le acque del fiume, immobilizza la cascata in una immensa scultura fatta di guglie, di pinnacoli, di dossi, vuota all’interno di stanze che si snodano una nell’altra, di cunicoli di ghiaccio trasparente che esplodono di prismi di luce quando vi arrivano i raggi freddi del sole invernale.
Siss è una ragazzina di undici anni, con una famiglia solida che le dà la fiducia e la libertà necessarie ad uno sviluppo autonomo e consapevole. Nun è arrivata in paese da pochi mesi e frequenta la stessa classe di Siss: dopo la morte della madre è stata accolta dalla zia materna, una donnina silenziosa, che vive dei suoi lavori di cucito in una casa appartata.
Siss è una leader tra i coetanei, ascoltata e seguita. Nun rimane lontana dal gruppo; appoggiata ad una parete guarda i compagni di classe durante gli intervalli dalle lezioni, non si avvicina né parla.
Ma gli occhi si incontrano, quelli delle due ragazzine, si scelgono. Così Siss un pomeriggio è attesa a casa di Nun. È emozionata per questo dono di amicizia speciale, lei, unica prescelta.
La luce scompare presto in inverno e Siss avanza per la strada in mezzo al bosco e il buio le fa paura, anche se non lo dice a nessuno. Quegli alberi carichi di brina e di gelo mandano voci inquietanti alla sua immaginazione.
L’incontro è un dischiudersi lento di anime pure, tra timore, imbarazzo, curiosità, emozione. Qualche confidenza sul privato, qualche proposta inattesa che turba, e poi l’accenno di Nun a una cosa da dire, da mostrare, che resta comunque sospeso. Entrambe si rendono conto di essersi legate, di aver condiviso molto, tanto che Siss si tiene per sé le emozioni e fa la vaga con i genitori, al ritorno. Nun, il giorno dopo, non se la sente di incontrare a scuola la nuova amica, quasi per una forma di pudicizia, e preferisce mettere un giorno in mezzo, per riportare equilibrio nelle sue emozioni.
Sì è parlato a scuola di fare una gita di gruppo alla cascata, al castello di ghiaccio, prima che arrivi la neve a nasconderlo o il disgelo a scioglierlo e farlo inghiottire dal fiume. Così Nun decide di marinare la scuola e, partita sotto gli occhi della zia con lo zainetto in spalla, si incammina per il bosco, nel lungo e pericoloso percorso verso la cascata. Una sfida, una volontà di mettersi alla prova, con l’irrazionalità e la passione della sua giovane età.
Vesaas trascina il lettore in un crescendo di meraviglia e di paura, una atmosfera creata fin dall’inizio, quando Siss percorre il bosco su cui è sceso il buio. L’ambiente bianco di brina e di ghiaccio, il vento gelato, il cielo senza luna con le stelle appese che non rischiarano, le parole essenziali dei colloqui, gli sguardi e i silenzi, tutto crea il sottofondo alla tragedia che si consuma: Nun rimane prigioniera del ghiaccio, affascinata dalla sua stessa scoperta, senza aver considerato il pericolo, sempre più dentro il cuore del castello, come in una discesa dentro se stessa, con le parole non ancora dette, con i suoi segreti.
In conseguenza di questa scomparsa Vesaas continua la sua indagine sulla psicologia adolescenziale, spostando l’occhio su Siss, ora sotto l’attenzione di tutti i ricercatori in quanto unica del gruppo ad aver trascorso del tempo da sola con l’amica.
Ma Siss non sa più di tanto, inoltre in nome dell’amicizia si è ha fatta delle promesse che mantiene fermamente. La scomparsa di Nun la sconvolge, incide sui suoi comportamenti e sulle sue relazioni. Intorno c’è una comunità partecipe, coinvolta a stremata nelle ricerche, che sa comunque proteggere e rispettare il dolore di Siss, in attesa che diventi tollerabile, che si sciolga come il ghiaccio del castello a primavera.
Vesaas lascia il lettore sulla soglia del mistero, non lo fa toccare con mano ma ci conduce vicino, poi camuffa la realtà con visioni che sembrano sogni.
Il ghiaccio rimane a fare da co-protagonista, montagna lucida, ammaliante con i suoi giochi di specchi -mi rimanda al castello di Atlante dell’Ariosto-. Ma questo castello nasconde l’illusione e la morte, sfidato dagli adolescenti come una sfida alla vita.
Marisa Cecchetti