Settantasei anni fa, precisamente il 30 aprile 1945, Adolf Hitler si suicidava nel suo bunker di Berlino. Questo scritto ricorda, sia pur succintamente, gli ultimi giorni e ultime ore del capo del Terzo Reich.
Si sta infrangendo il sogno pazzesco di Hitler, già manifestato nel libro Mein Kamp, consistente nell’eliminazione totale degli ebrei, dei sinti, dei rom, nella creazione di una nuova razza ariana tedesca, privata negli appositi ospedali di ogni forma di disabilità, invincibile ed idonea a schiacciare le razze inferiori e dominare il mondo. Le armate tedesche, dopo le iniziali vittorie, vengono sconfitte a Stalingrado e costrette a retrocedere. Gli Alleati, sbarcati in Normandia, marciano anch’esse verso Berlino. I bombardamenti sulla capitale del Reich s’intensificano, procurando seri danni alla città. Le armate sovietiche avanzano in tutta la Germania, le residue, decimate armate tedesche non sono in grado di contenerle. I russi sono ormai alle porte di Berlino. Anche quelle alleate non sono lontane. Hitler sprona alla guerra all’ultimo sangue le residue forze tedesche, ormai impegnate solo nella difesa della capitale.
Lo fa dal suo bunker scavato in profondità sotto i giardini della Cancelleria del Reich, a prova di bomba. Ci vive con l’amante Eva Braun, con le sue segretarie e con militari nazisti super fidati. Dal bunker dirige le operazioni belliche, impartendo ordini ai suoi generali che vengono, di tanto in tanto, a riferire sull’andamento della battaglia attorno alla capitale. Ma i suoi ordini sono strampalati, ineseguibili. È esasperato per le notizie che gli vengono riferite. Ormai i sovietici sono in città, a pochi chilometri dal bunker. Hitler è in preda ad una completa paranoia. Esce per incitare i suoi soldati ad una difesa disperata. Trova alcuni ragazzini esaltati disposti a combattere. Emana altri ordini ai soldati presenti in città, ormai decimati. Devono attaccare i sovietici, distruggerli. Crede di poter disporre di truppe esistenti solo nella sua mente. Grida, urla, sbraita.
I sovietici sono ad un chilometro dal bunker. Solo a questo punto capisce che la guerra è persa. Allora accusa i generali di non aver eseguito i suoi ordini. Se la prende con tutti i tedeschi. Se la guerra è persa, è colpa del popolo che non lo ha seguito. “Tanti, troppi hanno tradito!”, grida, urla col volto paonazzo per la bile. Il 29 aprile riceve la notizia della fine del duce e dei gerarchi, e della loro esposizione a piazzale Loreto. Esclama: “Non permetterò agli ebrei di aver questa soddisfazione!”. Vuole sposare Eva Braun. Goebbels, plenipotenziario per la guerra e ministro per la difesa di Berlino, riesce a far arrivare sino al bunker un consigliere comunale per celebrare il matrimonio. Subito dopo Hitler nomina Doenitz capo del Governo. Infine prova sul suo povero cane una fiala di cianuro. Funziona. La povera bestia muore dopo pochi istanti. Il 30 aprile detta il suo testamento, nel quale, tra l’altro, è scritto: “…È falso che io, o qualcun altro in Germania, abbia voluto la guerra nel 1939. La guerra è stata voluta e provocata esclusivamente da uomini politici internazionali di origine ebraica o agenti al servizio di interessi ebraici…” (William Shirer, Storia del Terzo Reich, Einaudi, 1963, pag. 1215). Ordina al suo autista di reperire duecento litri di benzina. Vuole che il suo corpo e quello della sua moglie vengano cosparsi di benzina e bruciati per renderli irriconoscibili. Nel bunker c’è ancora Goebbels con la moglie e le sei figlie. La signora dice ad Hitler: “Mein Fuhrer, noi restiamo qui”. Il capo del nazismo saluta i pochi presenti e si congeda. Si ritira nella sua stanza. Poco dopo si sente uno sparo. Alcuni si precipitano per vedere. Eva Braun è morta dopo aver preso la fiala di cianuro. Anche Hitler prende il cianuro ma, per maggior sicurezza, si spara alla tempia con la rivoltella. I Goebbels decidono di seguire la sorte del capo del nazismo. La signora fa addormentare le bambine con una pastiglia, poi le forza per far loro ingerire le fiale di cianuro. Constatata la morte, si ritira col marito nella loro stanza. Goebbels spara alla moglie in fronte, poi rivolge la pistola contro se stesso e preme il grilletto. Anche i Goebbels sono bruciati con la poca benzina rimasta, e restano perciò riconoscibili. Altri nazisti si suicidano. Il sogno paranoico di Hitler è finito. Per sempre.
Il 1° maggio Radio Amburgo, ancora controllata dai nazisti, emette il seguente comunicato: “Il nostro Fuhrer, Adolf Hitler, è caduto per la Germania questo pomeriggio nel suo quartier generale delle operazioni, alla Cancelleria del Reich, combattendo fino all’ultimo respiro contro il bolscevismo… ha nominato come suo successore il grand’ammiraglio Doenitz. Il grand’ammiraglio, successore del Fuhrer, ora parlerà al popolo tedesco” (William Shirer, op.cit., pag. 1228).
Il nazismo, il Terzo Reich si chiude con una grande menzogna, così com’era iniziato. Il 2 maggio, mentre i soldati sovietici issano la loro bandiera sul Reichstag, il generale Wolf firma la resa tedesca a Caserta, per il territorio italiano. La resa definitiva viene firmata il 7 maggio, con decorrenza dal giorno 8, dai generali teutonici Yodl e Friedeburg, davanti ai rappresentanti dei quattro Paesi alleati.
Sergio Caivano