O dei pastori contadini di Tarten1 (Tartano), prima che il forte richiamo dell’industria spopolasse la valle2
Il territorio della Val Tartano era ben distinto: in fondo e lungo le valli Lunga e Cürta le 40 contrade,3 distanti l’una dall’altra; tutt’intorno lavorato a prato e tenuto con cura fin sotto il bosco; oltre, sopra i 1500 m circa, i numerosi ridenti alpeggi.
Allora la vita scorreva semplice e frugale. La popolazione della valle che superava di gran lunga le mille persone,4 viveva prevalentemente della campagna e dei prodotti delle bestie, soprattutto mucche, pecore e galline.
A colazione si mangiava pulenta e lač o mate e bütēr, a pranzo pulenta e furmài o matüsc,5 a volte öf e insalata, a cena la solita menestra o tartüfui e maschérpa.6
Che festa quant as càgiaua!7
L’economia si basava principalmente sulla pastorizia e su poche altre piccole attività artigiane e commerciali legate in particolare al grano, al legno e alla lana, e anticamente anche al ferro;8 mentre la vita sociale ruotava intorno a casa, scuola e chiesa, con quest’ultima a farla da signora, conformando di sé ogni aspetto della vita quotidiana.9
La vanità era osteggiata. La sessualità repressa. Il desiderio o il piacere sessuale vissuto con senso di colpa, e da confessare con imbarazzo al prete.
C’erano ben tre scuole elementari nella valle: a la Piana, al Cursöl e a Cāp.
D’Estate le mucche si portavano sugli alpeggi, prima e al ritorno nei maggenghi, mentre d’Inverno si tenevano nelle contrade.
Il cargamūt10 era signore in valle, mentre la madre di numerosi figli regina.
Le montagne davano legna da ardere quotidianamente nei focolari e legname da tagliare, che, a volte, veniva condotto a valle con le teleferiche e venduto alle segherie; il sottobosco e i pascoli ricchi di fraū, mani, ghislū e scereʃöi; si mangiavano anche li marànduli,11 con cui, inoltre, si facevano collane e braccialetti.
Nei terreni demaniali, ai lati del fiume o nei garbìsc,12 si ricavavano gli orti che venivano coltivati a patate; e sü li moti13 l’insalata.
La valle era tutta un giardino. I sentieri ben tenuti così come li rulgi14 e i canāi.
Il bosco era pulito, e vi si raccoglieva oltre la legna anche lo strame, ul rüsp.
D’Estate s’andaua a pè biùt,15 d’Inverno cui sciapéi feràa.16
Il Sole specie d’Inverno lo si inseguiva ovunque nella contrada.
Le bambine giocavano preferibilmente cula pupola de pezza17 e i bambini culi statüini de uachi faci sü de legn; i ragazzi ali cichi o a saltà süi sas del fiüm; le ragazze ai cinch sas o a saltà la corda; d’Inverno, tüč a sʹlità sü la nīf; i divertimenti preferiti degli uomini erano, invece, giugà ali buci, a carti o ala mura.18
Fischiare era un’arte, come imitare il canto degli uccelli.
Rifiuti non ce n’erano. Nulla veniva sprecato. I vestiti si rammendavano. I numerosi corsi d’acqua scorrevano limpidi e ricchi di trote, ma che i Tartenesi non pescavano; e neanche cacciavano; e neanche andavano per funghi.
Si raccoglievano, invece, i fiori, di cui è feconda la valle, ma solo per la Madonna o i più arditi dal cuor gentile un mazzolin per la morosa.
A liberare il sesso19 si dovrà attendere il ‘68!
Nella silente valle
cantar s’udiva il gallo
le pecore belare
e le mucche muggire
e sopra tutto ‘l Tarten gorgheggiare
ora piano ora forte
l’immortal coro di fraterne fonti
Nostalgia di quel mondo, no, certamente, a ciascuno il suo tempo; sentito è, comunque, il bisogno di vivere in una società più semplice e sincera, così come di un nuovo modello di sviluppo sostenibile e integrale; ma non c’è tempo da perdere, i cambiamenti climatici in atto20 mettono a rischio la stessa sopravvivenza della vita sulla Terra, evidenti sono i suoi effetti diretti o indiretti: scioglimento di ghiacci e innalzamento dei mari, alluvioni e inondazioni, deterioramento della qualità dell’acqua e progressiva carenza di risorse idriche, aumento di incendi e siccità, danni alla biosfera, danni ad abitazioni e infrastrutture, aumento dei fenomeni migratori, diminuzione delle produttività agricola e della sicurezza alimentare.
A noi, dunque, invertire la rotta del consumismo21 che sta portando il mondo alla rovina, con uno stile di vita più sobrio, equo e solidale.22 Ma per questo serve innanzitutto ritrovare il senso della Terra e coltivare un rapporto più armonioso con la Natura, che è poi l’alto insegnamento lasciatoci in eredità dagli avi, e che è anche la dura lezione del covid-19.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.23
Luciano Angelini
1 Tarten è il nome in dialetto del fiume da cui prende il nome anche la valle; dal celtico tar, tuono, e te(g)n, figlio, quindi “figlio del Tuono” o “ il Tuonante”. (Cfr. Luciano Angelini, “Tartano, la storia del nome”, ‘l Gazetin, giugno 2009).
2 Subito dopo la Seconda guerra mondiale, l’industrializzazione della società italiana mette fuori dal mercato l’agricoltura di sussistenza. I contadini ed i pastori soprattutto di montagna faticano e non ce la fanno più a mantenere e a tirare su una famiglia, specie se numerosa: troppo onerose le nuove ed accresciute esigenze del vivere conseguenti all’industrializzazione della società; e così incomincia l’esodo dai monti. Con le lacrime agli occhi si lascia il paese natio. Il forte richiamo dell’industria spopola la Val Tartano, tanto che in pochi decenni dagli anni ’50 agli anni ’90, la popolazione passa da più di 1.200 abitanti a meno di 200. Oggi a causa dell’esigua popolazione residente nella valle è a rischio non solo la stessa sopravvivenza d’una benché minima comunità, ma anche il controllo democratico del territorio ed in particolare delle sue risorse come i corsi d’acqua ed i boschi.
3 Ogni contrada è unica e particolare e con una propria storia, le più antiche sono Sant’Antoni de Sparauera in Val Lunga, la Sciucada in Val Lema, la Biurc’a in Val Corta e Cāp allo sbocco della valle, a 1050 m di quota, da cui si domina tutta la Bassa Valtellina fino al lago di Como.
4 La popolazione della valle contava 1.400 abitanti all’inizio del Novecento e 1.200 subito dopo la Seconda guerra mondiale.
5 Formaggio magro fatto in casa o sui maggenghi.
6 “Patate e mascarpa”.
7 “Quando si faceva il formaggio”.
8 La Valle del Tartano nel ‘300 aveva miniere di ferro in attività, documentata dai rogiti notarili: le vene di Dordona (Durduna), menzionate nel 1344; di Casirolo (Casiröl), nel 1345; del Gavedo (Gàuet), nel 1369. Un forno di Talamona, alimentato dalle miniere della Val Tartano, era presente ancora nel 1431 in monte Zochedo (Sciucada) in Val Lema.
9 Sono scanditi dal suono delle campane nei tre momenti della giornata: mattina, mezzogiorno e sera, i due misteri che racchiudono la nostra religione: l’Annunciazione e la Resurrezione.
10 “Caricatore dell’alpeggio”.
11 “Fragole”, “lamponi”, “mirtilli” e “mirtilli rossi selvatici”; “frutti di rosa canina”.
12 Garbìsc da garbo/gerbo, “terreno incolto”, gherbìc, “terreno quasi sterile”, gherp, “acerbo”, “non maturo”; termine che viene dal sostrato mediterraneo e ligure. (Cfr. Carla Mottini, “Apporti del germanico ai dialetti dell’Alta Valle”, in Bollettino Storico Alta Valtellina, n. 2/1999).
13 Mota: “mucchio di letame”, in genere a forma di parallelepipedo, in un prato, nel quale il letame fermenta e indurisce. (Cfr. Giovanni Bianchini, Vocabolario dei dialetti della Val Tartano, Fondazione Pro Valtellina, 1994).
14 Rulgia: “ruscello”, anche roggia o canaletto per drenare l’acqua in un terreno acquitrinoso. (Giovanni Bianchini, Op. cit.)
15 “Si andava a piedi nudi”.
16 “Zoccoli ferrati”, zoccoli con 5 o 7 chiodi di acciaio per zoccolo per poter camminare sul ghiaccio o sulla neve dura.
17 “Con la bambola di pezza”.
18 “Morra”, gioco di due o più giocatori con le dita di una mano.
19 O la gioia di vivere sulla Terra.
20 L’uomo esercita un’influenza crescente sul clima e sulla variazione della temperatura terrestre in particolare attraverso attività quali, essenzialmente: la combustione di combustibili fossili; la deforestazione; l'allevamento del bestiame. Queste attività aggiungono enormi quantità di gas serra a quelle naturalmente presenti nell’atmosfera, incrementando l’effetto serra naturale e determinando così il fenomeno del riscaldamento climatico globale.
21 Le risorse della Terra sono limitate!
Consumismo: Fenomeno economico-sociale tipico delle società industrializzate, consistente nell’acquisto indiscriminato di beni di consumo, suscitato ed esasperato dall’azione delle moderne tecniche pubblicitarie, le quali fanno apparire come reali bisogni fittizî, allo scopo di allargare continuamente la produzione (Treccani), e così fare più profitto (ndr).