Ricama il sole
con un filo di seta
aria e polvere
陽の刺しゅう
絹糸つづる
空気 塵
hi no shishū
kinuito tsuzuru
kūki chiri
Con un filo di seta/ dare forma al vento... Con un semplice gioco comporre un distico: Con un filo di seta è il secondo verso dell’haiku che apre questo volume di Silvana Ceruti – quarantotto haiku, dodici per ogni stagione – e dare forma al vento è il titolo, oltremodo poetico e insieme programmatico, della postfazione della sapiente calligrafa Ornella Bonetti, la quale ha anche illustrato il prezioso volume.
Suscitano smisurata ammirazione queste quattro dozzine di haiku, e non solo per la perfezione formale nel rispetto, secondo la “traslitterazione” occidentale, delle canoniche 17 sillabe (per la lingua nipponica è più corretto parlare di more o morae) nello schema – una gabbia senza sbarre, aperta all’infinito – del magico 5-7-5, bensì anche, e soprattutto, per l’aderenza alla Natura, per l’interpretazione della realtà, per la suggestione del momento, ovvero la cattura dell’hic et nunc di antica memoria e concezione, transeunte sì (mono no aware: la nostalgia, il senso della caducità, la mutevolezza delle cose) ed eterno nella sua (pur variabile) circolarità.
Nell’acqua chiara
guizzano pesciolini
lampi di luce
澄んだ水
ちらつく魚
雷光か
sunda mizu
chiratsuku sakana
raikō ka
Non vieti intellettualismi o cerebralismi, non stantie, trite o abusate formule, ma un lampo, un’illuminazione, la potenza dell’istante che rivela. Un frammento, se vogliamo, ma con una sua intrinseca definitività.
Nuvole bianche
come fiori di schiuma
sbocciano in cielo
白雲は
泡の花かな
空に咲く
shirokumo wa
awa no hana kana
sora ni saku
Altro che colpisce in tale magnifico florilegio di haiku è l’atemporalità o, meglio, l’astoricità: questi haiku hanno il carattere dell’universalità, della trasversalità poiché, in assenza di riferimenti tecnologici, potrebbero essere del Settecento o dell’Ottocento. E questo non significa essere avulsi, tutt’altro... L’atemporalità e l’astoricità sono soltanto apparenti. Difatti la poetessa, l’haijin, ha colto quell’essenza (un po’ come l’immagine del fiore che resiste anche quando quello stesso fiore è morto o caduto) che è lì da sempre, anche se pare palesarsi soltanto nella particolare circostanza dell’intuizione. Un afflato cosmico...
Chicchi di riso
le stelle questa notte
sperse nel gelo
米粒か
今宵の星は
霜にまたたく
kome tsubu ka
koyoi no hoshi wa
shimo ni matataku
E il kigo – l’essenziale riferimento alla stagione (o a una parte di essa o al tempo o a un elemento che la/lo richiami) – non è mai forzato né ingessato in facili stereotipi. Davvero questi haiku serbano lo spirito dei Maestri giapponesi, senza mai esserne sterile copia. Essi si collocano nel solco della migliore tradizione e, nel contempo, hanno un delizioso/poderoso marchio di originalità; vi vibrano lo stupore del vuoto – che invero non è mai tale – e il senso d’invincibile meraviglia che il “Creato” evoca.
(La traduzione in giapponese, completa di traslitterazione, aggiunge icasticità alla “rappresentazione”).
Lamento e vita
in verdi lontananze –
canta una rana
嘆き、 命
遠くの緑
蛙 鳴く
nageki inochi
tōku no midori
kaeru naku
Sovviene la lezione di Matsuo Munefusa Bashō (1644-1694), il capostipite, l’iniziatore, il Grande Maestro, quello dello Stagno antico./ Una rana si tuffa./ Tonfo nell’acqua. Ma declinato con umiltà, genuinità e, per l’appunto, originalità.
Cachi arancioni
lanterne nella nebbia
gioia rotonda
オレンジ色の柿
霧の灯篭
まん丸の喜び
orenji iro no kaki
kiri no tōrō
manmaru no yorokobi
O, ancora, il modello dell’immenso e sventurato Masaoka Shiki (1867-1902), il mangiatore di cachi.
Ciliegio antico –
cade morbido petalo
stella nell’acqua
古木桜
花びら ひらり
水中の星
koboku zakura
hanabira hirari
suichū no hoshi
Nel panorama degli artefici, dei saggi artigiani di haiku – non è azzardato affermarlo – la Ceruti ha una speciale collocazione, frutto della sua storia personale – dedita al l’insegnamento con i mezzi della maieutica, al volontariato in carcere – nonché del suo talento, del suo studio, della sua continua e mai doma applicazione, della sua capacità di sorprendersi e farsi sorprendere dall’arcobaleno del mondo, dalla volta stellata, così come dall’umile canto di un uccello o dal fruscio musicale del vento che trascorre fra le fronde.
Sulla marina
tre gabbiani si librano
color di vento
海岸で
三カモメ 舞う
風の色
kaigan de
san kamome mau
kaze no iro
Occhi di passero
perline spaventate
grani di pepe
雀の目
驚きの露
粒胡椒
suzume no me
odoroki no tsuyu
tsubu koshō
Ed è un empito di armonia.
Come ventagli
contro un cielo di perla
rami invernali
扇子かな
真珠の空に
冬の枝
sensu kana
shinju no sora ni
fuyu no eda
Yūgen (il mistero nella sua insondabile profondità), shiori (delicatezza ed empatia), wabi (l’inatteso, la meraviglia), karumi (la semplicità) permeano questa splendida commovente serie. E tutta la forza evocativa, incalcolabile, del silenzio. Quel silenzio che a porci in ascolto, nonostante e contro la presente e fastidiosa epoca di rumori, sa parlarci... sa parlarci... un dolce sussurrio... Da 17 sillabe un’eco d’incommensurabile vastità. E bellezza.
Alberto Figliolia
Silvana Ceruti, Come un filo di seta
Haiku per ogni stagione
La Vita Felice, 2021, pp. 120, € 12,00