Seraphine Louis nacque ad Arsy, comune nella regione francese della Piccardia, il 3 settembre 1864, da padre orologiaio e madre proveniente da famiglia di pastori. Questa morì all’epoca del suo primo compleanno, e fu seguita sette anni dopo anche dal padre, il quale si era nel frattempo risposato. La situazione economica drammatica in cui la famiglia versava, costrinse la piccola Louis a lavorare inizialmente come domestica nel convento delle Sorelle della Providenza a Clermont, nel 1881. Per un certo periodo accarezzò addirittura l’idea di farsi monaca; poi, mossa da esigenze economiche, trovò impiego come cameriera a ore nella vicina cittadina di Sanlis, dove si trasferì nel 1906. Furono anni bui, allietati solo dalla profonda fede religiosa e dalla frequentazione della maestosa cattedrale gotica della città, le cui vetrate policrome lasciarono un’impronta profonda sulla sua fantasia e servirono quali fonte d’ispirazione, per la brillantezza dei colori, delle sue creazioni. Parallela all’ardua attività lavorativa, ebbe anche inizio l’attività pittorica, alla quale Louis sosteneva di essere stata introdotta da un angelo o dalla Madonna stessa.
In ogni caso, la donna, terminato il lavoro giornaliero, prese l’abitudine di dipingere durante la notte, in momenti di solitaria alienazione, tele a tema floreale. Un’estate puliva le stanze di un critico d’arte in vacanza, Wilhelm Uhde (era lo scopritore di Henri Rousseau). Quando egli per caso vide il suo lavoro, capì che aveva fatto un’altra scoperta. Come egli stesso affermava, non era un semplice studio di frutta e fiori ma un’opera ispirata, dipinta con fervore medievale e notevole tecnica al tempo stesso. Egli fece una notevole pubblicità al lavoro di Seraphine e la rifornì di tele più larghe e colori migliori. Venivano sempre studenti di arte da Parigi (lei stessa non aveva mai visto quella città) per apprendere come facesse a ottenere un oro così brillante che si può ammirare, ad esempio, nello splendido ed iridescente Albero del paradiso. Lei però pose un cartello sulla sua porta che diceva «M.lle Seraphine non riceve», si barricava nella sua stanza con una complicata serie di lucchetti ogni volta che dipingeva e per questo il segreto del suo colore lucente morì con lei. Le sue visioni divennero sempre più apocalittiche e annunciò a tutti nel paese che era prossima la fine del mondo.
Grazie al mecenate Uhde, la pittrice-cameriera conobbe un periodo di benessere e successo finanziario che in precedenza non aveva conosciuto. Questa fase di floridezza, tuttavia, fu di breve durata, allorché Uhde nel 1930 fu colto dalla Grande Depressione: il munifico mecenate, profondamente indebitato, non poté fare altro che interrompere l’attività mercantile e smettere di acquistare i sui dipinti, e anche i suoi pochi clienti sparirono.
Si manifestarono allora sintomi di un esaurimento psichico che la portò al ricovero nel manicomio di Clermont, dove le fu diagnosticata una forma di psicosi cronica con manie di grandezza. Fu quindi trasferita in una casa di cura a Villers-sous-Erquery, dove si spense lentamente, per poi morire lì l’11 dicembre 1942, all’età di settantotto anni: le sue ultime parole furono «ho fame».
Séraphine Luis è ricordata tra i più significativi esponenti dell’arte naïf. La sua produzione pittorica si sostanzia di tele raffiguranti principalmente tappeti di fiammeggianti fiori e foglie lussureggianti, in un trionfo botanico di alberi, frutti e cespugli realizzati con un’intensa carica onirica, che avvicina l’artista al surrealismo. Il tema floreale è probabilmente una reminiscenza della fanciullezza trascorsa con la madre; per questo motivo i fiori di Seraphine non sono semplici decorazioni, bensì sono sostenuti da un’immediata e vibrante forza espressiva, e scossi da una bellezza candida eppure brutale.
Peculiare era anche la tecnica pittorica adottata da Louis. I colori e i pigmenti usati da Seraphine sono frutto di una formula di sua stessa invenzione, composta in parte da acquarello, in parte da sostanze che si era ben guardata dallo specificare, ma presumibilmente sono cera liquida per pavimenti in alcuni dipinti e l’antico legante ad uovo in altri. A questo personaggio enigmatico, inoltre, il regista Martin Provost nel 2009 dedicò un film Séraphine, vincitore di ben sette riconoscimenti alla 34ª edizione dei Premi César.
Séraphine Louis è ben rappresentata al museo d’arte di Senlis, nel museo d’arte naïf di Nizza e nel museo d’arte moderna di Villeneuve-d’Ascq.
M.P.F.