L’obbligatorietà dei vaccini in Italia è una questione già affrontata nel 2017 con il D.L. 73/2017 che ha reintrodotto l’obbligo di vaccinazione, soppresso alla fine degli anni ‘90, per determinate malattie. La legge 119/2017, di conversione con modificazioni del D.L. 73/2017 (cd. decreto Lorenzin), ha reso obbligatorie dieci vaccinazioni per i minori. Si aggiunga che malattie come la poliomielite e il morbillo sono state quasi del tutto sconfitte, in seguito all’imposizione di vaccini obbligatori, che hanno assicurato quell’interesse della collettività, che è il parametro cui si rapporta l’art. 32 della Costituzione.
L’obbligatorietà della vaccinazione anti COVID-19 è stata introdotta dall’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 per tutte le professioni e gli operatori del comparto sanitario.
Si tratta di capire se ricorrano i presupposti e le condizioni per poter dichiarare obbligatoria per legge per tutti i cittadini, e trattata alla stessa stregua degli altri vaccini obbligatori, la vaccinazione per prevenire e neutralizzare il virus Covid 19.
La Costituzione (art. 32) dispone che il trattamento sanitario non può essere imposto a nessuno, se non per disposizione di legge (è il caso dei c.d. trattamenti sanitari obbligatori). La Costituzione dispone che possono essere introdotti trattamenti sanitari obbligatori, ponendo un solo limite, quello di farlo per legge. Quindi, richiede un intervento del Parlamento.
Dunque, secondo l’articolo 32 della Costituzione, la salute non è soltanto un “diritto dell’individuo”, ma è anche un “interesse della collettività”.
La norma costituzionale ha una duplice chiave di lettura, da un lato tutela il cittadino nel suo diritto alla salute e nella sua libertà di scegliere le cure (diritto di autodeterminarsi), dall’altro riconosce un interesse pubblico e collettivo alla salute, che può comportare l’obbligo per i singoli ad essere sottoposti a trattamenti disposti in forza di legge e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana.
L’importanza anche “collettiva” della salute può talora giustificare trattamenti sanitari obbligatori, come per esempio, nei casi strettamente previsti dalla legge, l’obbligatorietà di alcuni vaccini. Lo ha riconosciuto recentemente la Corte costituzionale, respingendo il ricorso della Regione Veneto, che aveva appunto censurato la obbligatorietà dei vaccini previsti dal cd. decreto Lorenzin 73/2017 (Corte costituzionale n. 5/2018, sentenza Cartabia). In particolare, la Corte costituzionale ha stabilito che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Costituzione se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri.
In altri termini, la Corte enuncia una serie di principi che disciplinano il bilanciamento dei diritti e delle posizioni in campo: diritto alla salute, libertà personale e autodeterminazione del soggetto.
Soprattutto, però, la Corte opera una valutazione tenendo conto della dimensione collettiva della salute, basata sul principio di solidarietà fra l’individuo e la collettività, ricavabile dall’art. 2 Costituzione.
Il punto è che il decreto Lorenzin 73/2017 aveva ad oggetto vaccini scientificamente sperimentati da lungo tempo, che avevano avuto un’autorizzazione al commercio di tipo standard. Con i vaccini anti-Covid non siamo nella stessa situazione (invero, fino a qualche giorno fa).
Tutti i vaccini anti-Covid erano stati autorizzati dall’Ema con una procedura speciale detta “autorizzazione condizionata” al commercio, cioè con una procedura abbreviata che non fornisce le stesse certezze scientifiche dall’autorizzazione standard.
Secondo un illustre giurista, “per imporre un obbligo vaccinale generalizzato si dovrebbe attendere il passaggio dall’autorizzazione condizionata all’autorizzazione standard, per usare il linguaggio dell’Ema. Altrimenti si rischia di imporre un obbligo fondato su basi scientifiche incomplete e provvisorie. Con tutto quel che ne verrebbe in termini di responsabilità e di indennizzi. Oltre che di credibilità di chi introducesse tale obbligo” (MANGIA).
Il quadro è di recente cambiato. La Food and Drug Administration, l’organo che gestisce la valutazione dei farmaci negli Usa, ha dato l’approvazione completa e definitiva al vaccino anti Covid della Pfizer. Fino a questo momento il siero era stato usato con un’autorizzazione d’emergenza ottenuta l’11 dicembre del 2020.
La decisione è arrivata dopo gli ultimi dati aggiornati su test clinici, compresi quelli più a lungo termine. È il primo vaccino ad avere l’autorizzazione definitiva, l’approvazione completa. Fra qualche settimana potrebbe arrivare anche per il vaccino Moderna.
Il passaggio successivo potrebbe essere quello per il legislatore di introdurre provvedimenti di legge che possano imporre l’obbligo della vaccinazione.
Alla questione della obbligatorietà dei vaccini anti Covid si affianca quella del green pass. La misura non sarebbe quella della imposizione di un obbligo giuridico generalizzato, ma di utilizzare uno strumento che postula un’adesione volontaria. Il cosiddetto green pass non comporta un obbligo generalizzato ma, come è stato osservato da illustre giurista, “costituisce un requisito o una idoneità” (CASSESE). L’obbligatorietà della certificazione verde è però cosa diversa dall’obbligo di vaccinazione. La certificazione verde non equivale alla vaccinazione.
Se da un lato ci sono la rivendicazione dei propri diritti e della libertà personale, dall’altro ci sono il pericolo pandemia e il rischio contagi. La libertà di ciascuno di non vaccinarsi trova un limite nel diritto altrui a non essere contagiato.
Lo Stato può imporre, ricorrendone i presupposti e le condizioni, sacrifici al godimento da parte del singolo del diritto di autodeterminarsi in ordine alle scelte che investono la propria salute, al fine di perseguire quegli interessi superindividuali che – senza tale compressione dei diritti individuali – verrebbero messi in pericolo. La facoltà dello Stato di imporre limitazioni siffatte trova fondamento, innanzitutto, nel principio solidaristico enunciato dall’art. 2 Costituzione, poiché ad esso corrispondono quei “doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, che si bilanciano al riconoscimento, da parte dello Stato, dei “diritti inviolabili dell’Uomo” (D’ORAZI).
In conclusione, la questione sulla legittimità dell’obbligo vaccinale previsto per legge passa da quella dei rapporti tra libertà individuale e principio di solidarietà.
Ad avviso di chi scrive, il diritto di autodeterminazione del singolo deve risultare recessivo rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto; tale interesse pubblico deve costituire l’oggetto primario delle valutazioni e delle scelte del legislatore, cui incombe l’esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio.
Occorrerebbe, nel segno dell’ottimismo della volontà, un nuovo Umanesimo, che ponga al centro dell’attenzione le riforme e/o ancor prima le regole e i principi con i quali debba operare l’uomo nella vita civile, sociale e politica, un uomo – come io la intendo – che sia consapevole dei suoi diritti, ma soprattutto consapevole dei propri doveri.
Giovanni Maria di Lieto