Dati Istat ci indicano che ci spostiamo e ci sposteremo meno per studio e lavoro, e quando lo facciamo siamo più passivi, cioè non andiamo in bicicletta o a piedi ma con mezzi pubblici e, soprattutto, privati. Sono i risultati e le previsioni di una socialità con al centro la pandemia covid: il telelavoro, la didattica a distanza, la scarsa frequentazione sociale pubblica e privata. Che trova riscontro in consumi che, negli indici degli ultimi mesi, vedono sempre in crescita quelli domestici, soprattutto elettronici.
Stiamo cambiando. Sembra non sia parentesi tra periodi di consapevolezza salutistica e urbana dove, per esempio, eravamo più dediti a mobilità dolce (mezzi pubblici, bicicletta e piedi). La pandemia covid non sta per finire, anche se è molto meglio gestita grazie ai vaccini. Lentamente ci stiamo abituando ad una vita e mobilità diversa. È probabile che ci vorranno decenni per una vita diversa e, nel frattempo, anche fisico e psiche si adattano. All’inizio abbiamo difficoltà: ne sono riprova le diverse contestazioni collettive ed individuali rispetto alle regole della nuova “normalità”. Ma col tempo, non abbiamo alternative: o ci adattiamo o viviamo da disadattati. A livello individuale e collettivo.
Abbiamo l’impressione che le istituzioni/autorità non siamo molto allertate e in preparazione. Ne è testimone quel tocco di ritorno alla “normalità” pre-covid che stiamo vivendo in questa stagione non caratterizzata dai colori delle regioni: un mondo uguale a prima con alcuni correttivi di regolamentazione della mobilità individuale e collettiva.
Quanto è pronta la nostra psiche ad una vita più “casalinga”? E quanto ci offrono società ed istituzioni per vivere di conseguenza in serenità? Facciamo un esempio: il mondo dei viaggi. Quanto ci impegniamo per cercare di muoverci tra le maglie di permessi e improbabili destinazioni (con tanti annullamenti e delusioni) rispetto ad una più sicura conoscenza del mondo con gli strumenti sicuri che ci offre la tecnologia o il viaggio in località vicine? Una ipotesi del genere può essere scioccante, ma la presa d’atto della realtà ci può aiutare a farci meno male. Come ci incentivano in merito le istituzioni tecniche e culturali? Nulla!
Quanto è pronto il nostro fisico a questa nuova vita? Ci muoviamo e alimentiamo di conseguenza o più o meno silenziosamente se soffriamo per le conseguenze. Quanto siamo disposti ad andare a piedi in un luogo a mezzora di distanza piuttosto che usare un mezzo privato o pubblico? Quanto siamo disposti a sacrificare un’alimentazione che ci faceva bruciare calorie e grassi in base a spostamenti che ora sono sempre più passivi? Oltre alla consapevolezza individuale, anche in questo caso ci sembra assente l’incentivo pubblico: sono state abbassate le imposte, per esempio, sui prodotti alimentari meno calorici, sì da favorire abbassamento dei prezzi e maggiori consumi? Anzi, continua imperterrita la tendenza ante-pandemia di costi maggiori per i prodotti alimentari “più sani”, lasciando che il mercato continui a far leva sulla moda piuttosto che su nuova necessità e benessere.
Vincenzo Donvito, Aduc