Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, colleghe e colleghi,
Il Giornale di Vicenza ha scritto: «La senatrice Menapace, con voce tremante e impaurita, ha detto che...». Lascio a voi giudicare se questa è una rappresentazione corretta della mia personale maniera di pormi. Ho già detto personalmente al sindaco che le sue argomentazioni mi sembrano formalisticamente corrette, ma se la popolazione protesta vuol dire che c'è un problema politico del tutto aperto. Naturalmente, se manca la seconda parte la prima assume tutto un altro significato. Non sono abituata ad occuparmi molto delle cose che mi riguardano personalmente e quindi desidero andare avanti rapidamente.
Cosa c'è di straordinario in quanto sta avvenendo? Sapete quei vecchi motti ex malo bonum, l'eterogenesi dei fini; anche attraverso dichiarazioni - mi perdoni il Ministro non presente - alquanto burocratiche viene fuori un protagonismo della popolazione che ha i caratteri, per la prima volta dopo un po' di tempo, dell'affermazione sostanziale della sovranità popolare.
È questo il caso di Vicenza, non sono forze politiche che insufflano qua o là, come è risultato chiaramente anche negli interventi precedenti, specialmente quello della senatrice Valpiana. È la sovranità popolare che si esprime nella sua nativa forza: la base dello Stato. Su questo nessuno può permettersi né sottovalutazioni né irrisioni. I Vicentini non sono scemi, sono cittadini come tutti gli altri e quando dicono delle cose le dicono a ragion veduta. Hanno fatto affermazioni e continuano a farle.
Cosa c'è di straordinario, quindi? Il fatto straordinario è che in un momento di grande difficoltà, quando anche il Senato americano nella sua Commissione difesa assume orientamenti che ci consentirebbero di agire, quando Jimmy Carter, la manifestazione di Washington mostrano un mutamento negli equilibri politici degli Stati Uniti, quando si rimette in moto con fatica la costruzione dell'Europa e quindi le relazioni tra le grandi potenze del mondo vengono ridiscusse, torna alla base la politica, la sovranità popolare fondamento della sovranità nazionale.
È questa la grande offesa che Vicenza ci manda a dire, e manda a dire per sé ma per tutti, perché la sovranità popolare, quando si esprime in un punto, riecheggia in tutta la popolazione, in tutta la cittadinanza.
Per questo ci sarà una manifestazione nazionale a Vicenza: perché questo è il valore politico della questione e se non lo cogliamo, andando anche oltre le nostre incapacità di capire e le nostre difficoltà, credo che non rispondiamo a questa grande istanza e non teniamo conto, perciò, che quello che dice l'articolo 11 della Costituzione non è un fatto burocratico, ma rispecchia ciò che De Gasperi, parlando alla Conferenza di pace, disse: «Signori, so che qui tutto è contro di me » - ed intendeva «contro di me sconfitto», perché si fece carico della sconfitta, che pure non aveva provocato, né subito - «tranne la vostra personale cortesia».
Gli rispose Churchill, che pure non era un tipo tanto dolce e che tuttavia riconobbe che in quel momento De Gasperi rappresentava una sovranità popolare che non aveva nemmeno ancora potuto esprimersi in modo formale, che raccoglieva la Resistenza, Cefalonia, i 750.000 internati militari italiani, il Corpo italiano di liberazione, che era risalito insieme all'esercito americano e agli altri; non c'era niente di formalizzato, ma c'era sostanzialmente la sovranità nazionale e la sovranità popolare.
Questa si ripresenta ad una svolta della storia e se non ce ne rendiamo conto, secondo me, siamo inferiori al ruolo che rappresentiamo: cerchiamo di evitarlo.
Signor Presidente, dal momento che il tempo a mia disposizione sta per scadere, le chiedo di poter allegare la parte finale del mio intervento.Winston Churchiò
Il risveglio della sovranità popolare, vera base della sovranità nazionale, si esprime oggi a Vicenza. La cittadinanza vicentina chiede formalmente e sostanzialmente il ripristino della sovranità nazionale violata dalle basi militari straniere sul nostro territorio. Essa è a sua volta fondamento della sicurezza nazionale. Le basi militari invece minano la nostra sicurezza perché - collocate sul nostro territorio ma sottratte a qualsiasi facoltà di controllo e a qualsiasi base di reciprocità - ci espongono nei confronti di altri paesi ad essere coinvolti nell'eventuali azioni di guerra partite dal nostro suolo. Il terrorismo non si vince militarmente, meno che mai coinvolgendo popoli a loro insaputa, ma politicamente, con la trattativa, con azioni di politica estera che conquistino l'adesione, la fiducia, l'appoggio degli altri popoli: in altre parole si vince con vera articolata tenace politica di pace.
Lidia Menapace