La coppa calcistica europea sembrava predestinato ad un trionfo inglese: la scelta dello stadio londinese di Wembley per le semifinali e la finale, l’ampliamento del numero degli spettatori a 75.000 in un momento di crescita del contagio dovuto alla variante delta, la concessione di un rigore perlomeno generoso all’Inghilterra nella semifinale, infine la stessa pioggia che ha accompagnato la partita ed alla quale i giocatori albionici sono più abituati. Invece, con una piacevole sorpresa, i calciatori azzurri hanno dimostrato, dopo un inizio incerto, di saper giocare meglio al football, di essere una vera squadra forgiata da un tecnico valido come Roberto Mancini, ammutolendo i cori dei tifosi inglesi. Cori che, con scarso fair play, hanno accompagnato l’inno di Mameli, il fraseggio della nostra squadra, ed esplosi alla fine, nel corso della cerimonia di consegna dei premi, nel gesto antisportivo di togliersi la medaglia-premio spettante alla squadra giunta seconda in questo torneo. Tutti fatti che evidenziano, purtroppo, il decadimento non solo dei tifosi londinesi, ma anche di una nazione che è stata a lungo presa ad esempio da tanti, certo anche da noi italiani.
L’Italia calcistica è certamente stata la migliore, in questa occasione. Ha battuto tutte le squadre più forti: il Belgio, la Spagna, l’Inghilterra. Anche se queste due ultime dopo i tempi supplementari ed ai calci di rigore. Non avendo fenomeni in campo (ad eccezione del portiere) anche se alcune individualità sono veramente notevoli ha giocato tutto sulla squadra, sul rapporto tra i calciatori. Hanno vinto, alla fine, venticinque atleti scesi in campo, non solo undici. E hanno vinto per la loro compattezza, per lo spirito di sacrificio di tutti. È solo una partita di calcio, si dirà: è vero, ma cominciamo ad accontentarci di questo, al momento: i nostri calciatori ed il tecnico Mancini sono riusciti ad umiliare la superba Albione. Il che non è poco.
Sergio Caivano