Roma – Dire una cosa e farne una altra. È questa la sensazione che abbiamo avuto leggendo il testo della “Carta dei valori europei”, elaborata da 15 partiti della destra in Europa, tra i quali la Lega e FdI.
Affermazioni propagandistiche che fanno presa per chi è abituato a slogan, buoni per accalappiare voti ma contraddittorie con la realtà.
Vediamo le affermazioni della “Carta”.
«Le nazioni europee dovrebbero basarsi sulla tradizione, sul rispetto della cultura e della storia degli Stati europei», scrivono. Sarebbe interessante sapere chi lo ha negato.
Si invoca il rispetto della “eredità giudaico-cristiana”. E quella greca classica e del diritto romano? Fanno parte, o no, delle radici della nostra storia e della nostra cultura?
Prosegue il documento con: «In un’epoca in cui l’Europa sta affrontando una grave crisi demografica, con bassi tassi di natalità e invecchiamento della popolazione, l’elaborazione di politiche a favore della famiglia dovrebbe essere una risposta, anziché un’immigrazione di massa».
Nessuno vuole una immigrazione di massa, anzi, Polonia e Ungheria, i cui governi sono sottoscrittori della “Carta”, non sono affatto solidali con i Paesi, come il nostro, coinvolti da consistenti fenomeni immigratori. In sintesi, non accolgono neanche uno degli immigrati sbarcati sul suolo italiano che, a parole è confine europeo, quindi anche polacco e ungherese. Le politiche per le famiglie le finanzieranno i fondi europei, con il Recovery Fund, dei quali Italia, Polonia e Ungheria sono beneficiari netti, cioè a carico di Germania, Francia, ecc.
Denunciano che la Ue vuole la costruzione di un’Europa senza nazioni, puntando alla creazione di un Superstato europeo.
Dove l’hanno letto non si sa, visto che l’obiettivo, almeno per noi, sono gli Stati Uniti d’Europa, dove la prima parola è “Stati” e non “Superstato”, e la seconda è “uniti”, per un patto comune che nessuno obbliga a sottoscrivere.
Ungheria e Polonia, sono in prima linea nel contestare la politica comunitaria, però sono quelli che hanno sempre avuto fondi europei dei quali sono stati, e sono, beneficiari netti, cioè ricevono più di quanto versano. Tra l’altro, i contributi che prima affluivano a Grecia, Spagna e Italia sono stati, in parte, dirottati verso questi due Paesi, quando sono entrati nella Ue nel 2004, sottoscrivendone, peraltro, i relativi trattati. Dunque, si sono seduti a tavola, ma contestano chi li fornisce di cibo.
Della Lega e di FdI, firmatari della “Carta”, vorremmo ricordare che volevano uscire dall’euro e dalla Ue solo qualche anno fa. Oggi non più. Salvini firma la “Carta” e contemporaneamente dichiara, in una intervista al Financial Times, che «l’Europa sta cambiando in meglio dotandosi di nuovi strumenti e nuove regole»; della Meloni, che raccoglie consensi dalla posizione di unico partito di opposizione, non comprendiamo il pensiero: vuole più poteri agli Stati e meno alla Ue e non si accorge che così i fondi comunitari, da lei tanto agognati, non sarebbero mai arrivati.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc