Tra i classici del cinema e i film d’epoca che Netflix ha recentemente inserito nel suo catalogo - importati dal catalogo di Canal Plus - ne voglio segnalare uno, poco conosciuto, ma che mi sembra meritevole di essere riscoperto.
Si intitola A touch of love. È un film inglese del 1969 diretto da Waris Hussein. Racconta la storia di una giovane donna nubile la quale, restando incinta accidentalmente dopo il suo primo rapporto sessuale, decide, contro i consigli dei suoi amici più stretti, di non ricorrere all’aborto clandestino, ma di allevare suo figlio da sola, senza il padre.
Non si tratta certo però di un film moralistico contro l’aborto. I consigli dei suoi amici sono affettuosi, dati in considerazione delle difficoltà che la giovane donna avrebbe incontrato, avendo intenzione di intraprendere un’impegnativa carriera universitaria, e in una società in cui una ragazza-madre può essere ancora oggetto di disapprovazione.
E la scelta di tenere invece il bambino è anche una sfida: quella di riuscire ad affrontare con le proprie forze la professione e la maternità, senza la tutela di un uomo.
Tuttavia la protagonista non ha per nulla l’aria di una paladina del femminismo più oltranzista.
Di carattere mite e riservato, per preservare la propria solitudine e la propria castità, in una Londra appunto di fine anni Sessanta, in cui fermenta la liberazione sessuale, aveva dato da credere ai suoi amici di avere una relazione con due uomini, ma in effetti a ognuno dei due aveva detto di essere fidanzata con l’altro, scoraggiando così le loro avances più audaci.
Era accaduto però che aveva poi conosciuto un giovane annunciatore della BBC, e un giorno, dopo averlo invitato a casa a bere un drink, senza averlo coscientemente pianificato, era finita a letto, anzi sul divano, con lui.
Certo, potrà apparirci discutibile la sua scelta di non rivelare la propria gravidanza a quell’uomo. Una reticenza di cui il racconto non dichiara apertamente le ragioni: le suggerisce soltanto, con eleganza.
Forse quel giovane è anche omosessuale; non avrebbe probabilmente alcuna volontà di sposarla; e lei, come per un senso di dignità, non ha intenzione di “incastrarlo”.
Del resto, a riprova, quando lei finalmente si decide a mostrargli il neonato - in una scena che è un piccolo capolavoro di sottintesi, di non-detto - lui non si mostra nemmeno sfiorato dall’ipotesi di essere il padre.
Oltreché per il disegno sottile dei personaggi, la qualità del film è nella resa del quadro di ambiente: una Londra perlopiù dei party e dei ritrovi per intellettuali, dove è reso quasi palpabile il contrasto tra una persistente rigidità dei costumi e le tendenze libertarie. Una contraddizione che poi si incarna nella protagonista.
Gli attori sono tutti impeccabili. Lei è interpretata da Sandy Dennis, un’attrice che si ritroverà fra l’altro in alcuni film di Robert Altman. Il suo giovane amante è interpretato da un attore che diventerà popolare, Ian McKellen, qui nemmeno trentenne ma già carismatico.
Gianfranco Cercone
(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 31 ottobre 2021
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