Il sogno è vedere le forme invisibili/ della distanza imprecisa [...] cercare sulla linea fredda dell’orizzonte/ l’albero, la spiaggia, il fiore, l’uccello, la fonte -/ i baci meritati della Verità. (Fernando Pessoa)
Anno nuovo, orizzonti nuovi. Orizzonti che ci invitano al cammino, a colmare le distanze. Orizzonti al plurale, poiché dopo l’orizzonte ve n’è un altro e un altro ancora e un altro ancora, a oltranza. Curve e piani all’infinito: da percorrere, da solcare, da esplorare. Per continuare l’avventura di vivere, per continuare a sognare.
Ci siamo lasciati alle spalle 366 vecchi giorni: di rovine, di macerie, di caligine. Un doloroso spettacolo. Un dramma planetario. Un memento della fragilità umana, della caducità, del transeunte che ciascuno di noi è. Ma le radici sanno essere resilienti: anche nella più tremenda delle bufere.
Così è nato il Calendario poetico-fotografico 2021 del Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa attivo nel Carcere di Opera-Milano da ben ventisei anni grazie all’intuizione e alla “missione” di Silvana Ceruti, attorniata da una nutrita e solidale pattuglia di volontari, ciascuno dei quali porta in dote al gruppo le proprie specifiche competenze. Questo sfogliabile florilegio di giorni e parole e immagini è un autentico miracolo della volontà, nonché un viatico di speranza. Il tema: Distanze... Orizzonti... Infinito, prefazione della poetessa Anna Maria Di Brina, fotografie di Margherita Lazzati.
Il virus ha colpito duro anche nelle case di reclusione e la separazione dal mondo di fuori si è fatta, date le circostanze, ancora più netta, più ardua da sopportare. Eppure, con un incredibile lavoro a distanza, di ostinata e bella cucitura, volontari e persone detenute sono riusciti nell’impresa di confezionare anche per quest’anno il proprio tradizionale Calendario, il cui argomento varia di anno in anno. Per il 2021 si sono scelte quelle parole-chiave, così evocative, dense, simboliche, atte a interpretare il momento storico e a liberare una folla di sfumature esistenziali.
Intanto vale la pena di ricordare quali sono gli intenti, da sempre, di tale Laboratorio: Il fine fondamentale è “fare un pezzo di strada insieme” tra persone “dentro” e persone “fuori”, scoprire sentimenti propri e altrui e linguaggi per esprimerli. Ad oggi sono stati pubblicati dall’amico editore Gerardo Mastrullo varie antologie di poesia, un libro di preghiere, alcune sillogi personali, una quindicina di calendari con poesie e immagini. Da nove anni le fotografie sono donate da Margherita Lazzati.
Citiamo alcuni stralci dalla bella prefazione di Anna Maria Di Brina: «Il mistero non è un muro, ma un orizzonte» diceva Antoine de Saint-Exupéry, scrittore di professione aviatore che di orizzonti doveva averne visti molti. Niente parla della natura umana più del complesso e misterioso rapporto tra il concetto di muro, inteso come limitazione, invalicabile confine, e quello di orizzonte, quale immagine affascinante, eppure spaventosa, dell’illimitato e delle infinite possibilità dell’esistenza. È una difficile dicotomia su cui negli ultimi mesi, a causa dell’emergenza virus Covid-19, l’umanità intera si è trovata a riflettere, stimolata dalla reclusione forzata a casa e dall’improvvisa limitazione delle libertà personali. Cos’è per l’uomo l’orizzonte? È solo un concetto geografico o anche una dimensione psicologica ed esistenziale? Cosa significa anelare all’infinito? Cosa vuol dire coltivare libertà e spazio dall’angustia della reclusione? Sono domande antiche su cui poeti e filosofi non hanno smesso nei secoli di interrogarsi, ma che si ripropongono oggi con nuova impellenza e che imprevedibilmente hanno avvicinato l’esperienza quotidiana di intere città al vissuto carcerario, solitamente lontano e poco conosciuto. La letteratura ha avuto per molti, in questo strano tempo, un ruolo importante nell’indicare strade, suggerire cammini di resistenza. Nel suo Viaggio intorno alla mia stanza, scritto nel XVIII secolo durante un periodo di confino forzato, l’autore francese Xavier de Maistre riflette sulla finitezza umana e sull’infinito appena intuito nello spazio di cielo attraverso la sua finestra. Com’egli racconta, il raggio di sole che lo colpiva dall’alto di quell’apertura gli faceva sapere «che esiste una relazione tra lui e l’immensità». […] Il limite come occasione per l’immaginazione è al centro della poesia forse più nota della nostra letteratura, L’Infinito di Giacomo Leopardi. La siepe cantata altro non è se non il confine dato, da se stessi o dalla realtà, quello che impedisce la vista ma allo stesso tempo apre una possibilità, permette di “fingere”, cioè ricreare nella propria mente lo spazio al di là di quella. In questo movimento creativo tutto è possibile, vivere dentro di sé l’eternità, le stagioni, l’immenso e provarne gioia e reverente paura allo stesso tempo. […] Riflettere sull’orizzonte e la distanza dall’interno di un luogo di reclusione è una sfida non facile, la proposta coraggiosa di affrontare un nodo dolente, di accostarsi pericolosamente alla propria ferita, a ciò che è strutturalmente negato. […] L’essere umano affronta l’infinito anche quando umilmente si confronta con una pagina bianca e prova a reinventare il proprio mondo con semplici segni. Segni cercati e meditati nel tempo della solitudine, dell’isolamento e dell’attesa; segni scavati «nella mia vita come un abisso» direbbe Giuseppe Ungaretti. […] le poesie qui scritte suggeriscono un mondo alternativo a quello corrente, alla realtà intollerabile della segregazione, un mondo reinventato dal linguaggio, condiviso e liberato nell’immaginazione.
E ora lasciamo che si sedimentino in noi, con la potenza della nostalgia e le più dolci e insieme forti suggestioni, i versi degli autori... Vorrei tornare a Marsala// Vorrei tornare a sentire/ l’odore del mosto dell’uva/ dei mandorli in fiore/ i frantoi che schiacciano le olive.// Vorrei tornare a Marsala/ passeggiare sulle rive/ dello Stagnone/ rotolarmi dalle dune di sale/ e sognare.// Sognare di navigare/ il suo mare/ e approdare/ nell’ultimo suo orizzonte (G.B.D.C.).
Talora si accendono versi da Apocalisse, ma non è forse questa la più illuminata Rivelazione? E però... Si raggiunge l’infinito/ prima o poi (M.A.S.V.) oppure L’orizzonte fa capolinea/ alla mia inutile e sprecata vita/ per l’odio accumulato nelle vicissitudini/ del quotidiano, l’anima ormai satura di tutto,/ ma all’orizzonte la distanza/ infinita mi dà speranza (V.S.).
Si tratta altre volte di una lenta e lunga meditazione... Ora è il tempo/ In cui è doveroso/ Fare pace con le proprie sconfitte/ […] Il mio cuore libero/ Da quelle forti fitte/ Libero da rimorsi/ Libero dai sensi di colpa/ Libero dalle angosce/ Libero dalle apatie/ Libero dal calendario vuoto/ Libero dall’orologio fermo/ Libero.// Ascolto il silenzio/ Urla il vento/ Ho la quiete dentro (G.N.).
Oppure, in una felice trasposizione di A.S., è l’incursione dell’/nell’amore... Dalle sue labbra/ scivolano all’infuori/ fragili labirinti di infinità/ Eppure non è la bella Elena,/ tanto meno Afrodite,/ l’incantatrice dell’amore;/ non assomiglia/ alla giovane Giulietta Capuleti,/ ma custodisce/ nelle iridi tutto l’incanto/ di sconfinati orizzonti.
O anche c’è la meditazione bisestile (splendida, sebbene il 2021 sia di 365 giorni), fra lieve giocosità e massima serietà... Quale privilegio,/ per me, nutrire/ la speranza!/ Quale miglior custode/ per me che bramo luce/ in questo labirinto!/ L’infinita distanza/ non ha orizzonte.../ Avere fiducia ridà vita./ Celato tra le tue pagine,/ aggrappato come l’ippocampo/ al fluorescente corallo,/ sfuggo ai predatori/ che vivono in me./ Mimetizzato fra altri 366/ il mio nome.../ Provo a ritrovare l’uscita/ da quest’ingorgo intricato/ senza storia./ Confido in te, nella posizione/ ove vuoi pormi,/ fra gli astri della sfera celeste (C.D.E.).
Per C.C. Invece gli sguardi/ si appendono/ a sciami di nubi.
La dolente magnificenza di B.S.... Lasciatemi qui/ dove le fiamme dell’inferno/ bruciano ciò che io rifletto/ e il buio irrompe nei miei occhi/ con spazi vuoti.// Mi fermo qui/ dove il caldo fa svanire/ la speranza, l’illusione/ e il futuro.// Sbatto le ciglia/ e rimangono intorno a me/ il passato e il presente/ di un sogno cupo.// Vivo l’oggi/ seduto sulla riva del fiume/ dove scorrono meravigliosi ricordi/ in attesa che arrivi/ il tramonto che mi porti/ alla scoperta del domani.
La dilatazione, la disperazione, nello struggente piccolo poema di M.C., una prosa lirica in cui si alternano versi lunghi a brevi, una terribile oceanica rotta, un grido: non tocco la terraferma e non cerco contatti/ vivo in acque arrugginite/ sopra una logora nave/ la rotta è cambiata: non vivo più per la meta/ respiro per non recare dispiaceri a una madre stanca/ ma vorrei tuffarmi in questo mare/ di ferro e fondermi con esso/ perché questo è il mio destino./ Sono tornato dalla guerra/ prigioniero del mio corpo/ chiedo aiuto, nessuno ascolta/ c’è chi mi guarda con disgusto/ chi si allontana con paura/ giudicano dall’apparenza/ forse non tutti crediamo/ a ciò che gli occhi vedono/ non si ascolta più il cuore che piange/ o la storia che pesantemente portiamo sulle spalle/ io sono tornato dalla guerra!/ Io sono prigioniero del mio corpo, io!/ Chiedevo aiuto, sono stato allontanato/ additato, deriso e sottovalutato/ lasciatelo al suo destino nel mare di ferro arrugginito./ Ora non faccio più paura e mi guardate/ mi custodite gelosamente/ e io... sono confuso/ ho tanta gente vicino e sono sempre emarginato/ come il marinaio che scrutava la vigliacca solitudine/ i conti non tornano/ vivo ma sono morto/ sogno ma non dormo/ mi esprimo con i pensieri ma non parlo/ vedo il giorno rincorrere la notte/ e la notte addormentarsi abbracciata al giorno/ io guardo ammiro e odo/ niente è più come prima/ la distanza si accorcia/ l’aria intrisa dal profumo di ruggine/ ricorda accanto a me il vuoto assordante/ di un mondo piccolo/ forse sbaglierò/ ma io... vedo ancora l’utile nella disperazione/ sorrido e tendo una mano, scruto sgranando gli occhi/ all’orizzonte trovo il mare/ sono libero dal mio corpo che si era fuso/ con il ferro, sono libero dal mio corpo, libero/ la distanza si accorcia ancora di più.../ m’immergo nell’acqua/ e non riemergo...
L’attuale contingenza vieta le presentazioni dal vivo e gli incontri in presenza. Se qualcuno volesse godere delle parole poetiche e delle immagini di questo Calendario potrà richiederlo all’editore (www.lavitafelice.it). Il ricavato della vendita (a offerta libera, utilizzando il conto corrente bancario con le seguenti coordinate: IT29H0306909606100000133795) andrà, per il funzionamento delle sue attività e gestione dei progetti secondo gli scopi statutari, all’Associazione Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa della Casa di reclusione di Milano-Opera.
A volte penso al mio aquilone/ volava all’infinito/ fino all’alba (L.D.C.).
Alberto Figliolia