“La breccia della poesia/ incauta e separata dal resto,/ allontana dai passanti/ e non sa cuocere diverso cibo/ dal sogno ma è caldo profitto/ senza l’ansia delle discipline”, così scrive Elio Grasso nella sua ultima raccolta Novecento ai confini edita da Campanotto.
Versi, questi, dal respiro profondo. Versi che tracciano frontiere mobili, frontiere il cui nome è breccia separazione discipline confini. Il confine come spazio necessario tra frontiere. Ma anche come linea-margine. La linea che demarca. E demarcando si snoda in un processo di inclusione/esclusione. E in questo processo la poesia si fa breccia. Meglio, si costituisce come breccia. È quel varco che libera dall’ansia delle discipline, che ci salva da una struttura dimentica del sogno e quindi dell’uomo. Varco dunque che libera ma anche varco che nutre. Un nutrimento in equilibrio tra linguaggio e conoscenza, la conoscenza del sé e la conoscenza di ciò che ci circonda. Linguaggio e conoscenza, ossia: il compimento del confine. E tanto più il linguaggio è epocale e la conoscenza si fa supplementare tanto più il confine si accresce, diviene quella traccia compiuta e illuminante, quel presente che è avvento e testimonianza della nostra dimensione umana.
Ecco, Elio Grasso si muove in profondità tra linguaggio epocale e conoscenza supplementare. Li fonde. Li fonde e vigila. Fortificando così parola e scrittura e dando testimonianza del presente. Come? Il come è lo stesso Elio a rivelarcelo: “Mai precipitare la scrittura/ nel vuoto digitale,/ però muoversi in vie pescose/ a valle dei boschi./ Eredità acquisita, barche/ fraterne facili allo slancio/ prima del tramonto”. Le vie pescose a valle dei boschi. E le barche fraterne. Vie che hanno percorso i boschi? O vie che vanno verso i boschi? Elio Grasso le ha percorse e le percorre con la sua parola in entrambe le direzioni perché la poesia di Elio è misura e esperienza reale di vie e parola. Misura e esperienza reale da cui Elio si muove per oltrepassare se stesso e protendersi verso quelle barche che sono fraterne, verso, quindi, lo sguardo dell’altro, quel tu che si fa specchio e nei cui connotati ci si confonde, non per perdersi in questi connotati o per rinunciare ai propri ma per consolidarsi. Per accoglierli. Perché sono eredità acquisita, e perché questa eredità unita alla propria si moltiplichi e si consegni ad altri tu. E tutto nella luce che precede il tramonto. Una luce sacra, per certi aspetti. Perché ci dice del giorno che sta per perire ma anche ci riconcilia con noi stessi, ci allunga nelle ombre che incontrano altre ombre. Ci fa sentire destinazione con quel toccare confine e confini, con quel provare, e forse abitare e essere, il tempo e la lingua del nostro destino.
“Ai graffi del tempo/ resistiamo nei solchi di vicoli/ in braccio a sortilegi come/ fosse aria remota il sostegno/ nello smarrimento.// La resistenza guarda alle valli/ segnate, ultimi scali/ di ciò che divise il mare/ dai primi contrafforti di terra.// Era già una ricerca, un ponte/ per oltrepassare il secolo”.
Resistenza. Perché l’eccesso del tempo, quei suoi graffi, si ricompatti. Perché si mediti e rimediti tensione e materia poetica. Perché mare e contrafforti riducano la loro distanza, si sfumino fino a diventare ponte, e perché salvi si oltrepassi il secolo. Salvi, dico, perché ci si è conficcati nelle giunture di secolo e secolo, elaborandoci attraverso la parola nella sua dimora. Ereditando dimensioni temporali mai davvero concluse e mettendosi in attesa di nuove dimensioni temporali. Un risalire verso se stessi compressi in quei confini che soli possono salvarci.
Questa la strada di Novecento ai confini. Un aprirsi di soglie che nella parola di Elio inanellano la durata del tempo, rinviando a noi stessi, al nostro saper animare i varchi, ma anche le aporie del tempo, attraverso la parola e il linguaggio. Un transito che è evento/avvento di un io che si configura in relazione al proprio sé, al tu in cui si specchia, e al mondo fatto bi boschi, valli, fiumi e anelli di pianeti che staccandosi ci raggiungono a segnare epoche e epoche e epoche.
Silvia Comoglio
Elio Grasso, Novecento ai confini
Campanotto Editore, 2021, pp. 64, € 10,00