Mentre al confine tra la Polonia e la Bielorussia una sterminata folla di migranti resta intrappolata tra il filo spinato e un fitto impercorribile bosco, quattro scrittrici, premio Nobel, Svetlana Aleksievich (bielorussa), Elfriede Jelinek (austriaca), Herta Müller (tedesca) e Olga Tokarczuk (polacca) si rivolgono all’Unione Europea. Così scrivono:
[…] “sappiamo che tra Bielorussia e Polonia le persone sono sottoposte a una spietata procedura di respingimento, condannandole all’ipotermia, alla fame e alla morte nelle foreste e nelle paludi”.
Guardando al ventesimo secolo “sappiamo che esistono verità scomode e noiose […]. Siamo stati ciechi, sordi e muti” ma oggi “la storia si ripete e dobbiamo prenderne atto”. Le scrittrici si rendono conto della difficoltà del problema, ma ricordano anche che… “se l’Unione europea è la rete di solidarietà interpersonale che dichiara di essere, non può permettere che su quei confini avvengano cose che non sono in linea con i nostri valori europei fondamentali”. Pertanto chiedono di trovare una soluzione più rapida ed efficace possibile, partendo prima di tutto dal rispetto delle regole di Ginevra e dall’avvio di una procedura di asilo per tutti coloro che ne fanno richiesta e che “sono detenuti nella parte del confine orientale dell’Unione Europea”.
Le richieste delle quattro premio nobel, oltre a tamponare l’emergenza umanitaria, vogliono interromperne anche la catena:
“Chiediamo un’iniziativa diplomatica di ampio respiro all’interno dei paesi del Medio Oriente volta a contrastare la falsa narrativa del regime bielorusso, il cui scopo è quello di attirare il maggior numero possibile di rifugiati disperati al confine tra Polonia e Bielorussia, esacerbando e destabilizzando così la situazione politica in Polonia e in tutta l’Unione europea”, scrivono, ribadendo infine la necessità di dare accesso a stampa e media perché monitorino il confine. “Conoscere i fatti ci rende consapevoli”. Ma, concludono “alla conoscenza deve seguire l’azione”. (g.r., 12 nov. 21)