Sai qual è la parte dura della giovinezza?
Dimmelo tu.
Essere giovani.
Cioè?
Eh, durante la giovinezza ti devi giocare tutto, la sopravvivenza. Formare una famiglia, trovare cibo e lavoro. Il problema, però, è che sei giovane e non hai un cazzo di esperienza. Sbagli, punti sui cavalli perdenti e quelli vincenti te li lasci scappare. Guarda me... Sarà lei a spingerti e a farti inciampare.
Chi?
La giovinezza.
Allora forse stasera ho bisogno di vecchiaia.
Nel libro DISEGNAVO PAPPAGALLI VERDI ALLA FERMATA DEL METRÒ Nicoletta Bortolotti, l’autrice, pennella con tratto rispettoso la vita di AHMED MALIS, un giovane disegnatore, di origine egiziana che vive a Milano, protagonista di una storia che entusiasma, rapisce, incanta e spiega il mondo degli adolescenti, il punto di vista di un figlio, la traiettoria cercata di un oriundo che racconta il mondo delle seconde generazioni di immigrati: Parlavo l’arabo come l’italiano e l’italiano come l’arabo, due lingue madri e una madre sola, con i suoi progetti di bellezza, le difficoltà di adattamento, e che ci aiuta a comprendere – se vogliamo! – i nostri nuovi vicini di casa, in un dialogo di scambio reciproco.
È stata una lettura vorace, spaventosamente vivace, ho trovato energie che mi fanno sperare: trovami in questa vertigine di strade un bambino di cinque anni che non voglia disegnare o guidare un autobus. Sì, anche lui vuole e, come tutti i bambini o i grandi con dentro un bambino, si mette lì e lo fa. Attraverso la narrazione la Bortolotti ci fa suoi figli, e buoni figli se impariamo le lezioni: È il mio turno. Dico al negoziante: Vorrei il set di matite da disegno. Quello da sei? mi chiede. Penso a Islam, penso che anche lui ha bisogno di matite nuove. No, da dodici.
Un libro insegnante. Un libro di vita che educa all'amicizia, quel sentimento così alto, così spontaneo, così democratico, così sconfinato. Un libro che parla di povertà materiale contrapposta alla ricchezza dei sogni, un adolescente sta cercando un suo spazio in una terra sconosciuta, la quotidianità di una famiglia come tante, la difficoltà di essere genitore e di capire un figlio: Un genitore che non crede in te ti dà anche più forza, man, perché la trasformi in benza, la solidarietà tra gli amici e tra gli ultimi, la disperazione della strada: Domande inutili da psicologi con ancora il latte in polvere sui denti e zero clienti, quelli che chiamano le scuole o gli assistenti sociali, quelli che sono i detenuti a fargli un po’ di terapia di vita. La ricchezza delle culture che si incrociano dalla strada alla tavola, dalla scuola al lavoro, e che sono motivo di incontro, naturale diffidenza iniziale finché si rimane sulla superficie e che poi nella conoscenza smascherano il pozzo dell’umanità: In arabo ci sono più o meno sessanta modi per dire “ti amo”. Mio padre dice più del petrolio, esportiamo parole d’amore.
Ho letto questo libro per giovani con il futuro tutto da disegnare con i loro personali colori, con l’ausilio di qualcuno preso a prestito dai grandi, riattivando i miei sopiti sensi sul coraggio, la passione e i sogni: Quando abiti al sedicesimo piano puoi bucare con la mente il deserto e cieli senza misura, il tuo io può pedinare nuvole senz’ombra e rotte invisibili di correnti, ascendere come una lanterna cinese, senza tiranti confitti nei tombini ed ancorarti. Può dilagare fra strati di opalescente solitudine. ...Il mondo dei fratelli del protagonista è ricco, con i loro desideri non da meno di quelli di Ahmed: il suo incoraggiare la sorella che vuole scrivere: E così anche Amina ha il cassetto vuoto di felpe e mutande e jeans firmati, ma colmo di original dream, il suo ascoltare il fratello che vuole cantare rap senza drogarsi. Ho visto da vicino la difficoltà di accettare da parte di un padre l'uomo beige la parte artistica di un figlio, contrapposta alla sua volontà di vederlo studiare: Non buttare la tua vita, non buttarla nell’immondizia! Lo sai da dove siamo venuti, Ahmed? Lo sai? Dall’Egitto siamo venuti io e tua madre. Ho venduto tutto, tutti i terreni che avevo là, per farvi studiare. Per fare studiare i miei figli... Diglielo tu, Ahmed, che va a buttare i soldi in matite, dirglielo tu che deve studiare! Disegnare è un gioco, un passatempo, studiare è la vita... Quando invecchi questa è una delle poche domande che hanno un senso. Sei stato all’altezza? Sei stato all’altezza del tuo destino?
Ringrazio SCESCIO (www.instagram.com/scescio_vignettista) che mi ha inviato questo prezioso libro – in quel modo moderno di questi mesi per cui ti lanciano i pacchetti nel cortile!, un brillante che porta lucentezza sulla polvere – a tutti quei giovani e meno giovani, che hanno dimenticato o nascosto il loro sogno, a cui auguro di ritrovarlo leggendo questi di Ahmed, che disegna rose per le amiche, soldi per i senzatetto, Gemitaiz per i compagni di scuola, e bicchieri trasparenti, che dipende solo da noi se stanno per essere riempiti o stanno per essere svuotati di gusti per la vita!
Barbarah Guglielmana