In questo lungo anno di pandemia, la nostra società seppur in apparenza “ferma” ha continuato a cambiare aspetto ed è tuttora in continuo divenire. L’estrema precarietà del nostro vivere quotidiano ha esacerbato relazioni in bilico, le preoccupazioni per la salute, le difficoltà lavorative, il disorientamento educativo, stanno mettendo a dura prova la resistenza del nostro tessuto sociale. La carenza di stimoli culturali, dovuta al “tutto chiuso” e la frammentazione educativa del nuovo modo di “fare scuola” sta impoverendo il nostro essere “umani” empatici, solidali, creativi.
L’impatto emotivo che il vivere in “ristrettezze”, in termini di spazi fisici e di relazione, è particolarmente sentito nelle nuove generazioni. Ritrovarsi dall’oggi al domani senza più punti fermi, non potendo più frequentare anche nel tempo libero luoghi di aggregazione, svago e apprendimento, che di fatto riempivano le giornate dei bambini e ragazzi, influisce in modo severo nel loro sviluppo sociale ed emotivo. Ritrovarsi a convivere forzatamente in ambienti spesso ristretti, dovendo necessariamente “ritagliarsi” spazi talvolta anche rumorosi per studiare e lavorare, rende lo stare insieme fonte di stress e talvolta agevola conflitti familiari. L’affrontare la giornata con degli impegni certi, il sottostare a delle regole di comportamento, il confrontarsi sono alla base dei valori della convivenza civile e se vengono a mancare, rischiano di minare l’assetto sociale futuro. Rinunciare al contatto fisico soprattutto nei piccoli genera irrequietezza e può sfociare in disturbi psicosomatici. Per gli adolescenti e preadolescenti, che si trovano nella fase di costruzione della la propria identità, dove l’appartenenza ad un gruppo di pari è di fondamentale importanza, la chiusura “imposta” può scatenare reazioni alienanti, accentuando il senso di solitudine e smarrimento che caratterizzano questa fase della loro sviluppo. Per molti non resta che rinchiudersi in se stessi, isolandosi dalla realtà e rifugiandosi nel mondo virtuale.
Le scuole, i genitori e le istituzioni sanitarie dovrebbero collaborare maggiormente per aiutare i bambini e i ragazzi ad affrontare in modo propositivo le loro difficoltà emotive e psicologiche. Questa condizione di vita, che si prolunga nel tempo, non mostra ancora un orizzonte certo e che la latenza delle altre agenzie educative ha amplificato, dovrebbe aver reso tutti più consapevoli del ruolo di spessore della scuola, in seno alla società. La scuola da un anno è in trincea e cerca di assolvere ai propri compiti di istruzione ed educazione cercando sempre nuove modalità d’intervento, reinventandosi quotidianamente, anche se l’autonomia e la costruzione consapevole del proprio sapere passa attraverso le esperienze concrete e condivise. Quello che si può fare per non spegnere la curiosità e la voglia di apprendere è stimolare i ragazzi alle relazioni positive, a dedicare tempo all’attività fisica e a coltivare il senso del bello. Anche se i luoghi di cultura e di svago non sono accessibili fisicamente è importante continuare a leggere, ascoltare musica, fare sport anche individuale. È altresì importante cogliere questa occasione di estrema difficoltà per mettere mano agli annosi problemi della scuola (classi troppo affollate, carenza di personale, edilizia scolastica…) e ridando dignità anche al ruolo dell’insegnante.
Gli insegnanti, infatti, si sono trovati per quasi due anni scolastici a gestire un’emergenza senza eguali mettendo in campo disponibilità alla sperimentazione, serietà e professionalità. Si sono recati al lavoro nell’incertezza, rischiando la propria salute e quella dei familiari per il bene comune. Anche durante il periodo della didattica a distanza molti docenti hanno svolto il proprio incarico dalla propria sede scolastica, in quanto dovevano seguire anche i bambini più fragili, che frequentavano in presenza. Questi insegnanti, più che mai, si sono ritrovati in un periodo di massima allerta a dover lavorare a contatto con colleghi e bambini, a prezzo di enormi sacrifici. In tantissimi rivestendo anche il ruolo di genitori hanno vissuto sulla propria pelle le difficoltà di conciliare lavoro e famiglia. La giornata lavorativa di un insegnante non si esaurisce con la lezione agli alunni, ma continua a casa con la programmazione delle attività da svolgere, la correzione degli elaborati, la compilazione del registro, la partecipazione alle riunioni, la continua reperibilità per far fronte alle emergenze e con la disponibilità verso i genitori, che spesso si fanno prendere da ansie e sono alla continua ricerca di risposte che purtroppo in questo contesto non si riescono a dare.
Per la ripresa in presenza da subito va posta l’attenzione alla questione sicurezza, per gli alunni e tutto il personale scolastico con un controllo sanitario a tappeto e un maggiore tracciamento dei contatti. Riqualificare il “sistema scuola” è sicuramente la strategia migliore per guardare con più fiducia al nostro futuro e in particolare a quello dei nostri figli.
Paola Mara De Maestri