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La Donna nel Medioevo
30 Marzo 2021
 

Esaminando lo status della donna nel Medioevo, si evince che purtroppo, contadina, commerciante, nobile o monaca che fosse, era sempre considerata un essere inferiore per sua specifica natura rispetto all’uomo. Le donne erano considerate non solo deboli fisicamente ma anche moralmente e, quindi, da proteggere dal mondo esterno e da se stesse; le si riteneva non in grado di discernere e quindi “in pericolo”. La donna nel Medioevo è pressoché svantaggiata sin dalla sua nascita, e le veniva riservata un’esistenza da trascorrere in sudditanza e in totale dipendenza dalla famiglia di origine e poi dalla famiglia del congiunto. Rispetto alla materia giuridica, si assiste a un generale ritorno agli aspetti più arcaici del diritto romano, nel passaggio delle “tutele” paterne a quelle del marito e della famiglia dei suoceri ed a un generale irrigidimento normativo quanto a gestione del patrimonio e tutela filiale.

La vita delle donne in età medioevale era assolutamente limitata: non potevano esprimersi in pubblico e, se dovevano per qualche motivo partecipare ad un processo, un parente stretto doveva parlare al posto loro. Se non trovavano da sposarsi, avevano due alternative: o essere mandate a servizio presso qualche famiglia o recarsi in convento e trascorrervi il resto della propria esistenza. Per esempio, la vita delle contadine era molto faticosa e richiedeva molte energie: a loro spettava l’accudimento della prole, degli animali allevati di piccola taglia, la gestione del focolare e della pulizia (di casa e di indumenti), alcune mansioni di raccolta (la fienagione e mietitura) in ambito prettamente agricolo e la produzione di latte e derivati. Si sposavano giovani e potevano mettere al mondo anche un numero elevato di figli, da 8 a 10, non necessariamente destinati a sopravvivere, più facilmente soggetti a morte per incidente o infezione di varia natura.

In ambito aristocratico, la vita delle donne non era particolarmente più agevole: per i genitori le figlie femmine erano una maniera per ottenere risorse in termini di alleanze politiche e potere e, a questo scopo, potevano essere concesse in spose anche all’età di 7 anni.

La loro educazione era gestita dalla componente femminile della casa e ad attività femminili venivano educate, perlopiù a dedicarsi alla tessitura e al ricamo. In realtà, solo ed esclusivamente in casi di matrimoni di un certo livello, le donne potevano sperare di gestire un feudo intero con tutta una schiera di servi, capocuochi, camerieri e maggiordomi, ma anche in quel caso dovevano per prime seguire occupazioni di tipo domestico, quali la salatura della carne, la preparazione dei formaggi, di vini e dei prodotti della terra. Ma di fatto spettavano loro, però, mansioni di carattere amministrativo o di tipo organizzativo che andassero oltre lo spazio domestico.

 

(Da Vallesusa-tesori.it, “Giornata Archeologia 2017”)

 


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