Jacopo Masini
Santi numi
Edizioni Ɛxòrma, 2021, pp. 180, € 16,00
Parmense classe ’74, autore di narrativa varia e insegnante di scrittura creativa, Jacopo Masini offre un’occasione di raro divertimento con i racconti di questa raccolta. Brevissimi alcuni, quasi uno schizzo sulla pagina o una breve di testata, altri più narrativi e intrecciati, tutti lasciano lo stupore e il sorriso. Perché Masini, per suscitare ilarità, non usa le formule classiche e depauperate delle battute-barzelletta, né affonda improvvisamente nel linguaggio grossolano per rubare una risata, no, lui racconta come se fosse a veglia, in mezzo a gente di paese che si conosce tutta, e, come fanno quelli che trascorrono ore a ripassare vita morte e miracoli degli altri, e sanno le parentele, le nascite, i matrimoni, le morti, gli affari di tutti, e fanno commenti più o meno colorati, ecco, così fa lui.
I personaggi delle -chiamiamole- serate a veglia sono personaggi comuni, che fanno lavori comuni, ma lui li eleva a santità per le loro scelte di vita, le più surreali ed assurde, o azioni altrettanto surreali meritevoli di santità. Intanto il lettore scopre echi della vita dei Santi che conosce, o gli ritornano passi biblici, mentre un angelo nelle vesti di cliente del supermercato comunica alla cassiera Maria che rimarrà incinta, e poi tranquillizza nel sogno Giuseppe, che con quella ragazza non ha mai fatto l’amore: “Ciao, Giuseppe. Senti, sono stato io a dare la notizia a Maria, sono andato a trovarla al supermercato ed è successo ‘sto casino. […] Ascoltami. Maria è una ragazza splendida, non lasciartela scappare. […] Ti assicuro che non è stata con un altro uomo e che avrete un figlio eccezionale”.
Per tutti i beati che Masini crea, non essendo lui stato presente nella vita di ognuno di essi, ovviamente ha bisogno di fonti veritiere: a proposito dei dubbi di Giuseppe che non sa più se sposare o no Maria e glielo comunica, nessuna fonte può essere più vera della “Silvana Bergamini di via Argonne, che se c’era una incapace di farsi i cazzi suoi era sicuramente lei”.
Ma le fonti talora sono discordanti, magari “Matteo dei Prati Bocchi fornisce una spiegazione diversa”, parlando proprio della apparizione in sogno a Giuseppe, perché all’angelo “non bastava andare a disturbare la gente sul luogo di lavoro, no, doveva andare dalla gente anche mentre dormiva”.
Non mancano i documenti scritti, le cronache dell’epoca - che è quella, figuriamoci, degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso! Possono essere la “Vita e detti degli abitanti delle zone umide tra Colorno e Baganzola”, oppure la più ricca “Cronaca delle diciassette tribolazioni dei giorni d’estate, quando c’è molta afa e non c’è modo di trovare un po’ di fresco neanche all’ombra di un salice in riva al fiume”.
Tutto è raccontato come se emergesse da un lontano passato tanto da essere diventato leggenda, col narratore che si interrompe per aprire finestre sul racconto quasi a rispondere alla curiosità di chi ascolta; poi riprende il discorso e fa parlare i suoi santi, chi li ha conosciuti o chi li ha incontrati: – “E alora, a’m tolì pr’al cul?” dice una donna in fila da tempo alla cassa, quando l’angelo/cliente parla tranquillamente con Maria, ma nessuno li sente parlare, e intano passa il tempo e la donna perde la pazienza.
Sono macchiette queste vite trascinate tra i paesini della pianura padana, dipinte con maestria, in un ripetersi di paradossi, in un incrociarsi e scontrarsi di registri linguistici, con il palese divertimento del Masini che scrive.
Semiseria è anche la introduzione dell’autore in “Fatti e miracoli della pianura”, in cui si sofferma sulla possibilità di discernere il vero dal falso, e su “un certo numero di fatti notevoli che diventano veri nel momento in cui vengono letti” in quanto “si realizzano nella nostra immaginazione, una volta che li abbiamo ascoltati o letti”.
Queste storie non le aveva raccontate nessuno: “nessuno lo aveva fatto, perché prima che fossero raccontate non esistevano. […] Se non che sono tutte vere e quindi tutte inventate”.
Marisa Cecchetti