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Fabio Ludovisi. The Bösendorfer Recitals con Carlo Grante 
Da Velletri a New York: la pandemia non ferma la musica
Foto di Giovanni Ambrogini
Foto di Giovanni Ambrogini 
01 Gennaio 2021
 

Condivido pienamente la scelta di aprire questa rassegna molto interessante con le celebrazioni beethoveniane, soprattutto con delle opere che non si dovrebbero definire “minori” ma solamente meno conosciute: le variazioni sono un universo tematico dove si parte con delle idee musicali e si corre sul filo di armonie a volte ardite, dove anche nei momenti più intimistici e intarsiati, quando ci si sente quasi sicuri dello svolgimento nelle vesti delle armonie più tradizionali, arriva inaspettata una “sterzata” a 180 gradi: si rimane temporaneamente spaesati, ma la maestria del Genio riconduce subito l’ascolto verso acque più tranquille, in apparenza.

I temi ritornano, rassicuranti, ma appaiono diversi, con un vestito che è lo stesso modello del precedente, ma di un colore diverso. E alla fine si è quasi provati, perché le sensazioni si rincorrono velocemente, perché non si è quasi mai a proprio agio, con Beethoven. Si percepisce che c’è sempre qualcosa nell’aria, ed è difficile impostare i parametri di ascolto secondo degli schemi non troppo impegnativi.

In queste esecuzioni si trovano frammenti che verranno ripresi quasi integralmente in altre grandi opere di Beethoven: sono una sorta di serbatoio dove il Maestro attinge a piene mani, anche per i grandi monoliti sinfonico/pianistici che successivamente andrà a plasmare: emblematiche le variazioni con fuga op. 35 in Mib, che di fatto ispireranno il finale della famosa sinfonia n. 3 (Eroica): ascoltando invece le sei variazioni op. 34, che hanno tra loro una diversità intenzionale di rilievo (ogni variazione in diversa tonalità e tempo), si percepisce nitidamente in vari momenti l’influenza che Beethoven avrà nei riguardi di Schubert, Brahms e Mendelssohn.

Di interesse altrettanto elevato l’altro gruppo di variazioni su un tema originale di Beethoven stesso, l’opera 76, le quali si presentano in un tipico stile russo, linea che diventerà poi la base della Marcia Turca sulle Rovine d’Atene dello stesso Beethoven.

Il Maestro Grante, unitamente al suo fido Bosendorfer, riesce superbamente a trasferire nell’intimo questo mondo di sensazioni, pur dovendoci accontentare di assistere a questa performance da uno schermo di un computer, o di un telefono/tablet. Un universo di suoni che si sviluppa nella stupenda cornice dell’Auditorium della Casa delle Culture e della Musica di Velletri, dietro la spinta organizzativa della Associazione Mozart Italia, con il supporto di Amroc, Fondarc, Off The Hook Arts Festival, il Comune di Velletri e la Bosendorfer stessa, il tutto coordinato e prodotto dall’Associazione Colle Ionci, con il supporto tecnico di Element Creative Studio, Simone Durante Group e Assolo Produzioni Musicali, diretti e coordinati da Giulio Bottini e, non ultimo, con il prezioso contributo da New York del Maestro Bruce Adolphe.

Bruce Adolphe, noto compositore, studioso e divulgatore americano illustra la capacità beethoveniana di trattare un tema, nei suoi brani in forma di variazioni, mostrandone le recondite sfaccettature, piuttosto che ripresentarlo abbellito (cosa che fa invece nei temi con variazioni giovanili).

L’analisi introspettiva di Adolphe volge, come di sua rara competenza, sui fattori psicologici che sottendono i “silenzi” in musica; la necessità del compositore, quasi sordo, di creare contrasti e sorprese sonore sulla partitura, quasi a voler proiettare con enfasi nel mondo reale ciò che si sviluppava nel suo mondo sonoro virtuale, mentale: nel suo noto “orecchio interno”. Il collegamento fra i rapporti di terza che legano fra loro il tema e le prime due variazioni op. 34, fa notare Adolphe, è lo stesso (seppure partendo dalla tonalità di Do maggiore) che utilizzerà Schumann nel terzo movimento della sua Fantasia op. 17. La tendenza all’uso di motivi con note ripetute, che emerge da varie composizioni Beethoveniana (citata la 5ª Sinfonia e la Sonata op. 10 n.1), ha dei precedenti in alcune opere pianistiche di Clementi ed è, spiega Adolphe, un espediente beethoveniano che “raccoglie energia” e conferisce pregnanza tematica.

Questo primo appuntamento ha sicuramente centrato il segno: nei prossimi cinque eventi, si incontreranno altrettanti compositori: Scarlatti, Mozart. Schubert, Schumann e Brahms, ognuno con una propria storia e delle preziose testimonianze sonore che racconteranno caratteristiche, propongono linee guida, offrono stimoli intellettuali ed emozionali anche in brani noti.

 

Fabio Ludovisi


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